New York, Metropolitan:”Armida”

New York, Metropolitan Opera, Stagione Lirica 2010-2011
“ARMIDA”

Dramma per musica  in tre atti su libretto di Giovanni Schmidt,
dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso
Musica di Gioachino Rossini
Goffredo JOHN OSBORN
Rinaldo LAWRENCE BROWNLEE
Idraote PETER VOLPE
Armida RENEE FLEMING
Gernando ANTONINO SIRAGUSA
Eustazio YEGHISHE MANUCHARYAN
Ubaldo KOBIE VAN RENSBURG
Carlo BARRY BANK
Astarotte DAVID CRAWFORD
The Metropolitan Opera, Coro e Orchestra
Direttore Riccardo Frizza
Maestro del Coro Donald Palumbo
Regia Mary Zimmerman
Scene e costumi Richard Hudson
Coreografia Graciela Daniele
Luci Brian MacDevitt
Produzione Metropolitan Opera, 2010
New York, 18 febbraio 2o11
La storia di Armida, tratta da un poema epico del sedicesimo secolo del Tasso, ha ispirato molti compositori da Lully e Händel a Dvořák fino alla contemporanea inglese Judith Weir.  La storia del crociato Rinaldo, che cade nel tranello d’amore della maga Armida, fu anche la fonte di una cantata per voce maschile di Brahms di grande effetto.
La versione di Rossini fu composta durante un fruttuoso periodo trascorso a Napoli, durante il quale gli furono assicurati i migliori solisti, coro e orchestra disponibili all’epoca. Per Armida, egli ebbe il lusso di scrivere per un insolito cast che includeva ben sette tenori.  Il ruolo della protagonista è fra i più virtuosistici ed impegnativi dell’intero repertorio di coloratura drammatica.
La produzione del Metropolitan fu creata da Mary Zimmerman per la stagione 2010. Dal sipario dipinto ispirato al Tiziano, al reame infernale di Armida con la sua cupola fortificata in stile Pantheon (completa di un assurdo, enorme ragno nero), ad alberi fantastici dipinti nei colori della ricca gamma del post-impressionista Henri Rousseau, la scenografia era impressionante.
John Osborn ha cantato il ruolo di Goffredo, con i suoi acuti stratosferici e l’impegnativa coloratura, in maniera davvero notevole, stabilendo lo standard per la serata. I restanti ruoli tenorili  secondari sono stati complessivamente convicenti.
Il vero eroe della serata, sia dal punto divista drammatiche che vocale, è stato il Rinaldo di Lawrence Brownlee. Ha cantato con un’agilità sorprendente e una ricca e varia gamma di colore vocale. Ad aggravare le difficoltà del ruolo ci sono i grandi ensemble, che richiedono un’enorme resistenza. Brownlee ha affrontato queste sfide con un agio nell’emissione che era sbalorditivo.Mentre saliva di ottava in ottava, è riuscito a comunicare con espressività l’umanità di Rinaldo stesso – un risultato trascendente.
La produzione di Armida del Met è stata appositamente creata  per Renée Fleming.  Nella versione concertistica del 1996 dell’Opera Orchestra di New York, diretta da Eve Queler, chi scrive potè assistere alla trionfante e appassionata esisbizione della Fleming, quando il soprano aveva iniziato a disfarsi della sua precedente immagine di “brava ragazza” per assumere quella di  “diva” richiesta per “vendere” questo e altri ruoli.
Sebbene i 15 anni che nel frattempo sono passati abbiano portato alla Fleming molti trionfi internazionali, il tempo non è stato  pietoso con lei in questo repertorio incredibilmente impegnativo e non del tutto congeniale alla sua vocalità. L’artista, ora  è  decisamente  poco incline a questo ruolo. Anche in questa rappresentazione, il suo canto è stato caratterizzato da acuti deboli, una coloratura affaticata  e approssimativa è una mancanza di presenza vocale che ha sconfinato nel silenzio. Gli attacchi a mezza voce e il canto raccolto che sono diventati i marchi di fabbrica della Fleming sembravano solo minare ulteriormente la sua tecnica. Si può solo sperare in momenti più felici nella sua imminente esibizione nel ruolo della Contessa in Capriccio di Strauss, repertorio in cui questa brava artista continua ad eccellere.
Buoni gli altri interpreti. La coreografia di Graciela Daniele meravigliosamente eseguita dal corpo di ballo del Met, presentava un assolo di danza nel ruolo di Rinaldo eseguito con bravura da Eric Otto. I contributi strumentali solistici, specialmente quelli del primo violino David Chan, del violoncellista Rafael Figueroa e della prima arpista Deborah Hoffman, sono stati magistrali.
Venendo a mancare un reale magnetismo interpretativo, nel ruolo della protagonista, la serata a poco, a poco si è trasformata in  una lunghissima  e  anche noiosa  rappresentazione, durante la quale  si è diradato notevolmente dopo entrambi i due intervalli.