“Alceste ” di Gluck conclude la stagione all’Opera di Roma

Teatro dell’Opera di Roma Stagione di Opere e Balletti 2021/2022
“ALCESTE”
Tragédie Opéra in tre atti.
Libretto di Francois-Luis Gand Lebland, Bailli du Roullet da Ranieri de’ Calzabigi (versione parigina 1776) tratto dall’ Alcesti di Euripide
Musica di Christoph Willibald Gluck
Alceste MARINA VIOTTI
Admète JUAN FRANCISCO GATEL
Evandre PATRIK REITER
Le Grand Prétre/Hercule LUCA TITTOTO
Apollon/Un Hérault d’armes PIETRO DI BIANCO
Un dieu infernal/l’Oracle ROBERTO LORENZI
Coryphées  CAROLINA VARELA, ANGELA NICOLI, MICHAEL ALFONSI, LEO PAUL CHIAROT
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma Eastman, Anversacon la partecipazione degli allievi della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Gianluca Capuano
Maestro del coro Roberto Gabbiani
Regia Sidi Larbi Cherkaoui
Scene Henrik Ahr
Costumi Jan-Jan Van Essche
Luci Michael Bauer
Drammaturgia Benedikt Stampfli
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma da una produzione Bayerische Staatsoper
Roma, 04 ottobre 2022
Spettacolo conclusivo della stagione in corso al Teatro dell’Opera di Roma è questa Alceste di Gluck nella versione in francese, ripresa di un allestimento della Bayerische Staatsoper. Il regista e coreografo Sidi Larbi Cherkaoui, coadiuvato da un aiuto regista e da un assistente alla regia, imposta la narrazione collocando la vicenda in una Grecia orientaleggiante atemporale nella quale un gruppo di danzatori, quasi una sorta di secondo coro muto, commenta con continui movimenti coreografici quanto avviene in scena. L’effetto risulta francamente distraente rispetto alla fruizione del testo e della musica nei primi due atti mentre nel terzo appare efficace nel trasmettere le emozioni dei personaggi. Ma ciò che lascia perplessi in questo tipo di approccio che pure ha dei momenti di indubbio interesse è la scelta di privilegiare la parte visiva rispetto al testo ed alla musica per la messa in scena di un’opera che è stata il manifesto della riforma gluckiana del melodramma basata proprio sul valore e l’intelligibilità della parola scenica. Molte bellissime frasi dense di pathos, di significati e di poesia sono state travolte dalla continua pantomima sia pure interessante ed espressiva che si svolge. In quest’ottica forse per paradosso ma anche la scelta del francese visto che la rappresentazione si svolge a Roma forse poteva essere ripensata. Infine quel che ha lasciato interdetti è stata l’assoluta mancanza di un tono “alto” da teatro tragico sia per la desolante povertà delle scene, l’algida fissità delle luci e soprattutto, spiace dirlo, per la protagonista Marina Viotti, Alceste, diligentemente funzionale all’impostazione dello spettacolo ma sostanzialmente priva del necessario spessore vocale e dell’allure della grande tragedienne. Molto bravo viceversa è apparso Juan Francisco Gatel, Admète, sia per la espressività vocale che per la prestanza scenica. Discreto l’Evandre di Patrik Reiter e molto bravo Luca Tittoto nelle doppie vesti di Hercule e Le Grand Pretre. Infine tutti corretti e funzionali all’allestimento gli altri interpreti delle varie parti minori e il quartetto dei corifei. Meno a fuoco del solito e con qualche imprecisione è risultata la prova del coro. Magnifica invece ci è sembrata la direzione del maestro Gianluca Capuano, chiarissima nella concertazione ma soprattutto nella scelta di un’ampia tavolozza di colori orchestrali e nella capacità di ben armonizzare la cadenza ritmica necessaria per sostenere la declamazione con l’involo melodico. Alla fine applausi per tutti ma con la sensazione che si sia trattato di un’occasione mancata in considerazione della bellezza della partitura e della rarità di esecuzione. Foto Fabrizio Sansoni