Bergamo, Teatro Donizetti, Bergamo Musica Festival 2010
“POLIUTO”
Tragedia lirica in tre atti di Salvatore Cammarano
Edizione Critica a cura di William Ashbrook e Roger Parker
Musica di Gaetano Donizetti
Poliuto GREGORY KUNDE
Paolina PAOLETTA MARROCU
Severo SIMONE DEL SAVIO
Callistene ANDREA PAPI
Nearco MASSIMILIANO CHIAROLLA
Felice DIONIGI D’OSTUNI
Orchestra e Coro Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti
Direttore Marcello Rota
Maestro del Coro Fabio Tartari
Orchestra e Coro Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti
Regia Marco Spada
Scene e costumi Alessandro Ciammarughi
Luci Fabio Rossi
Coproduzione con l’ Ente Concerti Marialisa De Carolis di Sassari
Nuovo Allestimento
Bergamo, 19 Settembre 2010
Il Teatro Donizetti di Bergamo, giunto alla quinta edizione del Bergamo Musica Festival Gaetano Donizetti, ha inaugurato la stagione lirica e di balletto 2010 con un titolo donizettiano poco frequentato dal grande repertorio, ma di indubbio interesse: Poliuto. L’ottica della Fondazione Donizetti di mantenere vivo il lavoro del grande Maestro attraverso la riproposta sia di opere molto famose che di quelle meno note al pubblico, merita lodi convinte e contribuisce a rendere il teatro bergamasco uno dei teatri di tradizione più attivi e di maggior identità artistico-musicale nel panorama odierno. Il Poliuto rappresenta, forse più di ogni altro lavoro donizettiano, un ideale punto d’incontro tra la vena compositiva del Donizetti maturo e quella del giovane Verdi, soprattutto grazie alla scelta del soggetto (ambientato all’epoca della persecuzione romana nei contronti del culto cristiano) ed alla sua realizzazione tramite il libretto di Salvatore Cammarano che ne ispira gli accenti di fervore religioso ed eroico sacrificio. In questo allestimento, Marco Spada sposta l’azione, compiendo un enorme balzo temporale: i magistrati romani appaiono in divise militari mutuate dal secolo scorso, il coro è agghindato da perfetta gioventù hitleriana, Paolina sfoggia pantaloni e Borsalino rievocando certe immagini di Marlene Dietrich. Ciononostante il regista sembra non voler rinunciare alla rappresentazione del soggetto anche nel suo contesto originale e, probabilmente spinto dalla bislacca idea di un parallelismo tra la persecuzione dei cristiani e quella, più recente, degli ebrei, mette in scena elementi di romanità: centurioni, gladiatori e simulacri pagani. Il risultato è un’accozzaglia visiva che spiazza lo spettatore. Le scene di Alessandro Ciammarughi sono piacevoli, considerata l’eleganza delle linee e la scelta di alcune tonalità di grigio, ma i pannelli e le teche in plexiglass che contengono oggetti d’arredamento, paiono più adatti ad una mostra di interior design che ad un palcoscenico d’opera. La situazione non è rosea nemmeno dal punto di vista musicale. Marcello Rota cerca di evidenziare il più possibile quanto di verdiano sia già presente nella partitura donizettiana e così, invece di suggerirlo con una lettura caratterizzata da varietà di dinamiche e colori, fa pestare l’orchestra a più non posso, deciso ad ottenere sonorità turgide, cosa quantomai inappropriata quando si ha a che fare con Donizetti. Nella fattispecie il magnifico concertato che chiude il secondo atto è ben condotto sul principio, ma viene poi risolto in modo chiassoso, costringendo i cantanti a forzature poco gradevoli. Il coro, diretto dal M°Fabio Tartari, si dimostra invece una compagine compatta e ben affiatata, capace di belle intenzioni espressive. Gregory Kunde s’impegna a fondo nella parte del protagonista e raggiunge risultati notevoli. La scrittura vocale di Poliuto è piuttosto centrale ed alterna passi di declamato a slanci ariosi con qualche fiondata all’acuto: la voce di Kunde si è fatta più ampia rispetto agli esordi di carriera ed il timbro ha acquisito una brunitura seducente, oltretutto sembra essere l’elemento del cast che interpreta con maggior slancio e convinzione. Tolta qualche mezzavoce opaca e lievemente stimbrata, il tenore statunitense ha fornito una prestazione di tutto rispetto. Paoletta Marrocu si avvale di un naturale carisma scenico che deriva più dalla bellezza della figura che da vere doti d’attrice. La voce è senz’altro voluminosa e si giova d’un timbro particolare e distintivo, tuttavia l’emissione presenta qualche falla. Il personaggio di Paolina si esprime nel corso dell’opera tramite arabeschi vocali che affondano le proprie radici nel belcanto tipico del primo ottocento e che fanno presagire la Medora verdiana. La Marrocu tende ad essere sovrastata dalle difficoltà tecniche proprio in tale aspetto, pagando forse pegno per scelte di repertorio (Lady Macbeth, Gioconda, Turandot, Santuzza…) quanto mai ardite. Simone Del Savio nella parte di Severo esordisce sottotono e con qualche durezza di troppo nel registro acuto, ma poi si assesta su di un buon livello, con una resa appropriata e costante. Andrea Papi dona a Callistene un timbro di basso corposo ed è interprete misurato ed efficace. Menzione speciale per il Nearco di Massimiliano Chiarolla che esibisce voce di tenore schietta e ben proiettata, impreziosita da accenti al calor bianco in tutti i suoi interventi. Il pubblico ha salutato Kunde con ripetute ovazioni, manifestando però qualche dissenso nei confronti del direttore d’orchestra e del soprano, mentre non ha esitato ad affermare il proprio disappunto riguardo alle scelte della regia. Foto per gentile concessione del Teatro Donizetti
E poi ci si lamenta che la gente non ama l’opera ! Non l’amano proprio certi allestimenti.