Intervista a Jean-Philippe Lafont

Il basso-baritono Jean-Philippe Lafont è nato a Toulouse, dove ha compiuto gli studi musicali. Nel 1973 è entrato a far parte dell’Opéra Studio dell’Opéra di Parigi, partecipando a numerose produzioni, fra le quali spicca Die Zauberfloete nel 1974.   La sua carriera prende da allora un rapido sviluppo che lo porta sui principali palcoscenici francesi, dei teatri come Bordeaux, Lyon, Marseille, Nantes, Nice, Toulouse, e dei festival di Aix en Provence, Orange, Montpellier. A Parigi viene invitato allo Châtelet, all’Opèra Bastille dal 1989. Il suo debutto internazionale risale al 1974, a Berlino con La caduta della casa Usher,      dopo di ciò è stato invitato in tutti i principali palcoscenici, come Carnegie Hall e il Metropolitan a New York, Chicago e San Francisco, ecc. . Nella sua intensa carriera ha avuto modo di collaborare con importanti direttori, quali Bertini, Davis, Conlon, Dutoit,Gardiner, Layer, Pretre, Ozawa, Plasson, Pappano, Soustrot, Steinberg. Fra le molte incisioni discografiche, ricordiamo La Damnation de Faust, Le Mamelles de Tiresias, Falstaff , Leonore, Samson et Dalila. Un particolare riscontro ha avuto la sua partecipazione al film Il pranzo di Babette che ha vinto l’Oscar come migliore film straniero.
Il tratto principale del tuo carattere?
Impulsivo…forse adesso più riflessivo.
Il tuo principale difetto?
Adesso eccessivamente autocritico…un tempo troppo istintivo.
Una carriera nella quale hai affrontato un repertorio veramente vasto…
Anche troppo. Se potessi ritornare indietro, molte cose non le farei e sarei più attento a quello che canto
Cosa ti ha spinto allora a determinate scelte?
Prima di tutto la curiosità e il desiderio di mettermi costantemente alla prova.
Anche il fatto di essere stato sempre molto attore?
Si. Forse. A pensarci bene, spesso ho dato troppo rilievo all’interpretare, a scapito del canto. Questo è stato un mio difetto, per fortuna ho raggiunto un equilibrio. Se avessi trovato questa dimensione, 15 o 20 anni fa, avrei sicuramente affrontato opere come Il Trovatore, Un ballo in maschera, Don Carlo. La mia natura istrionica mi portava ad altro.
Un aspetto che sicuramente ha condizionato tutta la tua carriera…
Certamente. In Francia mi sono trovato ad essere molto spesso paragonato, o meglio, affiancato a un altro celebre cantante-attore, Gabriel Bacquier.
Per gli anni di carriera  che mi restano davanti, cercherò più che mai di seguire le ragioni del canto.
Ma il Lafont attore rimane?
Certo, appena posso cerco di fare ancora cinema e tv. Di recente ho accettato la sfida di interpretare un personaggio decisamente difficile, quello del nazista Hermann Goering, in un film sul processo di Norimberga.
Immagino, ma tu sei molto impegnato anche sul fronte della diffusione musicale.
Si, ho creato un’associazione che, in collaborazione con i Conservatori, porti la musica ad esempio nelle Case di riposo.  Credo sia un dovere far sentire ancora vive gli anziani che vivono spesso vengono abbandonati in un mondo a parte. Poi amo insegnare, tenere delle masterclass.

La prima cosa che spieghi a un tuo allievo?
Sapere dire di no, aspettare e soprattutto il rigore e la continuità nello studio, senza mai adagiarsi sugli allori e anche non lasciarsi mai troppo condizionare troppo dall’esterno.
Tu come sei arrivato a fare il cantante lirico?
Non certo per le vie normali. Ero insegnante di ginnastica e, soprattutto, un giocatore di Rugby in una importante squadra francese. Cantavo sempre sotto la doccia e, da fuori, qualcuno mi ascoltò e mi disse di farmi ascoltare da qualcuno e studiare canto. Così, curioso come sono, all’età di 20 anni mi presentai al Conservatorio di Toulouse,  come un “turista”. Feci un’audizione cantando una canzone di Gilbert Becaud, visto che di opera non ne sapevo assolutamente nulla. Mi andò comunque bene, visto che iniziai a studiare. Ovviamente lasciai il rugby e quindi andai quindi a Parigi dove debuttai come Papageno. Posso quindi dire che la mia vocazione al canto è partita dalla…doccia!
La tua famiglia ha influenzato le tue scelte ?
Inizialmente non è che la mia famiglia fosse entusiasta. La musica non interessava a nessuno, ma non mi impedirono di studiare. Non fu  facile iniziare a 20 anni,  senza saper leggere una nota.  Fu una grande sfida e la mi più grande soddisfazione è stata poter arrivare a cantare opere difficili come Wozzeck di Berg o ancor più Un re in ascolto di Berio.
Un tuo rimpianto?
Credo sia quello che ti ho già detto. Anche se ho fatto una carriera più che rispettabile, mi è mancato quell’equilibrio, tra l’essere il cantante e l’interprete. Spesso quest’ultimo ha soverchiato l’altro.
Letture preferite?
Biografie e libri di approfondimento su questioni economiche. Sono molto attento alle questioni dell’economia mondiale e anche sull’Europa. Mi reputo un convinto europeista! Anche se sono un “artista” non mi piace vivere fuori dal mondo, ignaro di quello che avviene intorno a me.
Di che cosa hai più paura?
Per me stesso non ho delle paure, mi preoccupo maggiormente  del benessere fisico delle persone che amo. In generale poi mi preoccupano le questioni legate alla salvaguardia dell’ambiente al benessere mondiale.
Come guardi alla tua carriera futura?
Guardo a Wagner, Alberich in modo particolare. Valery Gergiev, tempo fa mi disse che la mia vocalità andrebbe benissimo per Boris. Io rimasi perplesso ma lui mi disse di guardare lo spartito e, in effetti, devo dire che potrei cantare questa parte con un certo agio…..Vedremo se ne nascerà qualcosa….Ho cantato più di cento ruoli, anche troppi, adesso posso fare una maggiore attenzione.
La situazione per te più rilassante?
Forse quando leggo, ma in realtà non mi rilasso mai…Non ne ho il tempo! Lo farò da morto!
La Vacanza o il viaggio che vorresti fare
Non ricordo…Mia moglie mi dice che mi preoccupo di lei e delle mie due figlie, ma in realtà non ci sono mai. Non passo mai un periodo di vacanza con loro. Le invito a raggiungermi in qualche bel posto dove mi trovo, ma loro, giustamente mi dicono:”Che veniamo a fare, se tu lavori?”
Il tuo rapporto con il cinema, visto che sei anche attore?
Non ci vado frequentemente, se non per film che sono sicuro che mi possano piacere.
Il film più amato?
Certamente nel mio cuore c’è Il pranzo di Babette seguito da La vita è bella di Benigni.