Trieste, Teatro Verdi:”Tosca”

Trieste, Teatro Verdi, Stagione Lirica 2012/2013
“TOSCA”
Melodramma in tre atti di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca   ALEXIA VOULGARIDOU
Il Barone Scarpia  ROBERTO  FRONTALI
Mario Cavaradossi   ALEJANDRO  ROY
Cesare Angelotti   GABRIELE SAGONA
Il sagrestano PAOLO RUMETZ
Spoletta  NICOLA  PAMIO
Sciarrone  CHRISTIAN STARINIERI
Un carceriere GIULIANO  PELIZON
Il pastorello  EMMA  ORSINI
Orchestra e Coro della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste
con la partecipazione del Coro di Voci Bianche “I Piccoli Cantori della Città di Trieste” diretti da Cristina SemeraroDirettore Donato Renzetti
Maestro del Coro  Paolo Vero
Regia Giulio Ciabatti
Scene Adolf Hohenstein realizzate da Ettore Rondelli
Costumi  Anna Biagiotti
Luci  Claudio Schmid
Allestimento della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma
Trieste, 10 maggio 2013
Per chiudere in bellezza una stagione complessivamente positiva e garantirsi il tutto esaurito in ogni recita, il Teatro Verdi ha puntato su un titolo “di cassetta” come la “Tosca”, opera amatissima dal pubblico triestino e qui rappresentata in diciannove edizioni a partire dal lontano debutto avvenuto nel 1903.  E giusto per andare sul sicuro e riscuotere un incondizionato gradimento da parte della platea più tradizionalista, che poi, checché se ne dica, è quella più numerosa, si è optato per una messinscena che più tradizionale di così non si puo’, riproducendo in palcoscenico l’allestimento storico ideato da Adolf Hohenstein  per la prima rappresentazione assoluta andata in scena il 14 gennaio 1900 al Teatro Costanzi di Roma. Dunque al fascino polveroso e rétro dei fondali dipinti, qui realizzati da Ettore Rondelli, il compito di rievocare visivamente, come libretto comanda,  la chiesa barocca di Sant’Andrea della Valle, la stanza di Scarpia a Palazzo Farnese e gli spalti di  Castel Sant’Angelo, adeguatamente evidenziati dall’indovinato gioco di luci affidato a Claudio Schmid.
In perfetto stile Impero, appaiono eleganti ma non sontuosi i costumi creati da Anna Biagiotti così come funzionale è la regia di Giulio Ciabatti, che nel primo atto muove sobriamente le masse e ripulisce il sagrestano dai vezzi macchiettistici  ma poi lascia sostanzialmente libertà d’azione ai tre protagonisti, scenicamente corretti seppur privi di carisma.  Al suo debutto nel ruolo del titolo, il soprano greco Alexia Voulgaridou presta a Tosca una voce potente ma priva di grande fascino e timbricamente disomogenea, abbastanza duttile da consentirle di affrontare con piglio sicuro i parlati del primo e secondo atto ma non di dominare ancora quei grandi slanci lirici che fanno “piovere volutta’” dalle volte stellate e trasudare doloroso sentimento dall’ “andante lento appassionato” del “Vissi d’arte”, comunque premiato da cortesi applausi. Il suo Cavaradossi è il prestante tenore spagnolo Alejandro Roy,che sfoggia voce pastosa,  ampia e di bel colore, generoso e potente nello squillo nonchè baldanzoso nella tenuta (a volte eccessiva) degli acuti, peccato però che nel suo canto non ci sia traccia di sfumature, mezze voci, fraseggio e dinamiche, tutto è improntato all’effetto “acuto-cannonata” strappa-applausi come, ad esempio, l’attacco di “Recondita armonia”,  che Puccini vuole “pianissimo e dolcissimo” e che Roy, al contrario, esegue come fosse “Di quella pira”. Il pubblico gradisce e applaude assai ma, a parer nostro, l’interprete necessita di esser rimandato a settembre.
Non così per Roberto Frontali che, al contrario, delinea con eleganza  uno Scarpia a tutto tondo, sia sotto il profilo vocale che scenico. Con volume adeguato al ruolo, il baritono affronta con sicurezza l’impegnativa tessitura del Te Deum, modulando con incisiva varietà di accenti gli altri momenti, funzionali a evidenziare la melliflua galanteria e la profonda malvagità del personaggio, resa anche attraverso una gestualità insinuante ma mai grossolana. Di nobile presenza e adeguato peso vocale l’incisivo Angelotti di Gabriele Sagona, misurato il Sagrestano minimalista di Paolo Rumetz. Corretto l’apporto dei comprimari Nicola Pamio (Spoletta), Christian Starinieri (Sciarrone),  Giuliano Pelizon (Carceriere), Emma Orsini (Pastorello) nonché quello del Coro della Fondazione preparato da Paolo Vero e del Coro di Voci Bianche “I Piccoli Cantori della Città di Trieste” diretto da Cristina Semeraro. Dal podio, il maestro Donato Renzetti ha offerto una narrazione scorrevole ed energica, dallo stacco ritmico volto a non allentare mai la tensione drammatica, nell’ottica di una lettura improntata soprattutto  al discernimento della magia dell’orchestrazione pucciniana più che a controllare il palcoscenico. E questa scelta direttoriale ha prodotto un risultato ambivalente nel senso che, se da un lato, specie nel primo atto, ci sono stati diversi momenti di sfasatura ritmica tra buca e palcoscenico, con i cantanti in ritardo negli attacchi e costretti a omettere qualche nota per rimettersi in riga con l’orchestra, dall’altro lato sul versante strumentale la compagine del Teatro Verdi, pronta a rispondere con puntuale e costante partecipazione alle sollecitazioni direttoriali, ha offerto una prestazione ragguardevole, con parentesi solistiche di tutto rilievo,  specie ad opera dei legni e, soprattutto, della pattuglia dei violoncelli capitanata da un ispirato Jacopo Francini. Così alla fine, difetti e imprecisioni non hanno compromesso il risultato complessivamente positivo di uno spettacolo che, al termine, ha riscosso un grande successo di pubblico, segnato da calorosissimi e prolungati applausi a tutti gli interpreti. Foto Parenzan – Trieste