Régine Crespin (1927-2007): Song Recital

Robert Schumann: “Abschied von Frankreich”, “Nacht der Gebur ihres Sohnes”, “An die Königin Elisabeth”, “Abschied von der Welt”, “Gebet” (“Cinque poesie di Maria Stuarda”, op. 135), Hugo Wolf: “In der Frühe”, “Der Gärtner”, “Das verlassene Mägdlein”, “Ich hab’in Penna” (“Italianisches Liederbuch”), “Anakreons Grab” (“Gedichte von J. W. Goethe”), “Verschwiegene Liebre” (“Gedichte von Joseph von Eichendorff). Claude Debussy: “La flûte de Pan”, “La chevelure”, “Le tombeau des Naïades” (“Trois chansos de Bilitis, L. 90), Francis Poulenc: “Chanson d’Orkenise”, “Hôtel” (“Banalités”), “Le carafon”, “La reine de coer” (“La Courte Paille), “Les gars qui vont à la fête” (“Chansons Villageoises”), “C”, “Fêtes galantes” (“Deux Poèmes de Loius Aragon”). Pianoforte: John Wustman. Registrazioni Londra Giugno 1966 (nn. 1.11) e Londra maggio 1967 nn. (12-21).
Bonus track: Giuseppe Verdi: “Tacea la notte” (“Il trovatore”), “Mia madre avea…Piangea cantando…Ave Maria” (“Otello”), Arrigo Boito: “L’altra notte in fondo al mare” (“Mefistofele”), Pietro Mascagni: “Voi lo sapete, o mamma” (“Cavalleria rusticana”). Orchestra della Royal Opera House of Covent Garden, direttore: Edward Downes. Registrazioni: Londra giugno 1963 (nn. 22-25). T.Time 1h19’08. 1 CD Decca 0289 480 8148 6
 gine Crespin, cantante marsigliese (1927-2007) è stata una delle più raffinate interpreti liriche della sua generazione tanto nel repertorio di soprano quanto in quello di mezzosoprano affrontati con eguale intelligenza e senso dello stile. Al repertorio operistico – per altro vastissimo spaziando dal barocco al Novecento – la cantante francese ha sempre affiancato un’intensa attività di tipo cameristico secondo un’impostazione abituale nel mondo germanico ma più insolita per i cantanti di estrazione latina. Proprio il repertorio cameristico è protagonista di questo CD pubblicato nella collana Most Wanted recitals! della Decca dove la cantante è accompagnata dal pianista John Wustman. Il programma si suddivide in due sezioni dedicate rispettivamente al repertorio tedesco e a quello francese. In apertura sono i cinque lieder, composti da Schumann sulla traduzione tedesca di poesie di Maria Stuarda, nei quali la melanconica melodia schumaniana è esaltata dalle doti della Crespin, voce morbida, carezzevole, luminosa, ottima dizione anche in tedesco – ricordiamo che è stata interprete wagneriana di levatura storica – innata eleganza nel porgere e ottime doti di scavo interpretativo della frase. Tra i brani, che hanno per di più un tono dolente e melanconico, si distingue il terzo della serie “An die Königin Elisabeth” dal taglio fortemente teatrale in cui la natura operistica della Crespin può trovare uno sfogo.
La serie di brani di Hugo Wolf gioca sull’alternanza di registri fra composizioni dal taglio lirico e dolente come “In der Frühe” ed altre più brillanti e ricche di inflessioni popolari come la celebre “Der Gärtner”. Sul piano espressivo i risultati più compiuti sono forse quelli ottenuti in “Anakreons Grab” su testo di Goethe dove la Crespin coglie pienamente la malinconia composta e neoclassica dei versi goethiani.
Molto ricca la sezione dedicate alle melodies francesi dove la natura di madrelingua della Crespin unita alla carezzevole morbidezza della voce trova un terreno espressivo ideale. Le “Trois chansos de Bilitis” L. 90 di Debussy sono un trionfo di fragilità impressioniste; tra esse spicca “La flûte de Pan” in cui le note sembrano costruire una struttura fragile e cangiante come certi vetri di Gallé mentre “La chevelure” ha un andamento più drammatico prossimo a certi stilemi di “Pellas et Melisande”. Con Francis Poulenc la Crespin ebbe un rapporto di diretta collaborazione che ebbe il suo punto culminante nell’incisione, sotto la sorveglianza dell’autore, dei “Dialogues des Carmélites” (1958) in cui il soprano impersona una Madame Lidoine rimasta paradigmatica. I primi brani da “Banalitès” mantengono ancora forti legami con la tradizione impressionista anche se l’impianto è più solido e mancano le fragili preziosità della scrittura di Debussy; il tono cambia con “La carafon” in cui comincia ad emergere una scrittura più ironica e leggera che raggiungerà la massima evidenza in “Les gars qui vont à la fête” e “Fêtes galantes” in cui la Crespin si dimostra a pieno agio anche in una scrittura vocale decisamente anticanonica con il canto che sconfina nel parlato senza soluzione di continuità e con l’adozione di moduli sostanzialmente estranei alla vocalità tradizionale. In altri brani dal passo più lirico e drammatico la vocalità è più tradizionale con una maggior attenzione al dato passionale e drammatico rispetto alla tradizione post-impressionista con cui i legami non sono in ogni caso totalmente troncati.
Come bonus sono inseriti alcuni brani operistici incisi nel 1963 con l’orchestra del Covent Garden diretta da Edward Downes, si tratta di brani da opere italiane – e dispiace l’assenza di qualche brano operistico francese che avrebbe fornito un interessante confronto con i brani cameristici. La lunga scena di Desdemona dall’”Otello” verdiano è un’autentica lezione di stile: lo squisito lirismo della voce, la cura del fraseggio che coglie pienamente la natura nobilmente melanconica del personaggio, l’ottima tecnica – le mezze voci che chiudono l’”Ave Maria” sono semplicemente splendide – danno del brano un’esecuzione da ricordare. Convince meno la Leonora de “Il trovatore” in cui nonostante la bellezza vocale della cantante si nota qualche difficoltà in acuto. Ottimamente cantata la Margherita del “Mefistofele” di Boito mentre la Santuzza di “Cavalleria rusticana” è fin troppo educata e corretta mancando quella diretta passionalità che il ruolo sembra naturalmente prevedere.