“Rusalka” al San Carlo di Napoli

Napoli, Teatro di San Carlo, Stagione Lirica e di Balletto 2012-13
“RUSALKA”
Opera in tre atti. Libretto di Jaroslav Kvapil
Musica di Antonin Dvořák
Rusalka DINA KUZNETSOVA
Il Principe PAVEL ČERNOCH
La Principessa Straniera JOLANA FOGAS
Ježibaba IRINA MISHURA
Vodnik, lo Spirito delle Acque RICHARD PAUL FINK
Guardacaccia ANDREA PORTA
Sguattero FRANCESCA RUSSO ERMOLLI
Il cacciatore ANTONIO DI MATTEO
Ninfe del Bosco VALDA WILSON, FEDERICA GIANSANTI, GIUSEPPINA BRIDELLI
Orchestra e Coro del Teatro San Carlo
Direttore John Fiore
Maestro del Coro Salvatore Caputo
Regia Manfred Schweigkofler
Scene Walter Scheutze
Costumi Mateja Benedetti
Videoproiezioni Christoph Grigoletti
Luci Claudio Schmid
Coproduzione con il Teatro Comunale e Auditorium di Bolzano
Napoli, 24 gennaio 2013

Che sia il Reno o il Tirreno ad accoglierle coi loro corpi ibridi e anelanti, ad avvolgere il loro canto ammaliante e disarmante poco importa…Che sia tramontana o scirocco a generarle, a costituirle nell’essenza poco importa… Il richiamo ancestrale e la potenza catartica del mito si rincorrono da sempre e ogni tanto si incontrano. Partenope incontra Rusalka, sua sorella nordica celebrata musicalmente in maniera magistrale da  Dvorak. L’opera, rappresentata per la prima volta a Praga nel 1901,  approda vergine sui “litorali” sancarliani in una coproduzione dello Stabile Napoletano e del  Teatro Comunale di Bolzano.
La bellezza effimera, leggera, espressiva della musica del compositore boemo incontra la profondità disarmante del libretto di Jaroslav Kvapil resa anche nella traduzione fornita in sovra schermo. L’orchestra diretta da John Fiore si esprime in maniera misurata, placida, controllata in un’ esecuzione piacevole, delicata.
Quella di Fiore è una conduzione densa, protesa verso la valorizzazione ulteriore delle suggestioni timbriche e della varietà dei registi stilistici della partitura in un rispetto mirato ed efficace dei volumi e delle dinamiche che ha, sicuramente, favorito l’esecuzione e le possibilità interpretative dei cantanti e del coro diretto da Salvatore Caputo. Qualche perplessità  riserva, invece, la regia di Manfred Schweigkofler. Già l’impianto scenografico, ideato da Walter Schuetze, di dubbio impatto suggestivo, evoca, qualche perplessità. A mancare è forse, quella separazione spaziale funzionale alla comprensibilità delle dinamiche della vicenda stessa. Mancanza e compenetrazione geografica, presumibilmente,  concepite dalla regia come l’inseparabilità di ogni dualità, ma, che, a livello scenico, conducono ad un “nonsocchè” di scarno, incompiuto,  indefinito. Un “nonsocche” che, probabilmente, ha proprio a che fare con la difficoltà “umana” di accogliere qualsiasi dimensione nell’altra:  sogno-realtà,  giorno- notte,  natura- società, desiderio-perdizione, vita-altrove. Le scelte registiche non valorizzano, inoltre, la raffigurazione del cambiamento, del passaggio da una condizione all’altra. La gestualità riservata ai personaggi nel primo atto è schematica, forse volutamente, ma debole, pedissequa, non “giustificata” e comunque poco credibile. Il problema scenico di come rendere il movimento di esseri acquatici resta irrisolto, come se solo parzialmente affrontato, vuoi per volontà, vuoi per il suo contrario. ( A questo proposito il richiamo alle soluzioni sceniche adoperate nel Musical The Little Marmaid, di Broadway in cui le sirene e gli abitanti del mare si muovono pattinando, è inevitabile, ma è solo una  possibilità di messa in scena). Fondamentali e molto interessanti per la rievocazione suggestiva della scena sono le videoproiezioni di Christoph Grigoletti.
Forse, la difficoltà scenica”,  poc’ anzi evidenziata, incontra e investe anche la resa vocale e scenica di Dina Kuznetsova, la quale offre una Rusalka in fieri. Nel primo atto, la sua condotta, bloccata da posizioni fisiologicamente scomode, non è completamente fluida, gli attacchi di fiato non sono sempre precisi e la bellezza del fraseggio  e delle sfumature vocali, successivamente presenti, sono, qui, quasi assenti. Sebbene la resa della sua aria  (Mesícku na nebi hlubokém,  Inno alla luna) è, comunque, dignitosa. E’ dal secondo atto che Rusalka cresce, come se il silenzio forzato a cui è costretta in seguito al patto con Jezibaba sia salutare e produttivo: la sua voce si riscopre, si rivela con delle aperture sonore libere e rotonde dal sapore tiepido e avvolgente e con dei piani davvero intensi. Stessa sorte sembra toccare al Principe Pavel Černoch, il quale nella sua comparsa in scena rivela doti di tenore leggero di circostanza senza quasi nessun pregio. Lo scatto, anche per lui, infatti, avviene dal secondo atto, così il giovane interprete regala un duetto molto intenso e l’ aria (Milácku, znás mne, znás?) precisa e piacevole. Bella l’apertura dell’opera con la presentazione delle sorelle di Rusalka avvolte nei bellissimi costumi,  ideati  da Mateja Benedetti. Sofisticato  e semplice il disegno coreografico a loro destinato come del resto anche la condotta vocale  delle tre ninfe Valda Wilson, Federica Giansanti, Giuseppina Bridelli. Una bellezza terrena e sensuale, dirompe, invece, con l’entrata in scena della Principessa straniera, Jolana Fogas, ottima interprete sia vocalmente che attorialmente. Spiccata incisività dimostra anche  Irina Mishura Jezibaba, la Strega, che nel primo atto è presentata in un costume che lascia i seni scoperti con facile rievocazione della Semiramide ronconiana di recente memoria per il pubblico sancarliano.
Buonissime invece le caratteristiche attoriali dei servi del castello: Andrea Porta (Guardiacaccia) Francesca Russo Ermolli (Lo sguattero) en travesti. Il baritono Richard Paul Fink, interpreta lo Spirito delle Acque in maniera molto terrena, quasi per antitesi, quell’antitesi nella quale è possibile ravvisare la cifra costante e la chiave di lettura dell’intero dramma: bellezza che incontra il buio,  silenzio che incontra la musica, favola che incontra la realtà. La rinuncia alla propria essenza per l’altro, per soddisfare il desiderio non può che portare alla dannazione. L’incontro di due mondi senza il rispetto della propria natura condurrà sempre ad un altrove indefinito e buio senza possibilità di riscatto. L’incompiuto  che anela alla completezza è, infondo, la condizione stessa dell’essere umano: ricercare la metà mancante, il viaggio di ognuno attraverso il compromesso, la delusione, la punizione, la perdizione. (Foto Francesco Squeglia)
Per il tuo amore, per la tua bellezza,
per la tua irrequieta passione umana,
per tutto quello che ha maledetto il mio destino
Tu, anima umana, che Dio ti sia misericordioso