Milano, Teatro alla Scala: “La Traviata”

Milano, Teatro alla Scala, Stagione d’opera e balletto 2016/2017
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti-Libretto di Francesco Maria Piave.
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valéry AILYN PÉREZ
Flora Bervoix   CHIARA ISOTTON
Annina CHIARA TIROTTA*
Alfredo Germont  IVAN MAGRÌ
Giorgio Germont LEO NUCCI
Gastone,Visconte di Letorières ORESTE COSIMO*
Barone Douphol  COSTANTINO FINUCCI
Marchese d’Obigny  ABRAMO ROSALEN
Dottor Grenville ALESSANDRO SPINA
Giuseppe,servo di Violetta  JÉRÉMIE SCHÜTZ*
Domestico di Flora/Commissionario GUSTAVO CASTILLO*
Solista per le danze del ll Atto RICCARDO MASSIMI
*Solisti dell’Accademia di Perfezionamento per Cantanti Lirici del Teatro alla Scala
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro alla Scala
Direttore Nello Santi
Maestro del coro Bruno Casoni
Regia Liliana Cavani
Scene Dante Ferretti
Costumi Gabriella Pescucci
Coreografia  Micha Van Hoecke
Milano, 5 marzo 2017
Un successo calorosissimo alla seconda di sei recite di  Traviata al Teatro alla Scala. Tutte e sei le recite, fuori abbonamento, sono andate esaurite fin dal primo giorno di prenotazione, anche se l’atteso ritorno alla Scala della “star”  Anna Netrebko sarà riservato solo alle ultime tre. In questa recita, l’indisposto Francesco Meli ha ceduto il posto al giovane tenore catanese, Ivan Magrì.
La storica produzione del 1990, con la regia di Liliana Cavani e le scene e costumi di Dante Ferretti e Gabriella Pescucci, plurinominati e vincitori di premi Oscar, è all’undicesima ripresa stagionale.  Le scene e i costumi, sontuosi e raffinati, hanno suscitato sussulti di ammirazione ad ogni alzata di sipario. L’opulenza della sala del primo atto, l’eleganza informale del buen retiro di campagna e il palazzo gattopardesco del secondo, e alla fine lo spoglio ma signorile appartamento del terzo atto sono risultati, infatti, splendidi. Il tutto è stato sapientemente valorizzato dal perfetto uso delle luci.  Il primo atto brillava di toni candidi, tessuti cangianti e luci scintillanti che specchiavano l’atmosfera di spensieratezza e leggerezza. Il primo quadro del secondo era avvolto da  una luce soffusa e tenue che contrasta con l’atmosfera di cupa decadenza, dai color prugna, degli arredi e costumi della casa di Flora.  In questa scena spicca  lo sfarzoso abito rosso sangue di Violetta. Questo è un allestimento che risulta sempre  affascinante e teatralmente coinvolgente e  offre un valido e ragionato sostegno al libretto e alle intenzioni musicali di Verdi.
Il soprano messicano/americano Ailyn Pérez ha sfoggiato una solida e sicura vocalità. Il suo timbro pieno e morbido era, infatti, sostenuto da una tecnica sicura nella gestione del fiato. Delicato e struggente il suo uso delle mezzevoci. La Pérez è parsa in  completa sintonia con la linea dinamica, timbrica e musicale tracciata dal direttore. Le fa forse fatto difetto  una più evidente metamorfosi della personalità di Violetta,  il dilemma espresso nell’aria “Ah, forse lui”.  Forse, i tempi dilatati hanno pesato rendendo meno efficace lo slancio che avrebbe reso più brillante il primo atto. Buona nella gestione delle agilità (senza tentare il mi bemolle), la Pérez ha di certo convinto nei  momenti  più lirici che ha reso con struggente fervore. Il giovane Ivan Magrì  si è buttato con passione nel ruolo di Alfredo. Dopo un primo atto che lo ha visto  spesso scollegato dall’orchestra (forse  in ragione dei tempi), dal secondo atto  ha dato una prova convincente, di grande esuberanza e intensità, porgendo bene gli accenti e gli slanci e rendendo il ruolo di Alfredo,  un personaggio vero. Leo Nucci, un Germont di consolidata esperienza, nonostante i suoi 75 anni, è apparso in ottima forma; la sua perfomance si è distinta per una voce ferma, una parola incisiva e una ricca  espressione e, infine, per una  forte presenza scenica e interpretativa. Chiara Isotton è stata una disinvolta Flora e Chiara Tirotta un’attenta e partecipe Annina.  Ben definiti e precisi i ruoli di Gastone, del Barone, del Marchese e del ottore, rispettivamente interpretati da Oreste Comino, Costantino Finucci, Abramo Roselen e Alessandro SpinaJérémie Schütz nella parte di Giuseppe e Gustavo Castillo in quelle di domestico e commissionario hanno completato un cast  appropriato. La prestazione del coro è stata impeccabile. La coreografia delle zingarelle e  dei toreador  è apparsa invece poco accattivante.  L’indiscusso protagonista della serata è stato il decano dei direttori d’orchestra della lirica italiana, Nello Santi. Nonostante una lunga e illustre carriera internazionale, l’ottantacinquenne direttore manca dalla Scala dal lontano ’71,  sua unica presenza. Salutato con grande entusiasmo dal pubblico e  con  segni di deferenza dai cantanti, Santi ha mostrato ancora un  gesto fermo e sicuro, in una direzione determinata e chiara. È stato il vero trionfatore della serata. Il profilo della sua interpretazione era palese fin dalla frase iniziale del preludio di quattro battute suonata dai violini, la stessa frase che introduce l’ultimo atto. Il suo è stato un preludio melanconico fatto di pause riflessive capaci di evocare già la tragica fine. Ha ottenuto dei pianissimi al limite dell’udibile, evidenziando le linea di contrappunto, e messo in particolare rilievo i contrasti e le dinamiche. In generale ha staccato tempi comodi, ha scolpito con precisione la linea musicale e tenuto orchestra e palcoscenico in perfetto equilibrio. L’orchestra, che ha brillato per omogeneità e compattezza di suono, ha suonato tutta l’opera con attenzione e finezza. Una serata di notevole successo.