La Filarmonica “George Enescu” all’Atheneul Roman di Bucarest

Bucarest, Atheneul Roman, Stagione concertistica 2017/2018 
Orchestra e Coro della Filarmonica “George Enescu”
Direttore David Crescenzi
Maestro del Coro Iosif Ion Prunner
Soprano Irina Iordachescu
Baritono Serban Vasile
Musiche di Vincenzo Bellini, Giuseppe Verdi, Amilcare Ponchielli, Franz Lehar, Giacomo Puccini, Josef Ivanovici, Johann Strauss.
Bucarest, 5 gennaio 2018
L’Atheneul Roman di Bucarest è sicuramente una delle più belle sale da concerto storiche europee: un gioiello neoclassico, giustamente indicato come una delle principali attrattive nella capitale Rumena, dove le scalinate eleganti e audaci a chiocciola e le fantasiose decorazioni presagiscono chiaramente l’imminente Art Nouveau. Sono più di cento anni quindi che rappresenta il punto di riferimento della musica d’arte nazionale, ospitando stabilmente la Filarmonica George Enescu e il prestigioso festival omonimo, che vede esibirsi annualmente le più importanti orchestre del mondo. In Romania dalla vigilia dell’Epifania, secondo il rito ortodosso, si festeggia il battesimo di Cristo nel Giordano con le caratteristiche botti di acqua benedetta a disposizione dei fedeli in ogni chiesa e, forse nell’occasione molto sentita, per la stagione 2017-2018 della Filarmonica il classico programma da capodanno è in realtà spostato di qualche giorno, con i padroni di casa sul palcoscenico. Il menù per l’occasione offre tutte le pietanze del caso: opera, operetta e l’immancabile Johann Strauss, un’occasione più di festa e spettacolo che altro, ma che rappresenta un’interessante esperienza nel repertorio per una nazione di cui, in realtà, sappiamo musicalmente ben poco.
Sul podio dirige l’italiano David Crescenzi, probabilmente scelto anche per la familiarità nazionale col programma (la Filarmonica Enescu non ha certamente la musica teatrale nel suo repertorio d’elezione) e sul palcoscenico anche due festeggiatissimi solisti che giocano in casa, essendo tutti e due nati a Bucarest ed artisti del teatro della capitale: il soprano Irina Iordachescu e il baritono Serban Vasile. Un po’ acusticamente sacrificato in fondo, nella rientranza apposita del non grande palcoscenico, trova posto l’ottimo coro della Filarmonica. La sala, perfettamente circolare e riccamente decorata e affrescata con scene storiche nazionali, ha una volta a cupola e il palcoscenico si protende per buona parte nella platea; l’acustica è eccellente ed equilibrata, più tendente a una certa asciuttezza con la sala piena (oltre 700 posti a sedere) ma l’effetto è sempre morbido seppure molto reattivo su tutte le frequenze. I prezzi, per il nostro standard, sono popolarissimi: i primi posti costano poco più di 16 euro e anche per il festival ascoltare in prima fila i Berliner supera di poco i 40 euro, un decimo rispetto alla stessa situazione a Salisburgo.
Si inizia puntualissimi con l’Ouverture della Norma ed emergono subito le eccellenti doti dell’orchestra, soprattutto negli archi, veramente stupefacenti nella fusione e nell’insieme, specialmente con un’acustica così definita: difficile distinguere, pur dalla quinta fila e addosso praticamente ai leggii dei violoncelli, uno strumentista dall’altro. La lettura di Crescenzi, che dirigerà a memoria e con grande sicurezza tutto il concerto, è sempre spigliata, ben cantabile e di buona intensità, con una certa tendenza a dare un po’ troppo rilievo alle percussioni che appariranno talvolta eccessivamente predominanti, ma tutto sommato in linea col carattere festoso della serata.
Tocca a Verdi: Fuoco di gioia dall’Otello mette in rilievo subito la grande scuola corale dell’est europeo. Intonazione perfetta, uguaglianza nel colore nelle varie sezioni e tra di loro, controllo del vibrato sono le doti migliori di un ensemble, preparato da Iosif Ion Prunner, chiaramente abituato a un repertorio di ben altra difficoltà. Ottime specialmente le sezioni femminili, morbide, uguali in tutto il registro e senza il fastidioso “belato” che a casa nostra troppo spesso viene spacciato per impostazione lirica corale. Il balen del tuo sorriso dal Trovatore ci fa conoscere la bella vocalità di Vasile di cui è pure apprezzabile l’ottima dizione italiana. Il colore è abbastanza chiaro e con un’ottima uguaglianza su tutta l’estensione: l’esecuzione è sicuramente corretta e appassionata, ma con qualche incomprensione agogica col direttore, specialmente nelle suddivisioni.
La Danza delle ore dalla Gioconda di Ponchielli ci fa nuovamente ammirare il virtuosismo coloristico dell’orchestra e la perfetta intonazione anche degli strumentini e, finalmente, sentiamo la Iordachescu. In Vilja, dalla Vedova allegra di Lehar, la voce è scura, vibrata, dal temperamento drammatico e non appare molto adatta al clima del brano, cantato comunque con ottimo carattere e un’elasticità agogica assai ben assecondata dal direttore. Appare piuttosto oscura la dizione: sarà impossibile per tutto il concerto capire una sola parola o anche solo percepire la lingua utilizzata.
Sopra ogni lode le prime parti degli archi in un ottimo Intermezzo dalla Manon Lescaut di Puccini e arriviamo così al duetto Qual voce, come tu, donna sempre dal Trovatore. Ottimo l’accordo dei solisti e il fraseggio impresso al brano, con tempi elastici ed espressione sempre piuttosto enfatizzata: la signora alla mia sinistra, che finora ha borbottato tutti i brani, schizza eretta ad applaudire freneticamente con le lacrime agli occhi. Altro intermezzo col Coro a bocca chiusa da Madama Butterfly di Puccini, realizzato però “a bocca aperta”, con le donne vocalizzanti che tolgono il colore particolare al brano e sbilanciano completamente l’equilibrio coi tenori. Si arriva così alla parte probabilmente più congeniale del programma per le possibilità dell’orchestra, con i brillanti ballabili di tradizione mitteleuropea: si inizia col valzer Le onde del Danubio di Ivanovici e via con Johann Strauss figlio, la cui Ouverture dal Pipistrello è resa con suono brillante e un perfetto accordo tra tutte le sezioni. Realizzato in maniera eccellente anche il carattere umoristico della Polka Unter donner und Blitz, con sugli scudi l’impegnatissima sezione delle percussioni e un Kaiser Waltz assolutamente ammirevole per espressione, varietà d’accenti, ampiezza delle dinamiche e slancio ritmico, con una stretta finale da saltare sulla sedia. Si chiude tutti insieme col “Brindisi” dalla Traviata, arrangiata col baritono al posto del tenore, francamente dall’effetto piuttosto discutibile, e l’inevitabile Radetzky March come bis, con la partecipazione divertita del foltissimo pubblico che scandisce il tempo. Grand succès, on acclame…!” L’aria gelida della Piccola Parigi ci accoglie all’uscita, quasi piacevole dopo il caldo opprimente della sala. Passiamo davanti al Palatul regal a due passi dall’Atheneul: i fiori per i martiri della rivoluzione del 1989 sembrano ancora freschi…