“Te Deum”: Charpentier & Lully (1692 – 1677)

Marc-Antoine Charpentier / Jean-Baptiste Lully: “Te Deum”H.146 / LWV.55Amel Brahim-Djelloul, Aurore Boucher (soprani), Reynoud van Mechelen (tenore), Jeffrey Thompson (baritono), Benoît Arnould (basso). Capella Cracoviensis, Jan Tomasz Adamus (maestro del coro), Le Poème Harmonique, Vincent Dumestre (direttore). Registrazione: Chapelle Royale de Chateau de Versailles, 25 marzo 2013. T.Time: 55′.34. 1 CD Collection Versailles Alpha 952
La vita delle corti d’antico regime era scandita da un’onnipresenza musicale che accompagnava tutti gli snodi della vita privata e pubblica dei regnanti e della corte; in questo contesto i confini stessi tra i generi musicali perdevano consistenza e musiche apparentemente sacre venivano chiamate a commentare episodi di natura sostanzialmente mondana in cui c’era un continuo intreccio fra religione autentica e religione civile e dinastica. La corte dei “Re cristianissimo” – come si faceva chiamare fin dal medioevo il sovrano francese –non faceva eccezione al riguardo anzi accentrava ancor più intorno al sovrano entrambe le componenti specie se sul trono sedeva una personalità magmatica come Luigi XIV.
E proprio nell’ambito della corte del Re Sole nascono le due versioni del “Te Deum” proposte in questo CD dalla Chapelle Royale de Chateau de Versailles formata per l’occasione dagli strumentisti de Le poème harmonique e dal coro della Capella Cracoviensis diretti da Vincent Dumestre.
Quello di Lully nasce per un’occasione apparentemente privata come la nascita del figlio del compositore (1677) ma nella Versailles del tempo nulla poteva essere privato tanto più se il padrino del bambino era lo stesso sovrano e quindi l’evento doveva essere celebrato con tutte le formalità del caso. In quest’occasione il compositore franco-fiorentino dà sfoggio di tutte le sue capacità presentando una scrittura musicale estremamente ricca con complesse soluzioni contrappuntistiche, sonorità particolarmente piene e dense ed una vocalità che alterna suggestioni polifoniche a passaggi virtuosistici di pretto gusto profano – si senta il “Tu rex gloriae” trasformato in un’autentica aria di bravura per il basso – così da avvicinare di molto la composizione all’estetica delle contemporanee opere teatrali in una esaltazione a suo modo teatrale delle liturgie di corte, anche di quelle di natura privata, e che rievoca subito certe pagine di Saint-Simon sul tema.
Alcuni anni dopo la scomparsa di Lully sarà Marc-Antoine Charpentier a comporre un nuovo “Te Deum”: siamo nel 1692 e questa volta è la celebrazione per la vittoria riportata dalle armi francesi a Steinkerque sulla coalizione anglo-olandese guidata da Guglielmo d’Oranges. Il brano verrà a segnare in qualche modo la fine di un’epoca; se Lully aveva accompagnato l’affermazione dell’egemonia francese in Europa, Charpentier celebrerà qui l’ultimo trionfo prima che le sorti della storia voltino pagina e lascino ben poco da celebrare negli anni successivi in cui la potenza francese verrà ripetutamente sconfitta sui multipli fronti in cui si trovò militarmente impegnata.
La composizione di Charpentier è assai lontana per spirito e gusto da quella di Lully, in quanto alla complessità e alla teatralità di quest’ultimo si contrappone una visione più tersa e luminosa, fatta di linee nette e pulite, di un contrappunto trasparente ed essenziale, di una maggior compostezza vocale mentre l’orchestrazione, pur più contenuta rispetto a Lully, presenta interessanti effetti come l’uso di percussioni e fiati – evidentissimi nell’attacco dell’ouverture – chiamati a rendere palpabile il contesto militare della celebrazione.
L’esecuzione proposta – tratta da una registrazione dal vivo ma di una qualità sonora che nulla ha da invidiare ai migliori prodotti in studio – emerge soprattutto per la cura del suono strumentale e per la brillantezza delle dinamiche scelte da Dumestre che trasmette tutto il clima festoso e celebrativo di queste composizioni ottimamente seguito sia dagli strumentisti che dal coro ammirevole in tutte le sue componenti. I solisti mostrano grande professionalità e contribuiscono alla bella riuscita  di una escuzione che possiamo senz’altro definire di riferimento. Meritano una particolare menzione il tenore Reynoud van Mechelen, haute-contre di grande eleganza e senso dello stile, e il basso Benoît Arnould cui sono affidati i momenti vocalmente più impegnativi del programma.