Ravenna, Teatro Rasi – Ravenna Festival 2011
DE DIVINA PROPORTIONE
Allegorie numeriche in musica tra Rinascimento e contemporaneità ispirate all’opera di Luca Pacioli.
Spettacolo multimediale con danza e esecuzione di musiche rinascimentali con l’ensemble vocale Bella Gerit
Progetto e regia Simone Sorini, David Monacchi
Elaborazione video 3D Pierluigi Alessandrini
Mise en scène e luci Andrea Maria Mazza
Danza contemporanea Damien Fournier, Clio Gaudenzi
Andrea Angeloni, Luigi Germini tromboni
Matteo Bellotto basso
Angelo Bonazzoli controtenore
Enea Sorini baritono e salterio
Simone Sorini tenore e liuto
David Monacchi flauto, live electronics regia del suono
Simone Sorini direzione ensemble, tenore, liuto
David Monacchi regia del suono, spettrogrammi real –time, flauto
Ravenna, 16 giugno 2011
Uno spettacolo altissimo quello visto al Teatro Rasi di Ravenna nell’ambito del Ravenna Festival intitolato De Divina Proportione, allegorie numeriche in musica tra Rinascimento e contemporaneità ispirate all’opera di Luca Pacioli, matematico del 400 alla corte di Urbino. Gran parte della suggestione degli elementi annunciati nello spettacolo veniva già anticipata dal portato intellettuale sotteso all’evento: la musica, intesa programmaticamente come una disciplina scientifica, prima inter pares tra le arti liberali del quadrivium, diviene oggetto scenico e visivo (oltre che ovviamente sonoro) in un momento di continua visualizzazione grafica dei suoni in tempo reale operata da software di altissimo livello. Necessario quindi per lo spettatore anche informarsi sui principi cui si ispira il testo di Pacioli con la sua sezione aurea e le valenze attribuite ai poliedri regolari: ciò conferiva anche prima di assistere all’evento un fascino particolare; sapere per esempio che quello del Pacioli fu uno dei primi trattati umanistici ad essere pubblicato in volgare, che egli fu un allievo di Piero della Francesca, che le sue analogie delle figure geometriche con gli elementi costitutivi dell’universo, sono elementi che contribuivano notevolmente a rendere l’evento più fruibile e denso di interesse.
Il resto, non minore, delle sensazioni e della vertigine cui conduceva lo spettacolo era costituito dalle proiezioni degli spettrogrammi che seguivano le sinuosità polifoniche degli esecutori dello specialissimo gruppo vocale Bella Gerit; e non solo: sulla scena, di per sé nuda ma resa profondamente viva e varia dalle luci e proiezioni, vere e proprie apparizioni tridimensionali ruotanti di poliedri e figure geometriche intrecciate e avvolgenti su se stesse venivano attraversate da figuranti danzatori che mimavano e gestivano una simbolica epopea umanistico-rinascimentale in cui emergeva dall’informe buio del tempo la figura dell’uomo come misura delle cose in veste di microcosmo che rispecchia il macrocosmo dell’universo. L’ottimismo umanistico della corte urbinate di Federico da Montefeltro era l’immediato referente concettuale della parte visiva con i suoi trionfi e le sue teorie di figuranti: in particolare la nobile figura femminile (direi botticelliana, ma non le poteva essere estraneo un accenno alle linee falcate e alle agemine dei mosaici ravennati) in splendido costume quattrocentesco che col suo incedere recava in mano il poliedro cui si alludeva nelle proiezioni. Ampia descrizione dei rapporti numerici e delle valenze filosofiche assegnate alle proporzioni matematiche è reperibile sul programma di sala ora pubblicato sul sito.
La parte sonora dell’evento era preludiata dai suoni di strumenti contestuali all’epoca storica di Pacioli, e credo che sia la prima volta che un pubblico del XXI° secolo assistesse ad un’esecuzione al monocordo e al salterio (Enea Sorini); più antichi e di sapore medioevale questi, più rinascimentali e cortigiani il liuto (Simone Sorini), i tromboni filologici (Andrea Angeloni e Luigi Germini) dalla lunghissima impugnatura (senza la coulisse), infine il flauto (David Monacchi) . Indi la sublime parte vocale costituita da interventi continui per tutto lo spettacolo di esecuzioni polifoniche di specialisti quali Matteo Bellotto basso, Angelo Bonazzoli controtenore, Enea Sorini baritono e Simone Sorini tenore intonava, nella prima parte dello spettacolo, parti dell’ordinarium tratte dal manoscritto Urbinate Latino 1419: Kyrie, Gloria, Sanctus, Agnus Dei. L’ensemble di voci maschili ha trasfuso nella vocalità ogni intento arcaizzante e ricreativo di una prassi polifonica dando prova di saper variare nelle diminuzioni con cui si fiorivano alcune parti. Descrittivi e allusivi a una certa imitazione strumentale del tempo anche alcuni attacchi del controtenore Bonazzoli che simulavano il transitorio d’attacco della canna di certi organi d’epoca.
Il celebre mottetto celebrativo Nuper Rosarum Flores composto da Guillame Dufay e probabilmente diretto – diremmo organizzato – da lui stesso in Italia, in occasione della dedicazione del Duomo di S. Maria del Fiore alla Vergine Maria, nel giorno 25 marzo del 1436, è stato eseguito con rigore e consumata perizia da parte del gruppo Bella Gerit la cui attività specialistica è ormai nota a livello internazionale (notizie sul gruppo nonché saggi audio sono reperibilissimi sul web). La scelta del mottetto è motivata dalla sua struttura in quattro sezioni delle parti vocali del tenor e del contratenor (le voci principali) che fu costruita da Dufay secondo un preciso piano aritmetico correlato alle proporzioni dimensionali dell’architettura della chiesa dedicataria e della cupola del Brunelleschi in particolare. Si tratta di un mottetto celebrativo destinato alla celebrazione sonora solenne di grandi avvenimenti pubblici, ripartito in quattro voci (tenor, contratenor, motetus e triplum); la sua ossatura formale è costituita da un cantus firmus che i due tenores eseguono a note lunghe e ritmicamente sfalsata a distanza di una quinta sul motivo “Terribilis est locus iste”. Non solo esecutore vocale ma anche direttore dell’ ensemble e coautore del progetto e della regia era il M° Simone Sorini che è stato affiancato da David Monacchi; l’elaborazione video in 3D era di Pierluigi Alessandrini, la pregnante mise en scène e le luci di Andrea Maria Mazza, la danza contemporanea era affidata a Damien Fournier e a Clio Gaudenzi e infine, a tenere le fila della potente macchina alchemica dei live electronics, della regia del suono e degli spettrogrammi in real–time era sempre David Monacchi.