“Il Trovatore” al 66° Luglio Musicale Trapanese

Luglio Musicale Trapanese, Teatro di Tradizione  66° Stagione Lirica 2014
Teatro “Giuseppe di Stefano”, Villa Margherita – Trapani
“IL TROVATORE”
Dramma in quattro parti su libretto di Salvatore Cammarano
Musica di Giuseppe Verdi
Il  Conte di Luna  CARMELO CORRADO CARUSO
Leonora  MICAELA CAROSI
Azucena  CHIARA ANGELLA
Manrico  PIERO GIULIACCI
Ferrando ALEXANDER STEFANOSKY
Ines ROBERTA CALY
Ruiz   STEFANO MINCHILLO
Un vecchio Zingaro ANTONIO MISTRETTA
Il messo MARCO ANTONIO CARUSO
Orchestra e Coro dell’Ente Luglio Musicale Trapanese
Maestro concertatore e direttore Massimiliano Stefanelli
Maestro del Coro Fabio Modica
Regia Giovanni Scandella
Costumi Tatiana Lerario in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo
Luci Bruno Ciulli
Spettacolo in collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo
Trapani, 23 agosto 2014

Spettacolo conclusivo della stagione lirica trapanese è questo Trovatore andato in scena al Teatro “Giuseppe di Stefano” presso la Villa Margherita, scelta tanto apprezzabile quanto coraggiosa.
La direzione di questo impegnativo titolo verdiano è stata affidata alle cure del maestro Massimiliano Stefanelli il quale, alla guida di una orchestra, va detto non sempre inappuntabile, ma molto attenta nel seguirne le intenzioni interpretative, ha offerto una lettura della partitura densa di emozioni e accurata nei particolari. Il colore notturno e la profonda carica sensuale e sentimentale del testo sono stati resi con successo attraverso una equilibrata scelta dei tempi e delle tinte orchestrali, alternando sapientemente il respiro delle grandi arcate cantabili alla necessaria concitazione, con un singolare gusto per le pause, indispensabili a vivificare la musica e a creare la giusta attesa di melodie tanto note, senza mai interrompere il ritmo della narrazione o cedere all’autocompiacimento. Un Verdi certamente tutt’altro che esangue ma ben lontano da clangori quarantotteschi o da facili eccessi veristicheggianti, nel quale sono ben riconoscibili l’eleganza delle ascendenze donizettiane ed è possibile già fiutare i profumi delle atmosfere parigine. Cifra esemplificativa a nostro giudizio di questa lettura orchestrale è la parte finale del racconto di Azucena, davvero notevole nel restituire con una fusione pressoché perfetta con la voce  la delirante concitazione, lo sconvolgimento e la patologica ambiguità  del personaggio. Chiudendo gli occhi per meglio affidarsi alla musica, lo sfavillio della vampa dipinto dall’orchestra sembrava davvero riemergere da un inconscio sepolto, dolorosissimo e mal rielaborato. Buona la prova del coro diretto da Fabio Modica.
Ed ora, in ordine di apparizione, veniamo agli interpreti vocali di questo Trovatore.
La parte di Ferrando è stata eseguita dal basso Alexander Stefanowsky con correttezza ma con una voce monocorde e poco pronta a seguire le intenzioni ed i colori proposti dall’orchestra. Ottima per dizione ed eleganza musicale la Ines di Roberta Caly. Leonora  è stata cantata dal soprano Micaela Carosi dalla voce sicuramente importante ma con qualche problema di intonazione e di uguaglianza timbrica di troppo. Inoltre quello che ha lasciato un po’ perplessi nell’ascolto di questa Leonora è stata la sostanziale mancanza di una qualsivoglia cifra interpretativa che la caratterizzasse, al di là di pose un po’ generiche e di vuoti movimenti stereotipati. Splendido il Conte di Luna impersonato da Carmelo Corrado Caruso con voce sontuosa ed autenticamente verdiana. Nobile scenicamente, ha offerto una interpretazione vocale del personaggio ricca di sfumature ed approfondita, evidenziando in modo stilisticamente ineccepibile oltre al lato vendicativo e truce quando richiesto, soprattutto il carattere sensuale ed amoroso ed il cocente dolore di un perdente in amore al di là dell’orgoglio della propria posizione sociale. Del pari magnifico e assai interessante e, va sottolineato a suo merito, a dispetto di un fisicità certamente non eroica ed anche della omissione in questa serata dei do attesi ma non scritti della pira probabilmente per le condizioni climatiche estreme, il Manrico del tenore Piero Giuliacci, un personaggio scolpito a tutto tondo nell’argento di una voce ampia ed omogenea, governata con sicurezza e musicalità unite ad una dizione chiara ed incisiva. Infine la Azucena interpretata da Chiara Angella, al suo promettente debutto nel registro mezzosopranile. Intensissima, sempre misurata ed efficace nel rendere i diversi momenti della complessa parte, ha cantato con voce bella, sicura ed omogenea nel timbro e nel volume, trovando una chiave di lettura personale pur rimanendo nel solco di una tradizione esecutiva e tale da reggere più che onorevolmente il confronto con le interpreti storiche. Funzionali Ruiz lo zingaro ed il messo, rispettivamente cantati da Costantino Minchillo, Antonio Mistretta e Marco Antonio Caruso.
Il regista Giovanni Scandella pospone la vicenda all’inizio del ‘600 con evidenti richiami alla pittura barocca spagnola  ed alla ritrattistica di Velazquèz, ricreate attraverso un sapiente amalgama di luci e costumi in un ambiente scenico minimale e dai toni oscuri, dal quale i personaggi sembrano emergere per raccontare la loro storia ed i loro drammi più dal buio cristallizzato e atemporale dell’inconscio che non da una notte romantica.
Alla fine lunghi e meritati applausi per tutti nonostante un singolare caldo umido che ha messo a dura prova interpreti e pubblico e a dimostrazione, senza voler fare confronti, che una sana tradizione della quale possiamo a buon diritto andare fieri sa offrire delle belle emozioni musicali e delle letture stimolanti anche nella messa in scena di partiture così ascoltate.