Ascoli Piceno, Teatro Ventidio Basso, Stagione Lirica 2011
“LA TRAVIATA”
Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave,
dal romanzo La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio
Musica di Giuseppe Verdi
Violetta Valery IRINA DBROVSKAYA
Flora Bervoix DANIELA INNAMORATI
Annina MARIANGELA MARINI
Alfredo Germont LEONARDO CAIMI
Giorgio Germont SIMONE PIAZZOLA
Gastone ROBERTO JACHINI VIRGILI
Dr.Grenvil MATTIA DENTI
Barone Douphol MIHAIL DOGOTAR
D’Obigny DAVIDE BARTOLUCCI
Giuseppe MASSIMILIANO LUCIANI
Domestico di Flora DAVIDE FILIPPONI
Un commissionario ALESSIO DE VECCHIS
Cro “Ventidio Basso”
Orchestra Filarmonica Marchigiana
Direttore Giampaolo Maria Bisanti
Maestro del Coro Carolo Morganti
Regia e luci Henning Brockhaus
Scene Benito Leonori
Costumi Giancarlo Colis
Coreografie Emma Scialfa
Allestimento originale dell’Associazione Arena Sferisterio di Macerata,
riprodotto ad opera della Fondazione Pergolesi Spontini,
con la riduzione dell’allestimento scenico a cura di Benito Leonori
Ascoli Piceno, 25 marzo 2o11
Una Traviata dai contorni di fiaba è quella andata in scena lo scorso venerdì 25 marzo ad Ascoli Piceno per la stagione lirica 2011 nella collaudata e ormai classica scenografia di Josef Svoboda, ripresa da Brockhaus e nota ormai come la “Traviata degli specchi” affascina ancora gli spettatori come il primo momento. Semplice ma ingegnoso il suo meccanismo: una piattaforma inclinata di specchi, che riflette il pavimento del palcoscenico e gli interpreti, rimanda tutto allo sguardo degli spettatori creando diverse angolazioni e svariati punti di vista; il cambio delle scene consiste effettivamente nella sostituzione dei grandi tappeti che coprono il palcoscenico su cui vengono raffigurati con gusto oleografico, ma accattivante diversi elementi che non solo fanno capo ai luoghi indicati dal libretto, ma anche alla situazione emozionale dei personaggi: ad esempio nel secondo atto durante il duetto Violetta-Germont un sistema di fili sotteso ai diversi tappeti faceva emergere quello sottostante in cui erano raffigurate varie scene esemplari della vita borghese che Germont contrappone allo stile di vita della mondana.
Cuscini, suppellettili tardo ottocentesche, divani, divanetti, il piccolo scrittoio di vimini del second’atto, il tavolo da gioco del terzo e un letto dorato, sempre presenti sulla scena (anche ai suoi lati), individuavano le diverse situazioni sceniche. Per descrivere la scena e la sua funzione drammatica è meglio far parlare Brockhaus: “Lo specchio riflette l’azione scenica- dichiara il regista– Le singole scene sono invece dipinte su grandi teli che giacciono a terra come enormi tappeti sopra i quali si muovono gli attori: un sipario teatrale, un collage di varie pitture con motivi erotici tratti da stampe di fine Ottocento, una casa fuori Parigi, un campo di margherite, un collage di immagini tratte da un album di famiglia, i lampadari del casinò di Montecarlo. Quando alla fine non ci saranno più immagini e il pavimento rimarrà desolatamente nudo, vorrà dire che il tempo delle illusioni è finito“. “All’inizio – continua Brockhaus – quando lo spettatore viene dentro il Teatro, lo specchio è appoggiato per terra, poi prima che cominci la musica lo specchio si alza lentamente e si bagna di luce, mostrando nel suo percorso di salita un sipario teatrale che sembra nascere dal nulla. Il senso simbolico di questo inizio richiama l’idea di un libro che viene aperto, una storia che viene rivista, una memoria che si apre. Poi, quando lo specchio è a 45°, lo spettatore vede la scena orizzontalmente ma vede anche la riflessione verticale nel quale tutto l’accaduto è visto da sopra; questa visione è del tutto inedita nel teatro e sembra offrire delle informazioni in più, quasi non lecite. Alla fine dell’opera lo specchio si dispone a novanta gradi rispetto al palcoscenico in maniera che tutta la platea ed i palchi vengano riflessi dentro la storia che sta per terminare. Lo specchio, incontrovertibilmente e senza scampo, catapulta il pubblico nell’azione, confondendo vittima e colpevole, tutti noi oggi responsabili nei confronti di quel mondo di “deboli” di cui anche Violetta faceva parte“.
Oltre la evidente funzionalità scenica e drammatica di quanto Brockhaus ha dichiarato e realizzato, la parte vocale è risultata particolarmente felice grazie alla scelta di interpreti che possono essere benissimo descritti come gli alter ego dei personaggi verdiani di Traviata: giovani, belli, credibili vocalmente e scenicamente a cominciare dalla protagonista, Irina Dubrovskaya, soprano lirico di grande estensione e agilità, ha conferito il giusto carattere al ruolo tramite la flessibilità e il fascino femminile slavo che le sono propri: sontuose le agilità del primo atto, squillante la puntatura al mi bemolle alla fine della cabaletta Sempre libera, sensibile e sentito lo slancio vocale del secondo e terzo, il timbro proteso verso l’espressione drammatica nel quarto atto; la sua voce corre bene nella non piccola sala del Ventidio di Ascoli e la dizione è netta e sorprendentemente priva di accento straniero.
Rivelazione della serata è stato il baritono Simone Piazzola in Germont che ha riscosso il maggior numero di applausi perché ha dimostrato al pubblico di Ascoli, pubblico evidentemente colto e sensibile, di essere un vero ed eccellente baritono verdiano: grande energia unita a bellezza vocale in tutti i registri e soprattutto sicurezza negli acuti in una parte impervia come quella di Germont che, non dimentichiamo, ha un sol bemolle acuto nella famosa aria Di Provenza il mar e il suol e una tessitura a dir poco dispettosa nella cabaletta No, non udrai rimproveri che è stata eseguita senza operare il solito taglio pietoso. Bella presenza scenica, il giovane baritono Piazzola ha prestato la sua fisicità al ruolo di Germont con verosimiglianza e plausibilità gestuale.
Voce interessante e promettente per colore e timbro, oltre che agile nel brindisi – finalmente si sono sentite nettamente le brillanti quartine con l’acciaccatura –quella del tenore Leonardo Caimi in Alfredo era meno a suo agio nella zona acuta, pur tuttavia ha onorato la parte dimostrando buon controllo e trovando i giusti accenti nel terzo atto nel duetto con il soprano. Tutti ben scelti gli altri interpreti del cast – e si sa quanto sia importante l’efficienza vocale dei comprimari anche in opere che come questa vivono dell’eccellenza dei tre protagonisti- hanno fornito un adeguato e complementare ordito al tessuto delle parti principali: anche la regia, nelle scene d’assieme nel primo e terz’atto ha reso le movenze di coro e comprimari in modo da conferire loro un aspetto di grande libertà e disinvoltura, vista la duplicità di visuale offerta al pubblico: quella reale sul palcoscenico e quella “ virtuale” riflessa sugli specchi. I costumi, ambientati nel periodo fra 800 e 900 davano spesso l’impressione di essere senza tempo e anzi di alludere ai nostri giorni conferendo all’opera un senso di attualizzazione garbato e consono all’ intenzione di dare alla vicenda di Violetta un tono paradigmatico e universale.
Pienezza del suono orchestrale e precisione dei tempi si sono goduti nella direzione del M°Giampaolo Maria Bisanti che ha tratto dalla valorosa Orchestra Filarmonica Marchigiana delle sonorità sinfoniche soprattutto nei concertati e accentuando le strette finali alla fine di arie e atti con un effetto davvero strappa-applauso. Grande direzione quella del M° Morganti che ha conferito al coro di Traviata quella personalità e quello spessore che di solito manca. La stagione lirica 2011 del Teatro Ventidio Basso, con l’organizzazione e la direzione artistica della Fondazione Pergolesi Spontini, è promossa dal Comune di Ascoli Piceno, con il contributo di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione Marche – Assessorato alla Cultura, e con il sostegno di CARISAP Spa Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, e di BIM Tronto. La lirica al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno con una importante novità: l’accordo con la Fondazione Pergolesi Spontini per la gestione della stagione lirica fino al 2013.
Foto Corrado Fulvi
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