Boston, Lyric Opera, The City Performing Arts Center Shubert Theatre,
Stagione Lirica 2010/2011
“TOSCA”
Melodramma in tre atti su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, dal dramma omonimo di Victorien Sardou.
Musica di Giacomo Puccini
Floria Tosca JILL GARDNER
Mario Cavaradossi RICHARD CRAWLEY
Barone Scarpia BRADLEY GARVIN
Cesare Angelotti ANTON BELOV
Spoletta NEAL FERREIRA
Sacrestano T.STEVEN SMITH
Sciarrone TAYLOR HORNER
Carceriere FRED S.FURNARI
Pastorello RYAN WILLIAMS
Boston Lyric Opera Orchestra e Coro
Voci bianche del PALS Children’s Chorus
Direttore Andrew Bisantz
Regia David Lefkowich
Scene, Costumi Anthony Besch, Peter Rice
Luci Paul Hackenmueller
Boston, 7 novembre 2o1o
Il Boston Lyric Opera ha proposto la produzione della Tosca della Scottish National Opera, un allestimento in cui la Roma napoleonica viene aggiornata all’epoca fascista. Le scenografie dettagliatissime, potremmo dire cinematografiche di Peter Rice, con le belle ed efficaci luci di Paul Hackenmueller sono davvero impressionanti. Al contrario, la regia di David Lefkowich è essenzialmente convenzionale, nonostante i cambiamenti al libretto da lui apportati. Ad esempio Tosca, mentre dopo aver ferito a morte Scarpia, lascia cadere il coltello e lo finisce con un paio di forbici. O poco dopo aver posato la croce sul petto di Scarpia, cambia idea e, con gesto deciso la scosta via. Ancora una volta si deve constatare quanto il lirismo di Puccini appaia artificiale, stonato in questa ambientazione moderna.
Nel ruolo di Tosca, il soprano Jill Gardner non è certo indimenticabile. Incespica nel “Vissi d’arte”, respirando maldestramente nella frase cruciale dell’aria, andando così a indobilire lo slancio puccinianoe. La sua voce è ben calibrata, ma manca del peso e della varietà di colori che necessitano al personaggio. Il suo coraggioso salto all’indietro dal tetto del castello, tuttavia, è stato un coup de théâtre.
Il pubblico ha tributato i consensi più calorosi allo Scarpia del baritono Bradley Garvin. Il suo aspetto fascinoco e sorprendendentemente giovanile lo rendono scenicamente quanto mai accattivante e con una notevole carica erotica. La sua voce, benché non facilissima nel registro acuto, è comunque robusta e vibrante. Il tenore messicano Diego Torre (Caravadossi) ancora convalescente da una infezione bronchiale, è stato sostituito dal giovane tenore Richard Crawley che è stato si può dire, gettato sulla scena, con pochissime prove. La voce di Crawley è più gradevole che potente, basta dire che le sue grida durante le torture erano appena udibili. Ha tuttavia ha cantato la sua aria dell’ultimo atto, “É lucevan le stelle” con notevole pathos. Il direttore d’orchestra Andrew Bisantz è sembrato sacrificare gli slanci di più ampio respiro per indugiare troppo su certi passaggi più marcatamente melodrammatici, perdendo spesso la tensione drammatica. In conclusione, questa produzione, nonostante i considerevoli sforzi per importare un allestimento europeo, ha dato comunque l’impressione di trovarsi ad assistere a una rappresentazione da teatro amatoriale.
Foto Jeffrey Dunn