Macerata Opera Festival 2015: “Rigoletto”

Macerata Opera Festival – 51 Stagione Lirica 2015
“RIGOLETTO”
Opera in tre atti di Francesco Maria Piave, tratto da Le Roi s’amuse di Victor Hugo.
Musica di Giuseppe Verdi
Il duca di Mantova CELSO ALBELO
Rigoletto VLADIMIR STOYANOV
Gilda JESSICA NUCCIO
Sparafucile 
GIANLUCA BURATTO
Maddalena NINO SURGULADZE
Giovanna 
LEONORA SOFIA
Monterone MAURO CORNA
Marullo ALESSANDRO BATTIATO
Matteo Borsa IVAN DEFABIANI
Il conte di Ceprano GIACOMO MEDICI
La contessa, sua sposa RACHELE RAGGIOTTI
Un usciere di Corte VLADIMIR MEBONIA
Paggio della duchessa SILVIA GIANNETTI
FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “V.Bellini”
Complesso di palcoscenico Banda “Savadei”
Direttore Francesco Lanzillotta
Maestro del Coro Carlo Morganti
Regia Federico Grazzini
Scene Andrei Belli
Costumi Valeria Donata Bettella
Luci Alessandro Verazzi
Nuova Produzione Macerata Opera Festival
Macerata, 17 Luglio 2015

Ha inaugurato la 51ma Stagione Lirica del “Macerata Opera Festival” uno tra i più noti titoli verdiani: “Rigoletto”, per la regia di Federico Grazzini e la concertazione del Maestro Francesco Lanzillotta.
Domina la scena un’enorme e decadente maschera di cartapesta, dall’effetto molto suggestivo, che rappresenta un clown con sovrascritto, in luminarie fatiscenti, il luogo in cui ci troviamo: l’esterno di un luna park dismesso, illuminato da pali della luce e da “filari” di lampadine, a cui è affidato anche il compito di conferire un’aria sinistra all’ambiente, che farà da cornice a tutto lo svolgimento dell’opera. Una vecchia roulotte, dimora del custode del Luna Park (Giovanna) è anche la dimora-prigione di Gilda, mentre un furgone ambulante di cibo da strada è il luogo di copertura dei loschi traffici di un debordante Sparafucile, oltre che ristoro della di lui sorella Maddalena. Così come nell’immaginario collettivo da circo fatiscente, su fondo scena non mancano i classici tendoni a righe bianco-rosse. Di per sé l’idea scenografica di Andrea Belli – insieme alle luci funzionali di Alessandro Verazzi  – risulta vincente, pur tendendo ad una certa staticità.
Il regista Federico Grazzini intende portarci all’interno di una dimensione cinematografica denominata “pulp”, ispirandosi a Quentin Tarantino, come da lui stesso dichiarato, raggiungendo non completamente il suo scopo, perché la drammaturgia verdiana non sempre risulta “compatibile” con questa estetica, soprattutto quando non ci troviamo di fronte a cantanti e attori veramente all’altezza di un tale progetto; non basta forse simulare uno stupro collettivo (molto in ombra, in verità, quasi nascosto, forse per non turbare troppo un pubblico essenzialmente “estivo”), o inserire pistole e riferimenti sessuali, per trovarci nelle atmosfere “tarantiniane”, né sono sufficienti i costumi di Valeria Donata Bettella colorati ma dal taglio non così ricercato.
Rigoletto è un clown ormai in decadenza dai costumi dismessi e riposti all’interno di una valigia di cartone schiacciata dalla misera routine e, come già accennato, Gilda, che dimora in una vecchia roulotte, è sorvegliata da una custode corrotta; il Duca è il capo di un clan malavitoso dalla personalità piuttosto prevedibile ed abbastanza stereotipata. Molto interessante è invece il concept di una Maddalena a capo di un giro di ragazze (ma c’è anche un travestito molto aggressivo) che ora passeggiano ora sostano tra un lampione e l’altro. Inoltre, il regista ha al suo attivo la sorprendente capacità di gestire gli artisti del coro, rendendo il coro stesso un personaggio definito, con una spiccata personalità propria: sono molti i momenti in cui questo mobilissimo agglomerato di giovani cantanti-attori si “mangia” letteralmente sulla scena i solisti-protagonisti. Sul finire dell’opera, poi, colpisce assai positivamente l’idea nell’ultima scena di presentare Gilda spiritualmente sotto forma di psicotica apparizione. Eterea e vestita di bianco è sempre in dissolvenza e comunica con il padre presagendo a Rigoletto non solo un’irreversibile corruzione spirituale, ma anche la devastazione di una mente in balìa di deliri irreversibili. Uno spettacolo con qualche pecca, ma in definitiva ideato con cura e con molti  spunti interessanti. Francesco Lanzillotta ha diretto un’opaca Orchestra Filarmonica Marchigiana incorrendo di tanto in tanto in diffuse meccanicità nello stacco dei tempi. Pur corretta, la sua direzione non ha di certo brillato  per fantasia.
Celso Abelo è un tenore di grande professionalità e dalla bella voce, non molto sonora e personale nel registro centrale, ma particolarmente svettante nel registro acuto e sopracuto. Ormai ha una carriera avviata soprattutto grazie al ruolo del Duca che sente assolutamente suo: i vantaggi di questa sicurezza vocale sono quelli di risultare affidabile e spesso anche tecnicamente ineccepibile. Tuttavia, una maggiore partecipazione espressiva nel canto avrebbe reso forse la sua performance più coinvolgente.
Vladimir Stoyanov è un Rigoletto soltanto corretto. Il baritono canta con i mezzi e le soluzioni che la natura e la professionalità acquisita gli consentono, ma senza andare oltre, considerando il mezzo vocale di molto depauperato, così come evidenzia il timbro sbiancato e la tendenza continua a crescere d’intonazione in acuto.  Risolve in verità ogni asperità della partitura con una certa disinvoltura, ma il personaggio di Rigoletto rimane forse in ombra, aggiungiamo un po’ troppo padre dai “sani principi morali”.
Jessica Nuccio (Gilda), già conosciuta lo scorso anno come Violetta in “La Traviata” sempre su queste scene, possiede una voce limpida oltre che un bel timbro. Allo stadio attuale le manca ancora quel tocco da “virtuosa” che dovrebbe caratterizzare, perlomeno nell’aria, una Gilda totalmente inserita nella tradizione, quale è la sua. Le manca inoltre la giusta capacità di accentare e di porgere la frase, come rivela un’interpretazione complessivamente scolastica e perciò piatta.
Ottima la coppia dei “cattivi”. Gianluca Buratto (Sparafucile) è sugli scudi di questo Rigoletto: buon fraseggio, bel timbro, volume importante hanno contribuito a dar prova di un talento forse ancora brado, ma già notevolissimo; il pubblico lo ha difatti premiato con generosi applausi. Maddalena era Nino Surguladze che ha saputo, nonostante una linea di canto non sempre rifinita, dare credibilità al personaggio con voce sempre ben presente e soprattutto con una recitazione credibile che ha reso l’ interpretazione del suo personaggio del tutto convincente. Molto brava Leonora Sofia nei panni di Giovanna, mentre totalmente inadeguato dal punto di vista vocale è parso il Monterone di Mauro Corna. Come sempre impeccabile la prova vocale e stavolta anche attoriale del Coro Lirico Marchigiano diretto dal Maestro Carlo Morganti e così del Complesso di palcoscenico Banda “Savadei”.