Richard Wagner (1813-1883): “Das Liebesverbot” (1836)

Groβe Komische Oper  in due atti su libretto del compositore, da “Measure for Measure” di William Shakespeare. Michael Nagy (Friedrich), Peter Bronder (Luzio), Charles Reid (Claudio), Simon Bode (Antonio), Franz Mayer (Angelo), Christiane Libor (Isabella), Anna Gabler (Mariana), Thorsten Grümbel (Brighella), Kihwan Sim (Danieli), Anna Ryberg (Dorella), Julian Prégardien (Ponzio Pilato). Frankfurter oper-un Museumorchester. Chor der Oper Frankfurt.  Sebastian Weigle (direttore). Registrazione: Alte Oper Frankfurt, 2-4 maggio 2012. 3 CD OEHMS Classics OC 942

Composta da Wagner nel 1834 e rappresentata per la prima volta a Magbedurgo il 29 marzo del 1836 questa commedia per musica tratta da “Measure for Measure” di Shakesperare rappresenta un caso unico, quasi un corpo estraneo nella produzione musicale wagneriana. Se infatti il precedente “Die feen” pur nell’evidente immaturità lasciava in qualche modo presagire i successivi sviluppi dell’arte wagneriana, questa commedia in musica dal ritmo turbinante e dall’impianto leggero e convenzionale risulta difficile da inserire in quel flusso. Opera che merita decisamente di essere ascoltata – il fiasco della prima che ne ha poi segnato la fortuna successiva dipese più da circostanze collaterali che da limiti insiti nella partitura – nella sua vivacità melodica e orchestrale e nella sua capacità comunicativa che ne fa un esempio di altissimo livello del genere della commedia in musica tedesca che tentava di reinterpretare i moduli dell’opera buffa italiana secondo il gusto nazionale magari dimenticando per un attimo chi è l’autore della musica così da poterla godere serenamente senza troppe speculazioni culturali.
Eseguita nel maggio del 2012 all’Opera di Francoforte e ripresa con ottimo suono dalla Oehems Classics la presente edizione permette di farsi un’idea più che soddisfacente di questo lavoro la cui musica, come già detto, si rifà spesso direttamente a moduli di derivazione italiana a cominciare da un senso della ritmica e della melodia in cui spesso si percepisce una suggestione di Donizetti fusa però con quella ricchezza orchestrale che è tipica del far musica nella Germania del XIX secolo. I modelli italiani – e direttamente o mediati dai primi – quelli dell’opéra comique francese sembrano qui prevalere sulle influenze dei compositori tedeschi delle generazioni precedenti anche per ragioni drammaturgiche in una commedia che per taglio e atmosfere è decisamente lontana dal romanticismo tedesco – tanto quello di derivazione beethoveniana tanto quello “gotico” di Weber – mentre si avvicina ai citati modelli mediterranei. Alla tradizione nazionale del siengspiel si collega la presenza di brani parlati, per altro distribuiti molto parcamente nell’evolversi della vicenda.
Registrata dal vivo in occasione delle citate recite a Francoforte l’opera qui proposta presenta per altro diversi tagli sparsi: si segnalano per estensione la seconda parte della scena di Isabella nel finale I – per altro utile ad evitare eccessivi rischi per la cantante – e parte dei couplets della canzone di Carnevale di Luzio nel finale II brano cantato per altro molto bene da Bronder.
La riuscita complessiva dell’operazione spetta principalmente alla direzione di Sebastian Weigle, specialista del repertorio wagneriano e direttore di grande esperienza. Quella che propone è una direzione estremamente brillante e vitalistica, capace di rendere al meglio il clima febbrile dell’opera che trova compimento nella scatenata scena conclusiva del carnevale per le vie di Palermo. Una direzione che quindi opta per tempi rapidi e scanditi, fortemente teatrali e dalle sonorità luminose. Ottimi l’orchestra e il coro  che rispondono con sicurezza  alle richieste del direttore.

Il cast è piuttosto alterno nelle singole prove ma complessivamente efficace. Piuttosto debole il Claudio di Charles Reid la cui voce poco attraente e povera di colori fa solo intuire le possibilità del ruolo che un tenore di miglior materiale avrebbe potuto rendere pienamente  (in particolare nel duetto con Isabella che apre il secondo atto “Wo Isabella bleibt – sie wird das Schicksal” una pagina particolarmente ispirata). Assai meglio l’altro tenore, l’austriaco Peter Bronder specialista dei ruoli di carattere del repertorio wagneriano e novecentesco qui si dimostra interprete di grande sensibilità e intelligenza ma sfoggia un rilevante materiale con una voce decisamente piacevole come colore e timbro ed un ottimo squillo nel settore acuto. La scanzonata canzone del finale II secondo “Ihr junges Volk, macht euch heran” così cantata e interpretata e veramente un brano di notevole presa e peccato sia stata penalizzata dal taglio.
Molto bravo il baritono Michael Nagy nei panni del tiranno Friedrich; il cantante è ormai presenza abituale a Bayreuth e qui è alle prese con il personaggio forse più compiuto dell’opera, l’unico in cui sono presenti tracce di quella che sarà la vocalità wagneriana successiva. Nella grande aria del primo atto “Das sie die Antwort auf die Bitte!” in cui – pur in contesto molto diverso – si sentono trapelare le prime tracce di quelli che saranno ti tormenti di Telramund, Nagy valorizza pienamente la scrittura wagneriana con una bella voce di baritono sostanzialmente lirico – non casualmente si tratta di uno specialista del Wolfram del “Tannhäser” – ma non priva di ripiegamenti bruniti e sostenuta da un accento sempre curato e pertinente.
Molto bravo il basso Thorsten Grümbel nel ruolo del capo delle guardie Brighella, la cui voce ampia e sonora con caratteristiche di basso profondo si disimpegna in una parte dalla scrittura direttamente derivata da modelli buffi italiani creando un efficacissimo effetto comico pienamente apprezzabile tanto nell’aria “Wie lang er bleibt” tanto nel successivo duetto con Dorella “Schon gut, Signor! Est ist getan!” dal sapore quasi donizettiano.
Nel ruolo della protagonista femminile – Isabella – Christiane Libor può far valere una vocalità di bel colore, di lirica luminosità, ed un’apprezzabile linea di canto anche se è innegabile che in alcuni momenti più concitati come il lungo intervento nel finale primo “Du schmähest jene andre Liebe!” – per altro privo della seconda strofa – appare evidente  lo sforzo necessario per venirne a capo. La Mariana di Anna Gabler è invece particolarmente solida e seppur dotata di una voce non particolarmente fascinosa canta l’intero ruolo con proprietà e sicurezza. Fra le numerose parti di fianco da sottolineare l’ottima prova del tenore Julian Prégardien, figlio del grande liederista Christophe e anche lui specializzato nel repertorio cameristico e oratoriale che rende un Ponzio Pilato tutto in punta di forchetta, salace ed ironico e lo spigliato soprano Anna Ryberg alle prese con il ruolo buffo di Dorella in cui già si presagiscono alcuni futuri schemi della nascente operetta. Completano il cast Simon Bode (Antonio), Kihwan Sim (Danieli) e Franz Mayer (Angelo).