Pietro Mascagni (1863-1945):”Cavalleria rusticana” (1892) – Ruggero Leoncavallo (1857-1919): “Pagliacci”

Pietro Mascagni: “Cavalleria rusticana” – Opera in un atto su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci da Verga. Aleksandrs Antonenko (Turiddu), Elena Zilio (Mamma Lucia), Eva-Maria Westbroek (Santuzza), Dimitri Platanias (Alfio), Martina Belli (Lola).
Ruggero Leoncavallo: “Pagliacci” – Opera in un atto su libretto dell’autore ispirato da un fatto di cronaca dell’epoca. Dimitri Platanias (Tonio / Taddeo), Aleksandrs Antonenko (Canio / Pagliaccio), Carmen Giannattasio (Nedda), Benjamin Hulett (Beppe / Arlecchino), Dionysios Sourbis (Silvio), Elliot Goldie, Nigel Cliffe (due contadini). Coro e Orchestra della Royal Opera House Covent Garden di Londra. Antonio Pappano (direttore), Renato Belsadonna (Maestro del Coro),  Damiano Michieletto (regia), Paolo Fantin (scene), Carla Teti (costumi), Alessandro Carletti (luci). Produzione: Covent Garden, Opera Australia, La Monnaie Bruxelles, Goeteborg Opera. Registrazione: Londra, 10 dicembre 2015 T.Time: 75′ (Cavalleria), 78′ (Pagliacci), 15′ (extra). 1DVD & BluraRay OpusArte OA1210 D.

Dopo la visione di questo dvd ci sorge spontanea la domanda: ma ne valeva la pena pubblicare questa produzione? Damiano Michieletto è noto per essere un regista che si muove costantemente lontano dalla cosiddetta tradizione e  anche in questo caso non si smentisce. Con il suo team (Paolo Fantin, Carla Teti e Alessandro Carletti) ci porta in una alquanto anonima (nessun tipo di riferimento alla Sicilia o al Sud in genere) provincia italiana tra gli anni ’50 e ’60, nella quale, con una certa impostazione cinematografica, si svolgono le vicende di Santuzza, Turiddu e Alfio. Cavalleria rusticana, secondo Michieletto, ha un collegamento visivo e drammatico con il titolo successivo, oltre alla stessa scenografia (anche qui, come in molti altri suoi spettacoli, Michieletto utilizza un periatto che, a vista, ci porta in varie location: vediamo l’affissione dei manifesti del prossimo spettacolo della compagnia teatrale di Canio, così come Silvio, l’amante di Nedda, è il panettiere del paese). In Pagliacci vediamo anche apparire la dolente Santuzza che, durante l’Intermezzo,  va a chiedere conforto al parroco del paese, poco prima dello spettacolo che qui si svolge nel teatro parrocchiale. Michieletto si muove tra una sorta di neorealismo cinematografico e una lettura psicoanalitica dei personaggi, soprattutto in Pagliacci: nell’opera di Leoncavallo, tutta la scena della rappresentazione si sviluppa tra la mente ormai delirante di Canio e la realtà. Senza particolari genialità, l’idea di Michieletto è forse la parte più interessante di questa produzione che, invece, sul piano musicale rimane decisamente un gradino sotto. Antonio Pappano, con il consueto slancio teatrale e una certa ricerca di dinamiche e colori, cerca di compensare i limiti di un cast che, all’ascolto in video (non si sa se i tecnici del suono ci abbiano messo il loro zampino), sembra perennemente sopra le righe: Aleksandrs Antonenko (forse più a suo agio in Pagliacci) si sforza di essere incisivo, ma la voce è tendenzialmente dura e pesante e il canto si tramuta spesso in declamazione stentorea.  Lo stesso discorso lo si può applicare al baritono Dimitri Platanias (Alfio e Tonio), tendente a un eccesso di truculenza e a contigui limiti vocali. Eva-Maria Westbroek sulla scena è una Santuzza fiera, dignitosa, aggressiva e passionale, mentre la voce appare stanca e la sua scarsa dimestichezza con la lingua italiana porta a un fraseggio  espressivamente povero di sfumature. In Pagliacci spicca, per temperamento scenico e il bel colore vocale, Carmen Giannattasio, anche se in questa occasione appare orientata su una linea di canto priva di morbidezza e costantemente tra il “forte” e il “mezzoforte”. Tra gli altri interpreti emerge la personalità interpretativa della veterana Elena Zilio (Mamma Lucia), buona la Lola di Martina Belli, mentre vocalmente corretti e scenicamente validi risultano Benjamin Hulett (Beppe / Arlecchino) e Dionysios Sourbis (Silvio). Nel complesso, un’edizione che non suscita particolari emozioni.  Sono certamente due titoli noti ma, la Opus Arte non prende minimamente in considerazione l’inserimento di sottotitoli in italiano.