Stefano Bollani all’Auditorium RAI di Torino

Torino, Auditorium RAI “Arturo Toscanini”, Stagione Concertistica 2013-2014
Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI
Direttore  Francesco Lanzillotta
Pianoforte Stefano Bollani
Registrazione dell’ultima puntata del programma “Sostiene Bollani” (Rai3), con Stefano Bollani, Caterina Guzzanti, Mafalda Arnauth, Oren Lavie, Massimo Altomare e l’OSN RAI diretta da Francesco Lanzillotta
John Adams: “Short Ride in a Fast Machine” per orchestra
Igor Stravinskij: “Circus Polka” per orchestra
George Gershwin: “Rhapsody in Blu”e per pianoforte e orchestra (orchestrazione di Ferde Grofé)
Torino, 30 ottobre 2013

Per averlo frequentato di persona, o per averne viste tante fotografie, i lettori di «GBopera» hanno presente il sobrio palcoscenico dell’Auditorium RAI “Arturo Toscanini” di Torino. Bene: lo stesso palcoscenico è ora diventato sgargiante studio televisivo, in occasione dello spettacolo-concerto condotto da Stefano Bollani, che vi registra l’ultima puntata del suo programma Sostiene Bollani (andrà in onda su Rai3, domenica 3 novembre alle ore 23ca). La tradizione del direttore d’orchestra, o del grande solista, o del compositore, nelle vesti di didatta e intrattenitore del pubblico annovera nomi illustri e realizzazioni degne dei protagonisti: si potrebbe partire dal 1946, anno in cui Benjamin Britten compone The Young Person’s Guide to the Orchestra, per un film documentario sugli strumenti dell’orchestra, e arrivare, attraverso le celebri lezioni di Leonard Bernstein, al programma C’è musica e musica di Luciano Berio, o ad altri ancora più recenti. In ogni caso è un gioco piacevole, tanto più gradito quanto meglio il conduttore riesce a spiegare la musica senza darvi troppa importanza, senza trattarla come una disciplina con cui erudire l’uditorio. Bollani nel suo programma televisivo si occupa di musiche d’ogni genere e d’ogni paese; ora, con l’OSN della RAI, si dedica al funzionamento di un’orchestra nella sua pienezza, discorrendo con apparente disordine – secondo il suo stile tipico – di strumentazione, agogica, intonazione, disposizione degli strumenti. Molto apprezzabile la varietà di citazioni musicali che l’OSN enuncia, sotto la bacchetta del giovane direttore Francesco Lanzillotta, e con l’intervento al pianoforte dello stesso Bollani: da Le Boeuf sûr le toit di Milhaud all’Intermezzo di Cavalleria rusticana, dall’ouverture delle Nozze di Figaro alla V Sinfonia di Shostakovič, dalla colonna sonora di Star Wars di John Williams a The Typewriter di Leroy Anderson, fino alla Marcia funebre di una marionetta di Gounod. I frammenti sinfonici si alternano a brevi didascalie, siparietti, sketches e canzoni, in cui si esibiscono Bollani e i suoi ospiti (sulla qualità artistica di questi ultimi potranno esprimersi coloro che vedranno la puntata in televisione). Il momento più interessante è l’esecuzione di Encore, di Luciano Berio, ricordato da Bollani nel decennale della scomparsa; è un brevissimo brano, commissionato dalla Rotterdam Philharmonic Orchestra nel 1978 e poi incluso nella Vera storia: direttore e solista sottolineano le ascendenze stravinskjane delle percussioni e dei fiati.
Il concerto tradizionalmente inteso inizia soltanto dopo la conclusione della puntata, ed è di per sé molto breve: i quattro minuti, metronomici, d’ispirazione anche glassiana, di Short Ride in a Fast Machine (del 1986) di Adams avrebbero potuto essere utilmente inseriti all’interno del precedente spettacolo, in quanto esempio perfetto dell’orchestra come congegno inesorabile; Lanzillotta fa risaltare le percussioni, a volte anche a discapito di altre sezioni dell’orchestra (come gli archi, che non devono perdere la loro funzionalità nell’economia del testo di Adams). Altri quattro minuti d’impagabile divertimento sono quelli della celebre Circus Polka di Stravinskij, composed for a young elephant, secondo il sottotitolo della versione originale del 1942: sonorità e ritmi circensi sono perfetti, ma ha adeguata evidenza, in clausola, anche l’inaspettata citazione della Marcia militare n. 1 in re maggiore di Schubert, sulla cui pomposa fanfara la polka si chiude.
Da ultimo ritorna in scena Bollani per eseguire il suo “cavallo di battaglia”, quel brano che per eccellenza è indicato alla confluenza tra musica della tradizione colta e musiche di altro genere, in particolare del jazz, «una sorta di multicroma fantasia, un caleidoscopio musicale dell’America, col nostro miscuglio di razze, il nostro incomparabile brio nazionale, i nostri blues, la nostra pazzia metropolitana», come definì lo stesso Gershwin la Rhapsody in Blue. Bollani tende a parcellizzare gli interventi del pianoforte in una serie di scene autonome, a sé stanti ma interdipendenti, secondo un procedimento di variazioni virtuosistiche; l’interazione tra pianoforte e orchestra non è sempre marcata, ma va detto che le sonorità scelte dal pianista non risultano mai eccessive: suoi grandi pregi sono certamente il garbo, la pacatezza, applicati sia nel ruolo di esecutore sia in quello di showman. Nella seconda parte della Rhapsody in Blue, per esempio, la pacatezza si traduce addirittura in indugio lirico, in tempi piuttosto rilassati in cui si stemperano gli schizofrenici schemi ritmici della componente orchestrale. La lettura è nel complesso impressionistica, più che grandiosa o sfacciata. Il pubblico, naturalmente, va in visibilio, e induce il solista a concedere un bis (anzi, a introdurre una serie di brani fuori programma, già preannunciati in apertura della serata). L’unico bis propriamente solistico di Bollani è una sua reinterpretazione, in parte improvvisata, di «America», da West Side Story di Bernstein; anche a partire da una suggestione del genere (che dunque potrebbe svilupparsi al massimo grado di concitazione), il pianista non rivela alcuna volontà di eccedere, ma resta nell’ambito del garbo, dell’agilità elegante, soprattutto della levità, davvero molto apprezzabile. Dopo, insieme a Bollani, tornano in scena i suoi ospiti, per altre canzoni con cui concludere la serata.
Grandissimo successo complessivo, per tutti, e grande festa all’interno della stagione dell’OSN della RAI. Il frequentatore abituale, però, e con lui l’osservatore del fenomeno musicale tout court, non può nascondere la domanda finale, di retrogusto amarognolo: perché l’Auditorium “Toscanini” è esaurito in ogni ordine e grado soltanto in occasioni come queste? Possibile – in altre parole – che in una città così attenta alla musica come Torino il grande pubblico, di giovani, di scolaresche in frotta, ma anche di professionisti e di pensionati “non abbonati”, raggiunga la sala da concerto soltanto quando un nome di richiamo, magari esulante dal repertorio strettamente classico, campeggi in locandina?