Opera di Firenze: “Cavalleria rusticana”

Teatro dell’Opera di Firenze – Stagione Lirica 2014/2015
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto
Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza  LUCIANA D’INTINO
Lola  MARTINA BELLI
Turiddu  SERGIO ESCOBAR
Compare Alfio  LUCIO GALLO
Mamma Luca  CRISTINA MELIS
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore Giampaolo Bisanti
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Regia Mario Pontiggia
Scene e costumi Francesco Zito
Luci Gianni Paolo Mirenda

BALLETTO “LA LUCE NEL TEMPO”
Coreografia, scene e costumi Francesco Nappa
Musica di Franz Joseph Haydn
Luci Gianni Paolo Mirenda
Direttore Giampaolo Bisanti
Firenze, 26 ottobre 2014

Cavalleria Firenze ottobre 2014-5Dopo un’inaugurazione nel segno del desueto (nella città del giglio Il campiello di Wolf-Ferrari non era mai stato allestito), la stagione dell’Opera di Firenze prosegue con un titolo fra i più amati dal pubblico, Cavalleria rusticana, fortunatamente sparigliato dalla solita compagna di strada, I pagliacci, e abbinata a un balletto, La luce nel tempo, una coreografia in prima assoluta di Francesco Nappa su musiche di Franz Joseph Haydn (Sinfonia in fa minore Hob. 1:49 La Passione: Adagio(Allegro di molto/menuet/ Sinfonia in sol maggiore Hob. 1:94 mit dem Paukenschlag: Andante). La mia totale ignoranza in fatto di danza non mi permette di recensire, e finanche descrivere, la prestazione del MaggioDanza, che pure agli occhi di un profano è risultata godibilissima.
Cavalleria rusticana veniva riproposta in un allestimento inaugurato nel 2008 nell’ambito di Recondita armonia!, una serie di capolavori del grandissimo repertorio proposti in produzioni volutamente “tradizionali”, per venire incontro alle esigenze di quella parte del pubblico ostile alle offerte solitamente più ardite del Festival del Maggio. La messinscena di Mario Pontiggia (con scene e cosCavalleria Firenze ottobre 2014-6tumi di Francesco Zito) quindi colloca l’opera in un ambiente familiarissimo: al centro la piazza del paese, a sinistra la chiesa, dalla parte opposta la taverna, e un mare luccicante sullo sfondo, che rende perfettamente l’idea di un paese arroccato in cima a una collina.  Un gruppetto di uomini si aggira per la piazza osservando l’azione, talora intervenendo, a significare che nella vita di paese nulla sfugge all’attenzione pubblica. L’unico elemento che destava perplessità in una regia altrimenti impeccabile ed elegante è la presenza in scena, subito dopo la Siciliana, di Lola e Turiddu che si abbracciano e sbaciucchiano in mezzo alla piazza, comportamento decisamente poco plausibile anche per una coppia malaccorta e imprudente come quei due.
Il cast era capitanato da Luciana D’Intino, che ha raffigurato una Santuzza piena di dignità, profondamente ferita, una donna matura che vive il proprio dolore in maniera quasi riservata, senza per Cavalleria Firenze ottobre 2014-2questo risultare fredda e poco partecipe.  Da un punto di vista strettamente vocale, è innegabile che la D’Intino abbia ormai un piccolo gruppo di note nel registro centrale in cui l’emissione si fa più faticosa, e che comunque riesce a mascherare cantando piano quando la tessitura insiste in quella zona intorno ai si/do centrali. Il registro acuto è vibrante, facile, intonatissimo: fior di soprani farebbero firme false pur di emettere un si naturale come quello che conclude la Preghiera, o il do acutissimo alla fine dell’opera, che molte Santuzze spesso decidono semplicemente di omettere. In basso, la D’Intino non ha timore di sfruttare, senza mai abusarne e scadere nel plateale, un registro di petto di sicura efficacia, come dimostrato nell’ultimo “io piango” alla fine di “Voi lo sapete o mamma”, frase che da sempre invita ogni sorta di gigionerie di dubbio gusto.  Molti sono stati i momenti memorabili, e rimane impresso nella memoria il modo in cui si rivolge a Compar Alfio, con un primo “Turiddu mi tolse l’onore” quasi sussurrato, come se Santuzza si vergognasse talmente di ciò che sta per dire che riesce a malapena ad aprir bocca; dopo la confessione, la frase viene ripetuta forte, come un grido di dolore, ed il si bemolle acuto, emesso splendidamente, riassume l’essenza di questo sfogo. Turiddu era interpretato da Sergio Escobar, giovane tenore spagnolo dal timbro di grande fascino, potenza e ricco di squillo, ma limitatamente al registro Cavalleria Firenze ottobre 2014-3centrale, poiché non appena si sale sono dolori: gli acuti sono sempre schiacciati, talora calanti, e per dovere di cronaca il si bemolle alla fine di “s’io non tornassi” ha rasentato molto pericolosamente la classica stecca. È davvero un peccato, perché il timbro virile e la guasconeria interpretativa lo renderebbero pressoché ideale per questo ruolo. Nonostante il timbro sempre più prosciugato, Lucio Gallo riesce ad essere un Alfio credibile in virtù della capacità di delineare un personaggio tramite un fraseggio nitido e intelligente che da sempre lo contraddistingue: il suo Alfio è misurato, glaciale e distaccato, e quindi più minaccioso, sin dalla prima apparizione. Efficace la Lola sensuale di Martina Belli, mentre non troppo felice è stata la scelta di scritturare per il ruolo di Mamma Lucia una cantante molto più giovane di Santuzza, Cristina Melis, che fra l’altro può vantare un timbro fresco e limpido: mezzosoprani a fine carriera non scarseggiano certamente.
Già dalle carezze dei violini (che infatti Mascagni prevede “dolci e religiosi”) nelle primissime battute del Preludio si intuiva immediatamente la presenza di una mano, quella di Giampaolo Bisanti capace di creare immediatamente un’atmosfera, sensazione diventata certezza nel corso dell’opera: poco dopo, sempre nel Preludio, ha colpito l’animando e crescendo assai culminato in un ff di sicuro impatto ma non violento, come spesso si sente, seguito a ruota dalla melodia di “la tua Santuzza piange e t’implora” eseguita dai flauti e dalle trombe in maniera dolcissima e lancinante, con un tempo appropriatamente lento (molto largo e sostenendo moltissimo) ma per nulla slentato. Una tale attenzione alla scelta dei tempi, al fare in modo che l’opera Cavalleria Firenze ottobre 2014-7risultasse un concatenarsi di momenti uno sfociante nel successivo senza generare una serie di scene incollate l’un l’altra è stata la cifra stilistica di Bisanti, che ha dimostrato una notevole capacità di respirare insieme all’orchestra, un’orchestra morbida, plastica, sciolta, ottenendo virtuosismi come quello avvenuto alla fine del Brindisi, allorché seguendo le incalzanti indicazioni “sempre più f ed animando”, “più mosso”, il direttore lancia l’orchestra (e il magnifico coro) in un progressivo crescendo, sfrutta la pausa come per prendere un grande respiro, per poi sfogarsi nell’ultimo climatico “beviam!”: un’ondata sonora che dopo essersi diretta inesorabilmente verso gli scogli, si trattiene in aria giusto il tempo per poi infrangersi con forza liberatoria. Questa è suspense in musica. Foto ©Simone Donati/TerraProject/Contrasto