“Les chemins de la musique” … Fiorenza Cedolins in concerto

Milano,Teatro alla Scala, Stagione dei recital di canto 2009/2010
Recital del soprano Fiorenza Cedolins
Pianoforte James Vaughan
Jean Paul Martini: Plaisir d’amour
Vincenzo Bellini: Malinconia, ninfa gentile
Franz Schubert: Ständchen
Gioachino Rossini: Da Soirées musicales,  La danza
Frederik Chopin: Notturno in mi minore.op.72 n.1, per pianoforte
Robert Schumann: Du bist wie eine Blume op. 25 n. 24
Pëtr Ilic Cajkovskij: Net, tol’ka totm kto nal, op.6 n.6
Gabriel Fauré: Après un reve op.7 n.1
Stanislao Gastaldon: Musica proibita
Sergey Rachmaninov: Ne poj’, krasavica pri mne op. 4 n. 4
Richard Strauss: Morgen op. 27 n. 4
Pietro Mascagni: Serenata
Francesco Paolo Tosti: ‘A vucchella
Ruggero Leoncavallo: Mattinata
Enrique Granados: Quejas o la Maja el ruisenor, per pianoforte
Maurice Ravel: Vocalise-étude en forme de habanera
J. Obradors: Del cabello más sutil
Joaquín Turina: Cantares op. 19 n. 3
Francis Poulenc: Les chemins de l’amours
Encores:
Giuseppe Verdi:”La forza del destino” – Pace, pace, mio Dio
Giacomo Puccini:”Tosca” – Vissi d’arte
“Madama Butterfly” – Un bel dì vedremo
Francesco Cilea:”Adriana Lecouvreur”: Io son l’umile ancella
Milano, 10 maggio 2010

“Les chemins de la musique” è il titolo scelto per l’atteso recital del soprano Fiorenza Cedolins che si è tenuto lo scorso 10 Maggio al Teatro alla Scala di Milano.
Ad una prima occhiata, il programma della serata non sembra avere un filo conduttore, anzi, la scelta dei brani che lo compongono risulta raffazzonata e quest’impressione sarà confermata dall’ascolto dei titoli in sequenza.
La Cedolins, la cui figura si è fatta esilissima, entra in scena indossando un abito bianco, impreziosito da una cintura tempestata di cristalli “Swarowski”: l’effetto è assicurato, anche se il design del vestito sembra un po’ troppo rifarsi a uno stile “Norma” o  “La Vestale” degli anni ’50.
Il soprano friulano posiziona comodamente il proprio leggìo (nulla, a parte i “bis”, è stato eseguito a memoria) ed attacca “Plaisir d’amour” di Martini con voce stentata, tradendo l’emozione, per proseguire in modo affannoso fino alla conclusione del brano.
Si nota nel canto della Cedolins  un’ emissione completamente artefatta:  il registro grave è debolissimo,  i centri lievemente sfocati, mentre la zona medio-acuta funziona meglio, grazie ad una buona proiezione del suono che si arricchisce di armonici.
L’accompagnamento al piano di James Vaughan è  “misericordioso”. Per tutto il concerto,  ora aspetta la cantante, ora la segue, sacrificando completamente la tenuta muscale.
Si continua con un “Malinconia, ninfa gentile” eseguito con una grandeur” inappropriata e con  “Standchen”, che rivela una pronuncia tedesca un poco difficoltosa.
Il passaggio dal lied di Schubert alla tarantella napoletana di Rossini è quasi uno shock: la Cedolins annaspa per tutta la prima parte, pigolando le pur modeste agilità ed, alla ripresa, impone un rallentando veramente eccessivo.
Dopo l’assolo di Vaughan ed uno Schumann per il quale valgono le stesse considerazioni fatte per  Schubert, il soprano canta Čajkovskij, dimostrandosi molto più a suo agio con la lingua russa e  un “Après un reve” di Fauré non privo di una certa atmosfera sognante.
La prima parte termina con “Musica proibita” di Gastaldon, salutato da  applausi convinti.
Al suo ritorno  sul palco, il soprano  appare con un altro abito, sempre bianco, con piccole geometrie sul nero e con una grande rosa di stoffa rossa al collo. Rachmaninov scorre piacevolmente, poi arriva “Morgen” di Strauss che, purtroppo, costituisce il punto più basso dell’intera serata. La cantante è in serie difficoltà: imprecisa nella tenuta ritmica, nell’intonazione e nella posizione del suono. La sensazione è  di una lettura a prima vista.
Mascagni, Tosti e Leoncavallo rientrano senz’altro maggiormente nelle corde della Cedolins, però l’atteggiamento con cui li affronta è sempre troppo altisonante, quasi pensasse di avere a che fare con chissà quale eroina di melodramma!
Alla fine del secondo assolo di pianoforte, altro cambio d’abito: Il soprano si  presenta in rosso fuoco con un corpetto arricciato che crea l’illusione di una moltitudine di rose.
Il “Vocalise-étude en forme de habanera” di Ravel si rivela una scelta infelice: non possedendo particolari doti virtuosistiche, la Cedolins appiattisce  la scrittura vocale del brano, i cui languidi arabeschi necessiterebbero di tutt’altra esecuzione.
Dopo Obradors e Turina, il programma si conclude con “Les chemins de l’amour” di Poulenc:  forse complice la stanchezza,  l’esecuzione è  decisamente sotto tono.
Il pubblico della Scala applaude con calore e partono anche le richieste di “bis”, che il soprano prontamente accoglie.  Ecco dunque: “Pace, pace mio Dio”, “Vissi d’arte”, “Un bel dì vedremo” e “Io son l’umile ancella”. La resa della cantante è pressoché identica (con una menzione speciale alla Butterfly), con  un discreto controllo dell’emissione che permette  un lodevole uso dei “piani”  e qualche azzeccata “messa di voce”.  La tenuta musicale è però frammentaria e le pause all’interno delle arie, interminabili (in pratica ogni acuto viene preparato in modo laborioso, a scapito dell’effetto finale).
Sei generosa!” grida qualcuno dal loggione. Fiorenza Cedolins sorride, visibilmente esausta.

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