“Une soirée chez Rossini”: Paolo Bordogna a Torino

Torino, Unione Musicale,Conservatorio «Giuseppe Verdi»,  Stagione di concerti 2015-2016
“Une soirée chez Rossini”
Baritono Paolo Bordogna
Pianoforte Bruno Canino
Gioachino Rossini:Se il vuol la Molinara”;Quai voci, quai note”; “Il trovatore; “L’innocence” italienne” / “La candeur française” (da Péchés de vieillesse, vol. V); “Nice”; “La dichiarazione”; “Petite Polka Chinoise” (da Péchés de vieillesse, vol. VII); “L’orgia” (da Les soirées musicales); “Mi lagnerò tacendo” (Firenze, 20 maggio 1850); “Mi lagnerò tacendo” (Firenze, 10 giugno 1850); “Une pensée à Florence” (da Péchés de vieillesse, vol. VII);  “Il rimprovero” (da Les soirées musicales); “Bolero” (Mi lagnerò tacendo); “Sorzìco” (Mi lagnerò tacendo); “Marche et Réminiscences pour mon dernier voyage” (da Péchés de vieillesse, vol. IX); “L’esule” (da Péchés de vieillesse, vol. III)
Torino,  11 novembre 2015
Paolo Bordogna ha consacrato la carriera ai ruoli da baritono buffo, espandendo il proprio repertorio da Rossini e Donizetti a un ampio arco del teatro musicale italiano degli ultimi tre secoli, che esplora con sempre rinnovata curiosità e ponendosi l’unico vincolo di attenersi a parti che valorizzino la sua vocalità e il suo peculiare talento interpretativo, chiamati decisamente al genere buffo. Un buffo cui non va conferita, tuttavia, un’accezione meramente macchiettistica, in quanto l’obiettivo di Bordogna è sempre stato quello di far emergere, sotto la scorza più giocosa, l’umanità dolente che ciascun personaggio si porta appresso, e suggerisce agli spettatori una compassione che, per lo meno, veli il riso d’amarezza. Nella sua ricerca, Bordogna non disdegna d’esplorare titoli di rara frequentazione, dei quali riconosce i meriti e per i quali auspica una maggiore diffusione.
Solidità tecnica, scaltrezza interpretativa e ricerca musicologica sono state del resto le cifre del recital proposto nella Sala del Conservatorio di Torino per la stagione dell’Unione Musicale, il cui programma spaziava in lungo e in largo nella produzione cameristica di Rossini, partendo da pagine composte nel periodo operistico o ancor prima – anche se assai dubbia risulta la data ufficiale (1801, nove anni di età) del primo brano, «Se il vuol la molinara» – per giungere a quel profluvio di perle, spesso neglette quando non completamente ignorate, che Rossini scrisse dopo il suo ritiro dalle scene melodrammatiche. L’impronta musicologica, per quanto di taglio divulgativo, conferita alla serata si è resa evidente dalle presentazioni storico-musicali, solo a tratti aneddotiche, che il baritono ha fornito al pubblico nel corso del concerto, dando vita a un’utile guida all’ascolto, che ha ovviato alla comunque non giustificabile assenza di una pubblicazione che contenesse i testi delle arie e un saggio introduttivo. Accanto ad alcune composizioni  abbastanza note, come quelle tratte dalle Soirées musicales, sono state proposte diverse rarità quando non addirittura prime esecuzioni in epoca moderna, quali erano i due «Mi lagnerò tacendo» che hanno aperto la seconda parte della serata, ritrovati personalmente da Bordogna: il primo è un’arietta monostrofica, quasi un abbozzo di cui il compositore si è servito come nucleo tematico per stendere il secondo, strutturato nella forma di aria con da capo. Rossini tornò più e più volte sul testo metastasiano, e di queste intonazioni nella serata torinese è stato proposto, con gusto simpaticamente erudito, un vero florilegio, che ha impegnato in buona misura la seconda porzione del concerto; ma non si è certamente rischiata la noia, poiché Bordogna ha saputo caratterizzare ciascuna versione con il suo peculiare accento, terminando efficacemente con la voce dell’ubriaco che canta il buffo Sorzìco. Il carisma interpretativo ha accompagnato il baritono tanto nelle arie brillanti e spensierate – come L’orgia, le cui acciaccature sono state marcate con sempre maggiore evidenza, a significare il progredire dello stato d’ebbrezza – quanto in quelle serie, come L’esule che piange melanconicamente la patria, o L’ultimo ricordo, offerto al pubblico come bis. L’altro protagonista della serata, il pianista Bruno Canino, oltre ad accompagnare (ma non si intenda il verbo in senso sminuente) Bordogna con sempre ferma professionalità, si è reso protagonista di quattro cammei solistici, pescati dai volumi dei Péchés de vieillesse: si sono distinte la Petite Polka Chinoise, sbalzata col gusto del miniaturista, e la Marche et Réminiscences pour mon dernier voyage, sorta di ironica marcia funebre che Rossini scrisse per sé stesso, eseguita da Canino in forma di lezione-concerto, illustrando via via i temi musicali – tratti da titoli più e meno noti del catalogo rossiniano – che il compositore vi inserì, ritenendoli buone credenziali per presentarsi nell’Aldilà.