Jonas Kaufmann: “Du bist die Welt für mich”

Franz Lehár: “Gern hab’ich die Frau gekusst” (“Paganini”);  Werner Richard Heymann:“Ingerdwo auf dere Welt” (“Ein Blonder Traum”);  Richard Tauber: “Du bist die Welt fur mich” (“Der singerde Traum”); Franz Lehár:“Hab’ein blaues Himmelbett” (“Fraquita”);Robert Stolz: “Im Traum hast du mir alles erlaubt” (“Das Liebeskommando”);Emmerich Kalman: “Grus mir mein Wien” (“Grafin Mariza”); Franz Lehár: “Dein ist mein ganzes Herz!” (“Das Land des Lachelns”); Hans May: “My song Goes Round the World” (“Ein Liebe geht um die Welt”); Franz Lehár: “Freunde, das Leben ist lebenswert” (“Giuditta”); Paul Abraham: “Reich mir zum Abschiend noch einmal die Hande” (“Viktoria und ihr Husar”); Ralph Benatzky: “Es muss was Wuberbares sein” (“In weisen Rossl”); Paul Abraham:“Diwanpuppchen” (“Die Blume von Hawaii”); Robert Stolz: Frag nicht, warum ich gehe (“Das lied ist Aus”); Mischa Spoliansky: “Heute Nacht oder nie” (“Das Lied einer Nacht”); Eduard Künneke: “Das Lied von Leben des Schrenk” (“Die grose Sunderin”), Erich Wolfgang Korngold: “Gluck, das mir verblieb” (“Die tote Stadt”). Jonas Kaufmann (tenore), Julia Kleiter (soprano), Rundfunk-Simphonieorchester Berlin,  Jochen Rieder (direttore). Registrazione:Berlino, 15-22 gennaio 2014. T.Time: 1 CD SONY Classic 5318692
 Insolito e molto interessante questo CD del divo del momento almeno per quanto riguarda la corda tenorile. Ottimamente accompagnata dalla Rundfunk-Simphonieorchester Berlin diretta da Jochen Rieder Jonas Kaufmann propone un programma ricco e stimolante dedicato all’ultima stagione dell’operetta mittel-europea – quella compresa fra la fine del primo conflitto mondiale e l’inizio degli anni ’30 – momento in cui il genere conosce gli ultimi fasti ponendo al contempo i semi per la fioritura del successivo musical americano favorita dell’emigrazione verso gli Stati Uniti di molti compositori di area germanica in conseguenza all’affermazione al potere del partito nazista.
Per prima cosa colpisce il rigore con cui è affrontato questo repertorio che in Italia si continua a considerare a torto minore, l’incisione è stata infatti preceduta da un autentico lavoro filologico che ha permesso di ricostruire l’orchestrazione originale dei brani tratti da “Die Blume von Hawaii” e “In weisen Rossl”, rigore che viene poi vivificato dalla non comune qualità dell’esecuzione musicale.
Kaufmann è sicuramente uno dei cantati più discussi dei nostri tempi, amato e odiato in egual misura dalle diverse anime del pubblico e qui non riapriamo il dibattito su un cantante sicuramente dotato di straordinari mezzi naturali ma molto personale come impostazione tecnica suscitando al riguardo infinite discussioni. In questo ascolto risulta però pienamente convincente e i possibili limiti – una certa tendenza a cantare di gola, un modo particolare di impostare gli acuti che da un senso di fatica all’attacco salvo poi la voce salire sicura e timoratissima superato lo sforzo iniziale – passano decisamente in secondo piano di fronte al gusto, all’eleganza nel porgere, al senso dello stile che caratterizzano la prova del tenore tedesco.
Per prima cosa Kaufmann evita di affrontare questi brani con un approccio troppo operistico che è difetto frequente nei cantanti lirici alle prese con il repertorio leggero ma lo interpreta secondo le caratteristiche espressive proprie del genere con una leggerezza e un senso del ritmo quasi imprevedibili, certo quando il brano offre l’occasione Kaufmann emerge per il grande tenore drammatico che è e si ascolti “Das Lied von Leben des Schrenk” da “Die grose Sunderin” per risentire rendersene pienamente conto. Ma la vera sorpresa è trovarlo totalmente a suo agio in bruno dal carattere quasi jazzistico come “Ingerdwo auf dere Welt” di Heymann con la sua atmosfera da cabaret colta alla perfezione o nell’esotismo leggero e sorridente di “Diwanpuppchen” da “Die Blume von Hawaii” di Paul Abraham che inevitabilmente evoca certe commedie cinematografiche del tempo.
Domina Lehar – tolta l’inevitabile “Dein ist mein ganzes Herz!” – da titoli decisamente meno noti ma di non inferiore qualità. Le arie da “Paganini”, “Giuditta” e “Frasquita” sorprendono per la perfezione del controllo vocale, per la capacità di alleggerire la voce in modo più che ammirevole, la sincerità espressiva di un canto che riprende moduli di conversazione – soprattutto in “Giuditta” dopo l’attacco di eroica baldanza – per le mezze voci e le filature rese ancor più suggestive dalla ricchezza del materiale vocale a disposizione e Kaufmann sembra ritrovare la sua natura originaria di elegante tenore lirico quale era agli esordi come cantante mozartiano.
“Grus mir mein Wien” da “Grafin Mariza” di Kalmann offre un’interessante punto di confronto a distanza con la lettura offerta da Florez nel recente omaggio al compositore ungherese realizzato da Thielemann, confronto quanto mai interessante nella contrapposizione fra due vocalità antitetiche ma entrambe capaci di dare una personale e stimolante lettura del brano ma in cui – a parere dello scrivente – Kauffmann vince per fascino timbrico e naturale propensione stilistica.
Il programma presenta tre duetti in cui è affiancato dal soprano Julia Kleiter, i primi due tratti di lavori di Paul Abraham – il già citato “Diwanpuppchen” e “Reich mir zum Abschiend noch einmal die Hande” da “Viktoria und ihr Husar” – si prestano alla perfezione alla voce leggera ma elegante e di ottima musicalità del soprano che trova in queste musiche uno spazio di elezione. Qualche perplessità suscita invece il terzo duetto ma più per ragioni stilistiche che esecutive, “Gluck, das mir verblieb” da “Die tote Stadt” è pagina di rara bellezza e l’esecuzione proposta è affascinante con Kaufmann in grandissimo spolvero anche qui e una Kleiter un po’ al limite ma comunque più che sufficiente, quello che lascia un po’ di perplessità è il brano in se così stridente a confronto con tutta la programmazione che si sarebbe trovato più opportuno qualche altro duetto da operetta più in linea con l’atmosfera generale del prodotto. Un CD di interesse e che potrà piacere  anche a chi nutre qualche perplessità sull’arte del tenore tedesco.