“Onegin” di Boris Eifman al Teatro Regio di Torino

Teatro Regio di Torino, stagione d’opera e di balletto 2015-2016
“ONEGIN”
Balletto in due atti di Boris Eifman basato sul romanzo in versi Evgenij Onegin di Aleksandr Puškin
Prima rappresentazione a Torino
Coreografia Boris Eifman
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij, Aleksandr Sitkoveckij
Scene Zinovij Margolin
Onegin SERGEJ VOLOBUEV
Tat’jana ANASTASIJA SITNIKOVA
Lenskij DMITRIJ SAVINOV
Olga ALINA BAKALOVA
Il generale IGOR SUBBOTIN
Orchestra del Teatro Regio di Torino
Direttore David Levi
Eifman Ballet San Pietroburgo
Torino, 13 dicembre 2015
“Apri gli occhi e sogna” è lo slogan di presentazione che il Teatro Regio di Torino ha scelto per Onegin, Torino 2015annunciare le proposte dell’Eifman Ballet di San Pietroburgo; con Onegin il coreografo si spinge oltre la danza, e da “abile mago del teatro” (come è stato definito) realizza un “dram-ballet” (balletto drammatico) ossia una peculiare modalità narrativa in cui si avvale di gestualità differente rispetto a quella della danza classica, e in più di testi recitati, parole sceniche, suoni aggiunti alle partiture di base, e così via. Si tratta di un genere teatral-coreografico nato nell’allora Unione Sovietica degli anni Trenta, poi sviluppatosi fino a diventare il “ballet-theatre” di oggi, o “dance-theatre”. Il romanzo Onegin fu trasposto per la danza per la prima volta da John Cranko nel 1965, in una versione molto aderente alla tradizione letteraria: la musica e lo stile di Čajkovskij erano naturalmente il punto d’incontro tra testo e coreografia. Eifman sceglie invece una strada diversa; in primo luogo si rende conto della necessità di rileggere il classico in una chiave nuova rispetto a quella scolastica in cui, come accade a tutte le grandi opere narrative d’identità nazionale, è un po’ imprigionato; lo stesso Eifman racconta di averla riletta a moltissimi anni di distanza, e di essere rimasto colpito dalla modernità d’impostazione, in particolare dalle pagine di descrizione degli incubi, che ha subito accostato all’indagine psicoanalitica del Novecento. In secondo luogo Eifman ha voluto rielaborare Onegin per rispondere alla domanda su che cosa sia l’anima russa nel mondo di oggi (ricollegandosi alla tradizionale definizione critica del romanzo come “enciclopedia della vita russa”); se Puškin aveva raffigurato alla perfezione l’indole della società del proprio tempo, le cui caratteristiche principali erano ipocrita vanità, superficialità, basse passioni, Eifman considera Onegin modello di uomo inutile, e loOnegin, Torino 2015 paragona agli individui che negli anni della perestrojka non hanno saputo adattarsi ai tempi nuovi; per questo motivo l’ambientazione oscilla tra la contemporaneità e l’inizio degli anni Novanta (nel corso del I atto su uno schermo si proiettano immagini di caos e manifestazioni pubbliche per le strade, e nel corso del balletto si ascoltano anche musiche di Aleksandr Sitkoveckij, un chitarrista russo molto popolare in quegli stessi anni, e particolarmente amato dalla gioventù russa di allora).
Il primo, maestoso movimento del Concerto n. 1 in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra di Čajkovskij è la pagina musicale scelta per aprire il balletto, con la scena della festa di ballo in cui Tat’jana e il marito ospitano la migliore società e ostentano il proprio stile di vita; in pratica il concerto sostituisce la celebre polacca con cui si apre il III atto dell’opera di Čajkovskij , facendo capire che la precedente vicenda sarà tutta quanta recuperata per mezzo di un flashback. Mentre tutti gli ospiti hanno abiti da sera di colore scuro, Onegin veste di rosso e Tat’jana di chiaro: questo elementare ma efficace accorgimenti isola i due all’interno del gruppo e facilita il passaggio alla trama pregressa, che avviene molto rapidamente. Rispetto all’Anna Karenina, il primo balletto proposto dal Teatro Regio in questo dittico dicembrino dell’Eifman Ballet, i caratteri e le coreografie dei protagonisti sono molto più accurati Onegin, Torino 2015nei particolari e soprattutto nella resa psicologica; Eifman inizia a contrapporre il primo passo a due, danzato da Olga e Lenskij, al secondo con Tat’jana e Onegin, perché la prima coppia segue un disegno di danza molto classico, tenero, sognante e romantico, mentre la seconda si muove con dinamiche tormentate, con passi brevi e agitati, con prese complicate. A volte la Tat’jana di Anastasija Sitnikova sembra più preoccupata di rispettare le regole del ballo che non di esprimere il suo tormentato personaggio, ma fornisce comunque un’ottima prestazione. Ricorrendo al testo originale del romanzo, Eifman inserisce nel corso della danza un passaggio dalla famosa lettera che molti anni prima Tat’jana aveva scritto a Onegin, quando era una tenera fanciulla in fiore: «Io vi scrivo – che altro più? / Cosa posso dire ancora? / Lo so, adesso voi potete / castigarmi col disprezzo …». La prefigurante citazione è funzionale a introdurre l’indole di Onegin, che in effetti si atteggia sempre a uomo frivolo, sprezzante, perso nel cinismo e nella freddezza; Sergej Volobuev lo ha interpretato in modo straordinario, con stile di danza molto moderno, in particolare nelle variazioni dai cambi di posizione e di direzione sia in aria sia a terra (cosa che per un ballerino d’impostazione classica è molto difficile da realizzare). Le difficoltà tecniche riguardano l’intero corpo di ballo, impegnato in grandissimi épaulements di effetto scultoreo, salti e prese quasi acrobatici. Ma il momento piùOnegin, Torino 2015 suggestivo è certamente quello dei tre incubi, rivissuti con un’intensità visiva di grande effetto: i danzatori indossano parrucche dalla foggia surreale e costumi appositi; la luce radente sugli oggetti scenici fa apparire tutto più gigantesco e più profondo; Onegin esce dal suo corpo per osservare la realtà, ritrovarsi faccia a faccia con l’amico che gli rinfaccia il tradimento, in modo da essere sempre sospeso tra passato e presente, e quindi da non poter vivere autenticamente il suo proprio tempo. Alla fine il protagonista affoga in una spirale di solitudine, e di lettere scritte che però non ricevono più risposta, rappresentate dallo straziante Quartetto per archi n. 2 di Čajkovskij. Il pubblico di Torino ha apprezzato Onegin ancor più di Anna Karenina, siglando in crescendo un tributo di ammirazione per il geniale Boris Eifman e la sua compagnia.   Foto Teatro Regio Torino