Il tempo di Mahler nel tempo di Principe

Macerata, 2 agosto, Cineteatro Italia
“IL TEMPO DI MAHLER”

Atmosfere e suggestioni musicali tratte dalle sinfonie e dai lieder di Gustav Mahler
Testi di Massimiliano Finazzer Flory, Alma Mahler, Gustav Mahler
adattamento a cura di Quirino Principe
Con Massimiliano Finazzer Flory
Voce narrante Quirino Principe
Coreografie Gilda Gelati
Macerata, 2 agosto 2011
Lo spettacolo di parole e musica Il tempo di Mahler ideato e realizzato da Massimiliano Finazzer Flory, trae il suo titolo da due elementi: il primo è il centenario della morte del compositore  avvenuta giovedì 18 maggio 1911 in una clinica di Vienna, ma già lo scorso anno si celebrava il centocinquantesimo anniversario della nascita di Gustav Mahler a Kaliṧtě ( sabato 7 luglio 1860) e si profilava la prospettiva di un biennio celebrativo. L’altro elemento a dare senso al titolo ed assume un significato essenziale se lo si legge come compimento della profezia che Mahler stesso profferiva spesso, secondo la testimonianza  di sua moglie Alma: Meine Zeit wird kommen (il mio tempo verrà). Dopo decenni di inattualità e di culto circoscritto a una cerchia di fedeli possiamo dire che è ormai giunta la pienezza del tempo in cui si sono rivelate la forza, l’originalità e la nobiltà nella musica mahleriana come espressione fondante del Novecento musicale. Oggi infatti ha pieno vigore il  tempo di Mahler poiché è divenuto uno dei musicisti più amati della tradizione occidentale e in Italia chi ha contribuito in tempi non sospetti  e ad altissimo livello a studiare la figura del compositore è proprio il Prof. Quirino Principe con il suo saggio fondamentale : Mahler, Rusconi 1983, Bompiani 2002. Lo spettacolo al Cineteatro Italia di Macerata lo ha visto protagonista con Massimiliano Finazzer Flory che rappresentava lo stesso compositore, mentre Principe, figura poliedrica e vagamente  misteriosa, incarnava un professore di lettere classiche che lo conobbe e collaborò con lui: sulla scena, in penombra e scarna, a destra la scrivania di Mahler, al centro una dormeuse su cui era adagiata Gilda Gelati e dalla quale si ergeva a tratti per accennare movimenti di danza; a sinistra un pianoforte verticale al quale sedeva Principe che, oltre a recitare perfettamente calato nella parte (e a memoria), si produceva come pianista sulla tastiera suonando passi musicali tratti dalle sinfonie e dai lieder di Gustav Mahler e creando atmosfere notevoli e sorprendenti suggestioni.
Quelle che costituivano il testo erano tutte parole di fonte mahleriana e di testimoni che hanno decifrato e illuminato la sua personalità come quelle di scrittori tanto ossessivamente amati dal compositore da offrirgli un terreno di identificazione o di doppia personalità come avvenne per il Dostoevskij dei Karamazov o per il finale del Faust di Goethe. Evidenti le simbologie: ove si pensasse di ravvisare nella figura di Finazzer Flory il lato più soggettivo della rappresentazione e in Principe quello più oggettivo, ci si accorge che i due punti di vista si intrecciano (ciascuno dei due occupa infatti la postazione che sarebbe più consona all’altro, l’amico letterato al pianoforte e il musicista alla scrivania) e al centro si colloca l’eterno femminino che rappresenta quel naturalismo verso il quale converge la Weltanschauung mahleriana. Gilda Gelati esce dalla sfera delle forme pure della disquisizione filosofica e dà figura e movimento alla femminilità sublimata il cui vertice è il goethiano Ewig-Weibliches. Gli altri due si scrutano dal centro della propria coscienza con la consapevolezza della propria dolente grandezza, ma straniandosi e considerandosi dall’esterno con le proprie fobie e nevrosi.
In particolare Quirino Principe nel confronto dialogico e dialettico con Finazzer Flory – Mahler è un insieme di diversi interlocutori, “ora in contesa irriducibile ora in un rapporto d’intesa incrollabile con Mahler e propone sulla scena le parole che la filosofia della musica dovrebbe far proprie senza compromessi: a un pianoforte povero e remoto egli tenta di far dire, in chiaroscuro, le parole che in assenza del canto, soltanto s’indovinano. Gianni Dallaturca (tromba) si nasconde con la massima evidenza affidando al suo strumento gli squilli e gli annunci perturbanti della natura della primavera e dell’ineluttabilità. ” Il tono dello spettacolo assume i contorni di una rievocazione autobiografica e di una esposizione critica che presenta il trionfo odierno della musica di Mahler (chi non conosce e riconosce l’adagietto della quinta sinfonia, colonna sonora de La morte a Venezia di Mann-Visconti?) ) non soltanto come una rivincita sul passato, ma riaffermando in un perenne e connaturato senso di qualità che la musica di Mahler è la musica nostra per eccellenza, la musica che oggi esprime meglio di qualsiasi altra il carattere della cultura d’Occidente o in dimensione più estesa il carattere di un’epoca tanto agitata dalla crisi quanto acuta nel capire la propria fisionomia. Il lavoro andato in scena lancia bene questa affermazione: il tempo di Mahler è per eccellenza e forse per destino il nostro tempo.
L’affermazione di una religiosità naturalista che scaturisce dal rapporto tra musica e filosofia, non il cristianesimo tormentato di Dostoevskij, né il freddo ateismo sono la sintesi che emerge dalla lettura del corpus di scritti mahleriani, bensì la ricerca della Natura perduta della quale l’uomo solitario vagante per l’universo come un bambino abbandonato ha bisogno. Al di là del valore altissimo dello spettacolo nel suo compito di esegesi degli scritti mahleriani e del suo pensiero musicale, il mero elemento spettacolare dell’evento è stato la capacità di Quirino Principe di proporsi nella pienezza delle sue competenze musicologiche, musicali, linguistiche, letterarie, filosofiche e teatrali; vederlo assumere la veste di studioso esegeta di Mahler e di fine disquisitore della filosofia della musica, poi recitare in modo impeccabile un testo non facile per diversi aspetti e infine eseguire comodamente al pianoforte passi di musica mahleriana ha mosso il pubblico alla simpatia e all’empatia che si sono aggiunte al riconoscimento della grandezza universale di questo grande studioso del nostro tempo.
Per gentile concessione di Musicult


2 Comments

  1. Quirino PRINCIPE

    Ho letto con lieta sorpresa e con vero piacere la recensione scritta dal M° Andrea ZEPPONI (che avevo avuto l’occasione di conoscere qualche tempo fa a un convegno) a commento della rappresentazione a Macerata dello spettacolo “Il tempo di Mahler”, ideato, curato e interpretato da Massimiliano Finazzer Flory, con la mia collaborazione per la scelta dei testi e per l’interpretazione in scena. – Oso dire (ed è per questo che mi soffermo a commentare la recensione, ché altrimenti non sarebbe mia abitudine farlo) che la recensione del M° Zepponi è quanto di più pregevole per qualità, e quanto di più efficare per incidenza, io abbia mai letto nella critica musicale e teatrale degli ultimi dieci anni…. e forse potrei anche dilatare il periodo di tempo.
    Lo spettacolo, molto seguito dal pubblico, tratta temi “alti” e tali da coinvolgere tutti e sempre: tocca corde ultresensibili nella fisionomia del pubblico, quali il dolore per la morte dei bambini, la disperazione dei trascurati e dei perdenti, l’irrfesistibile attrazione esercitata dalla femminilità sugli uomini di intensa attività intellettuale, la funzione dell’Eros nella società, la tronfia arroganza dei potenti stolidi e ignoranti…perché no, anche ile controversie e le cointese, sovente penose e degradanti, fra gli artisti e gli uomini di cultura in genere. Sotto questo aspetto, e poiché tocca con forza talora traumatizzante argomenti che riguardano qualsiasi donna o uomo di qualsiasi tempo, lo spettacolo potrebbe essere considerato “popolare”, e a un recensore sarebbe facile scivolare nella banalità e persino nella volgarità aneddotica. D’altra parte, “IL tempo di Mahler” tocca percorsi delicati e sottili della cultura occidentale, e il recensore che voglia darne una visione precisa corre il rischio di apparire elitario, “difficile”, eccetera (conosciamo la solita solfa, ripetuta spesso da chi teme che si vada a fondo, che siano sfiorati nervi dolenti, che si cominci a “fare sul serio” e concretamente!).
    Ebbene, il linguaggio di Andrea Zepponi, che non conoscevo ancora come giornalista culturale e come divulgatore di cultura militante, mi pare eccellente e adeguatissimo alla situazione e alla finalità recensoria. Zepponi trova sempre le parole giuste, esattamente calibrate tra esigenza di divulgazione e comprensione esatta di ciò che lo spettgacolo vuole significare e trasmettere al pubblico. Il nostro spettacolo, per sua fortuna, gode di gran favore presso il pubblico, che è sempre numeroso e caldo negli applausi. Perciò ci accade di leggere sempre molte e svariate recensioni. Ebbene, questo mi permette di istituire un raffronto, dal quale la scrittura di Zepponi esce vincente. Zepponi ha saputoi evitare i due scogli opposti: è riuscito a cominicare con linguaggio piano e attraente ciò che di per sé non sarebbe facile a spiegarsi in poche parole, e d’altra parte ha evitato brillantemente ogni volgarità aneddotica e ogni scipito “gossip” biografico. Bravo, bravo, complimenti, e questo AL DI LA’ del fatto che autori e interpreti lo ringraziano per il giudizio equanime, imparziale e privo di compiacimenti di maniera. Confesso che vorrei avere sempre, anche per altri spettacoli tutti miei, recensori simili a lui!
    Grazie per l’ospitalità e per l’attenzione QUIRINO PRINCIPE

  2. Quirino PRINCIPE

    Ho letto con lieta sorpresa e con vero piacere la recensione scritta dal M° Andrea ZEPPONI (che avevo avuto l’occasione di conoscere qualche tempo fa a un convegno) a commento della rappresentazione a Macerata dello spettacolo “Il tempo di Mahler”, ideato, curato e interpretato da Massimiliano Finazzer Flory, con la mia collaborazione per la scelta dei testi e per l’interpretazione in scena. – Oso dire (ed è per questo che mi soffermo a commentare la recensione, ché altrimenti non sarebbe mia abitudine farlo) che la recensione del M° Zepponi è quanto di più pregevole per qualità, e quanto di più efficare per incidenza, io abbia mai letto nella critica musicale e teatrale degli ultimi dieci anni…. e forse potrei anche dilatare il periodo di tempo.
    Lo spettacolo, molto seguito dal pubblico, tratta temi “alti” e tali da coinvolgere tutti e sempre: tocca corde ultresensibili nella fisionomia del pubblico, quali il dolore per la morte dei bambini, la disperazione dei trascurati e dei perdenti, l’irrfesistibile attrazione esercitata dalla femminilità sugli uomini di intensa attività intellettuale, la funzione dell’Eros nella società, la tronfia arroganza dei potenti stolidi e ignoranti…perché no, anche ile controversie e le cointese, sovente penose e degradanti, fra gli artisti e gli uomini di cultura in genere. Sotto questo aspetto, e poiché tocca con forza talora traumatizzante argomenti che riguardano qualsiasi donna o uomo di qualsiasi tempo, lo spettacolo potrebbe essere considerato “popolare”, e a un recensore sarebbe facile scivolare nella banalità e persino nella volgarità aneddotica. D’altra parte, “IL tempo di Mahler” tocca percorsi delicati e sottili della cultura occidentale, e il recensore che voglia darne una visione precisa corre il rischio di apparire elitario, “difficile”, eccetera (conosciamo la solita solfa, ripetuta spesso da chi teme che si vada a fondo, che siano sfiorati nervi dolenti, che si cominci a “fare sul serio” e concretamente!).
    Ebbene, il linguaggio di Andrea Zepponi, che non conoscevo ancora come giornalista culturale e come divulgatore di cultura militante, mi pare eccellente e adeguatissimo alla situazione e alla finalità recensoria. Zepponi trova sempre le parole giuste, esattamente calibrate tra esigenza di divulgazione e comprensione esatta di ciò che lo spettgacolo vuole significare e trasmettere al pubblico. Il nostro spettacolo, per sua fortuna, gode di gran favore presso il pubblico, che è sempre numeroso e caldo negli applausi. Perciò ci accade di leggere sempre molte e svariate recensioni. Ebbene, questo mi permette di istituire un raffronto, dal quale la scrittura di Zepponi esce vincente. Zepponi ha saputoi evitare i due scogli opposti: è riuscito a cominicare con linguaggio piano e attraente ciò che di per sé non sarebbe facile a spiegarsi in poche parole, e d’altra parte ha evitato brillantemente ogni volgarità aneddotica e ogni scipito “gossip” biografico. Bravo, bravo, complimenti, e questo AL DI LA’ del fatto che autori e interpreti lo ringraziano per il giudizio equanime, imparziale e privo di compiacimenti di maniera. Confesso che vorrei avere sempre, anche per altri spettacoli tutti miei, recensori simili a lui!
    Grazie per l’ospitalità e per l’attenzione QUIRINO PRINCIPE

Lascia un commento