James Conlon al Maggio Musicale Fiorentino

Firenze, Teatro Comunale, Stagione Sinfonica 2011
Orchestra e coro del Maggio Musicale Fiorentino
Direttore James Conlon
Soprano Ekaterina Sadovnikova
Maestro del coro Piero Monti
Claude Debussy: Trois Nocturnes, per coro femminile e orchestra
Francis Poulenc: Gloria, per soprano, coro e orchestra
Modest Musorgskij: Quadri da un’esposizione (Orchestrazione di Maurice Ravel)
Firenze, 10 dicembre 2011
Il grande direttore statunitense James Conlon torna al Teatro Comunale di Firenze per un nuovo concerto alla guida dei complessi artistici fiorentini dopo l’ultimo memorabile appuntamento dell’ottobre 2010 con il Requiem op. 89 di Dvořák. Tra i più celebrati direttori viventi, debutta nel 1974 con la New York Philarmonic Orchestra, mentre è attualmente alla guida della Los Angeles Opera, del Ravinia Festival e del Cincinnati May Festival; ha ricevuto molti riconoscimenti nel corso della sua carriera dei quali si menzionano lo Zemlinsky Prize (1999) e il Crystal Globe Award conferitogli nel 2007 dall’Anti-Defamation League. Non tralasciando l’aspetto didattico, ha insegnato, tra le altre, alla Juilliard School, alla New World Symphony e al Tanglewood Music Center, mentre tra i numerosi riconoscimenti è da menzionare almeno quello ricevuto nel 2008 a Firenze, il Premio Galileo 2000, per il personale contributo alla pace, alla musica e all’arte.Il programma proposto per questo concerto di dicembre presenta celebri pagine francesi e russe: i Trois Nocturnes di Debussy (1897-1899) e i Quadri da un’esposizione di Musorgskij (1874) nella versione orchestrale di Ravel compiuta nel 1922. Meno popolare, ma non per questo meno valido, il brano di Poulenc inserito tra i due capolavori appena citati: il Gloria, composto nel 1959.
Il filo conduttore che abbraccia idealmente il programma in esame è quello del rapporto che non molto difficilmente si viene instaurando tra l’arte musicale e le arti figurative: a questo proposito si pensi a quella critica, ormai superata, che considerava la musica di Debussy come la trasposizione musicale dell’esperienza pittorica dell’Espressionismo, invece, per quando riguarda l’opera di Musorgskij, il descrittivismo musicale che qui applica compositore russo del Gruppo dei Cinque non ha bisogno di spiegazioni ulteriori. L’arte interpretativa di Conlon è sempre molto raffinata e ricercata, il suo soggettivismo apporta alla musica presa in esame un tono di alta qualità tipica di una delle indiscusse maggiori bacchette in circolazione: tutte qualità ben presenti in questo concerto. Il difetto è, semmai, da riscontrarsi nelle compagini artistiche locali che in quest’occasione non si rivelano pienamente all’altezza della costante qualità a cui il pubblico fiorentino è ormai abituato. Certi che si tratti di un “incidente di percorso” nel voler, forse, riservare il massimo delle proprie energie per la grande prova degli imminenti concerti che a fine mese inaugureranno il Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, i maggiori deficit sono quelli di un’adeguata espressività e di un sano e giusto affiatamento d’equipe.
La migliore esecuzione è quella dei Trois Nocturnes di Debussy nel quale la becchetta di James Conlos sottolinea il tipico carattere flou (lo “sfumato” debussyano) con leggerezza, intimità e un’accentuata frammentarietà discorsiva traducendo in suoni le singole impressioni in maniera immediata. Il coro femminile in “Sirènes” si inserisce nella discorsività sinfonica come “in punta di piedi” instaurandovi un legame che si potrebbe ben definire come costantemente all’insegna di una levigata quanto mirata sobrietà.
Il Gloria di Poulenc permette al giovane soprano russo Ekaterina Sadovnikova di esprimere il suo fraseggio scorrevole sostenuto da un timbro chiaro e da un buon approccio della propria estensione vocale sia nel registro alto che in quello basso essendo ben preparata anche in quello centrale. Il coro, qui al completo e diretto, come sempre, dal maestro Monti, offre una prova piuttosto garbata, certo non eccezionale come in altre occasioni, ma assolutamente positiva.
L’ultimo brano, i Quadri da un’esposizione di Musorgskij, è quello meno convincente del concerto. L’addizionalità ritmica della musica russa può essere qui definita col termine che erroneamente era usato in occidente: “irregolare”, e questo per via di una pesantezza esecutiva e di molti momenti di evidente disconnessione tra i gruppi strumentali che hanno conferito al lavoro una qualità piuttosto mediocre e comunque assolutamente non all’altezza del prestigio di quella che a tutt’oggi continua ad essere una delle maggiori orchestre d’Europa che, siamo certi, si farà sicuramente perdonare nelle prossime imminenti occasioni: in fondo “errare è umano”! Nessun bis e accoglienza del pubblico decisamente in sottotono.