Ferruccio Busoni (1866-1924): “Turandot” & “Arlecchino” (1917)

“TURANDOT”
Opera fiabesca in due atti di Ferruccio Busoni (1866-1924), sul libretto proprio, tratto dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi (1762). Prima rappresentazione: Zurigo, Stadttheater, 11 maggio 1917

Nel 1911 Busoni assistente a uno spettacolo di “commedia dell’arte” a Bologna e uno di “marionette” a Roma. Eventi che determinarono la scelta dei soggetti e lo stesso “modus operandi” delle sue due future opere. Dapprima pensò a una “tragedia di marionette” con musica. Il libretto di Arlecchino era già stato scritto anni addietro, mentre la composizione si protrasse a causa di una tournée pianistica del compositore. La partitura era pronta nel 1916 e fissata la data della prima a Zurigo, ma Busoni decise di  accoppiare Arlecchino a una seconda opera breve, Turandot. I due lavori ebbero una prima rappresentazione in comune, nonché alcune repliche in Europa. Poichè Busoni non appartiene né all’avanguardia né al conservatorismo, le sue opere vengono considerate “anomale”. In realtà, l’Arlecchino di Busoni ha influenzato la prospettiva musicale del teatro di Brecht/Weill.
Turandot, dal canto suo, è dominata da un’atmosfera  fiabesca,  la fantasia si sbizzarrisce. Quando Puccini scriverà la sua Turandot,  il clima sarà invece carico di tragedia e di passione. Busoni esercita la sua ironia su ogni cosa: fatti e sentimenti. il tono ironico e accentuato dalla presenza delle Tre Maschere: Truffaldino, Pantalone e Tartaglia La musica è marcatamente ispirata a temi orientali, cinesi e arabi
“ARLECCHINO o LE FINESTRE” (Arlecchino o Der Fenster)
Ca
priccio teatrale in un atto di Ferruccio Busoni (1866-1924), sul libretto proprio. Prima rappresentazione: Zurigo, Stadttheater, 11 maggio 1917.
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“Capriccio teatrale” definita il frontespizio, questa opera in un atto di Ferruccio Busoni,  uno fra gli spiriti più originali e geniali  della storia della musica,   Arlecchino, come desume dal titolo, è una garbata vicende di maschere nelle quali Busoni rivela la sua attitudine alla sottile caricatura, la capacità di trattare situazioni e personaggi con un arguzia corrosiva. Il  musicista usa le forme del melodramma italiano con aillusione beffarda alla loro retorica  antiquata. L’epilogo è recitato da Arlecchino (ruolo affidato a un attore): questi inneggia all’amore libero e al mondo, con un tono che nasconde sotto la disinvolta allegria un senso di pungente malinconia.