Arena di Verona Opera Festival 2016: “Turandot”

 Verona, Arena Opera Festival 2016
“TURANDOT”
Opera in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni
Musica di Giacomo Puccini
La PrincipessaTurandot  TIZIANA CARUSO
L’ Imperatore Altoum CRISTIANO OLIVIERI
Timur, re tartaro spodestato CARLO CIGNI
Il principe Ignoto (Calaf), suo figlio CARLO VENTRE
Liù, giovane schiava ELENA ROSSI
Ping, gran cancelliere FEDERICO LONGHI
Pong, gran provveditore FRANCESCO PITTARI
Pang, gran cuciniere GIORGIO TRUCCO
Un mandarino PAOLO BATTAGLIA                                                                                                           Il Principe di Persia MICHELE SALAORNI
Orchestra, Coro e Corpo di ballo dell’Arena di Verona
Coro di Voci bianche A.d’A.MUS.
Direttore Andrea Battistoni
Maestro del Coro Vito Lombardi  
Voci bianche dirette da Marco Tonini
Regia e scene Franco Zeffirelli
Costumi Emi Wada
Lighting designer Paolo Mazzon 
Coreografia Maria Grazia Garofoli  
Verona, 12 agosto 2016    
Nonostante in numerose occasioni abbiamo potuto assistere alla meraviglia delle scenografie di questa Turandot di Zeffirelli, anche stavolta, all’apertura della reggia nel II atto non possiamo che emozionarci per il tripudio di colori, luci e per la quantità di coristi, danzatori e figuranti in scena. Forse uno degli allestimenti più amati dal pubblico dell’Arena di Verona, questa Turandot riesce sempre a lasciare a bocca aperta addetti ai lavori e profani dell’opera per la sua regale magnificenza. Ma anche l’inizio “affollato” è di grande effetto: il popolo di Pechino si agita, si commuove, prega, si prostra come un’unica anima sconvolta e disorientata dagli infausti eventi che hanno da tempo luogo nella città di Turandot. Chi convince maggiormente in scena e mostra l’impianto di una regia studiata ed efficace sono i tre ministri Ping (un Federico Longhi davvero impeccabile), Pong (Francesco Pittari) e Pang (Giorgio Trucco). I loro interventi sono sempre ben congegnati e le voci si amalgamano efficacemente negli insiemi. Il Calaf di Carlo Ventre è molto preciso ed energico: la voce sembra in qualche occasione mancare del necessario squillo risultando lievemente opaca, ma in generale il ruolo è svolto con un fraseggio filologico e con dovizia di sfumature dinamiche. Dopo aver convinto con un appassionato Nessun dorma  Ventre dà il meglio nel duetto finale con Turandot. Registicamente autonomo ed esperto, Ventre si muove sul palco con sicurezza e dando un piglio audace e personale al ruolo del Principe Ignoto. Tiziana Caruso è una Turandot certamente interessante, che si propone con grande slancio nell’iniziale “In questa reggia” ma che mostra ancora qualche menda tecnica in fascia centrale e medio-grave. Non si evidenziano particolari difficoltà in fascia acuta, nonostante alcuni suoni non perfettamente a fuoco. In generale la sua risulta una performance più che convincente, anche grazie ad una verve scenica davvero non indifferente. La principessa subisce un’evidente trasformazione nel corso dell’opera, trasformazione che la Caruso è in grado di mostrarci compiutezza grazie a quello che è un evidente approfondimento personale del ruolo. Meno bene la Liù di Elena Rossi, probabilmente in un ruolo difficile per le sue corde (già in molte occasioni l’abbiamo potuta ascoltare in Aida nel ruolo, radicalmente diverso, della Sacerdotessa) che si destreggia assai meglio nel centro che nei pianissimi di fascia acuta. In ogni caso lo studio del ruolo è evidente e coraggioso, tanto che la sua prestazione –nonostante le evidenti difficoltà vocali – è tra le più convincenti dal punto di vista scenico. Ai limiti dell’udibilità Cristiano Olivieri, nei panni dell’imperatore Altoum, anziano genitore della Principessa Turandot: la voce, complice anche l’infelice posizione del trono – situato davvero molto in alto rispetto al palcoscenico – non passa e la stessa  pronuncia delle parole risulta difficilmente intelligibile. Bene invece Carlo Cigni nel ruolo di Timur, il re tartaro accecato, spodestato e in esilio: la voce è in forma e il momento dell’addio a Liù bontà… Liù dolcezza! è commovente. Il Mandarino era Paolo Battaglia, efficace emanatore degli impressionanti editti di Turandot. Convince Andrea Battistoni con la sua direzione impetuosa ma mai sopra le righe. Davvero eccellente la prestazione del Coro (preparato da Vito Lombardi) che dà il suo meglio nell’invocazione alla Luna, veramente emozionante. Bene anche il Coro di voci bianche A.d’A.MUS. diretto da Marco Tonini. Un pubblico molto numeroso (considerando che non si trattava di una Prima) ed entusiasta saluta uno spettacolo tra i meglio riusciti di questa stagione estiva. Foto Ennevi per Fondazione Arena