Teatro Massimo Bellini di Catania:”Cavalleria rusticana” e “Pagliacci”

Catania, Teatro Massimo “Bellini”, Stagione lirica 2014
“CAVALLERIA RUSTICANA”
Melodramma in un atto.Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci dall’omonima novella di Giovanni Verga.
Musica di Pietro Mascagni
Santuzza DIMITRA THEODOSSIOU
Turiddu RICHARD BAUER
Lucia FRANCESCA APARO
Alfio  HAYATO KAMIE
Lola SABINA BEANI
PAGLIACCI”
Dramma in un prologo e due atti.
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Nedda DANIELA SCHILLACI
Canio RICHARD BAUER
Tonio HAYATO KAMIE
Silvio SALVATORE TODARO
Beppe ROBERTO IULIANO
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Massimo Bellini
Coro di voci bianche “Gaudeamus Igitur” Concentus
Direttore Antonino Manuli
Maestro del coro Gaetano Costa
Maestro del Coro di voci bianche Elisa Poidomani
Regia Luca Verdone
Scene Salvo Tropea
Movimenti coreografici Silvana Lo Giudice
Allestimento del Teatro Massimo Bellini di Catania
Catania, 4 maggio 2014

La Cavalleria rusticana (di Mascagni) e i Pagliacci (di Leoncavallo) in programma al Teatro Massimo fino a giovedì, sono un doppio spettacolo in duplice forma. Protagonista del primo melodramma, Dimitra Theodossiou di grandissimo talento e di raffinata sensibilità sia musicale che attoriale, la quale ha scolpito la figura umana di Santuzza, notandone le pieghe più riposte del carattere, assai prossimo alle eroine dell’antica Grecia. Voce sicura, ricercatezza nei colori, acuti sicuri e svettanti. Protagonista dei Pagliacci (nei panni seducenti di Nedda) è Daniela Schillaci, dalla voce carezzevole, sicura in tutta la gamma sonora e con una grande capacità di unire, nella stessa persona, il fascino malizioso e l’interiorità dolente del personaggio verista. Due primedonne di grandissimo livello che meritano pienamente gli applausi che sono stati calorosamente loro tributati dal pubblico catanese e da quello internazionale. Buone le prestazioni degli altri interpreti, specialmente Francesca Aparo (mamma Lucia), Sabina Beani (Lola), Salvatore Todaro (Silvio) e Roberto Iuliano (Peppe). L’interpretazione vocale del tenore Richard Bauer (Turiddu/Canio) e del baritono Hayato Kamie (Alfio/Tonio) è progressivamente ascesa di intensità sonora e di sicurezza interpretativa.
Ma, dicevamo, lo spettacolo ha un duplice aspetto e ne diamo conto partitamente in quanto meno corrisponde ai pregi appena detti. Infatti ottima è stata, come sempre, la prestazione vocale del coro (curato da Gaetano Costa), ma in un contesto registico assai originale (di Luca Verdone) ed eccessivamente estraniante. I popolani che dovrebbero fare ala alla processone pasquale ne sono remoti, come se il Signore risorto fosse aspetto marginale della vicenda (ed invece ne è il centro spirituale): con aggiunta di episodi fuorvianti (i ragazzini redarguiti dai carabinieri che portano in scena un arrestato in manette) aggravati da una trovata storicamente insostenibile: i giovanissimi (del coro di voci bianche perfettamente istruito da Elisa Poidomani) sono abbigliati con quelle che sembrano divise da scolari della buona borghesia parigina, mentre i panni dei popolani manifestamente sono assai più ricercati di quelli che appaiono nelle illustrazioni coeve al verismo. La direzione di Antonino Manuli, nella Cavalleria ha stentato a raccordare le sezioni orchestrali, appiattendo anche le pagine più struggenti. Assai migliore invece la resa orchestrale dei Pagliacci. Una lode speciale va aggiunta al curatore delle scene, Salvo Tropea, che dietro strutture architettoniche di impronta verista ha collocato due fondali di pittorica evidenza, il primo dei quali si apre su un uliveto siciliano che esprime visivamente il contrasto tra il fascino della campagna e l’aspra vita di chi vi stenta l’esistenza. Il regista chiaramente ha giocato sulla contrapposizione dei piani espressivi, ma senza fonderli in un tutto organico.