Jesi, Teatro Studio V. Moriconi, XI° Festival Pergolesi Spontini
“L’OLIMPIADE”
Melodramma in tre atti di Pietro Metastasio
musica di Giovanni Battista Pergolesi
revisione critica a cura di Francesco Degrada e Claudio Toscani
Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini
Megacle SOFIA SOLOVIY
Licida JENNIFER RIVERA
Argene YETZABEL ARIAS FERNANDEZ
Aristea LYUBOV PETROVA
Alcandro MILENA STORTI
Clistene RAUL GIMENEZ
Aminta ANTONIO LOZANO
Accademia Montis Regalis
direttore Alessandro De Marchi
regia Italo Nunziata
scene Luigi Scoglio
costumi Ruggero Vitrani
luci Patrick Latronica
Allestimento della Fondazione Pergolesi Spontini
Jesi, 8 settembre 2011
Nell’ambito del Pergolesi Spontini Festival, il Teatro Studio Moriconi di Jesi alias Auditorium San Floriano ha ospitato L’Olimpiade, melodramma in tre atti di Pietro Metastasio (revisione critica a cura di Francesco Degrada e Claudio Toscani, Edizioni Fondazione Pergolesi Spontini). L’edizione riprendeva quella del 2002 che era stata di grande successo. Eleganza e stile hanno contrassegnato anche questa messa in scena dove lo spazio dell’auditorium è stato sfruttato totalmente non solo in senso scenico, ma anche musicale: lo spettacolo, concepito per uno spazio diverso da quello tradizionalmente teatrale, in una chiesa ellittica di architettura barocca, si articolava in una postazione centrale attorno alla quale era seduto il pubblico.
Gli artisti agivano su passerelle che attraversavano gli spazi riservati al pubblico ed in alto, sulle tribune della balconata circolare; l’orchestra suonava sul piccolo palcoscenico dell’auditorium e, durante l’aria “di tempesta” Torbido in volto e nero, una sezione orchestrale si dislocava su una delle tribune sopraelevate con uno straordinario effetto di rimando sonoro. La bellezza continua alla quale si assisteva vedendo i costumi di cantanti e figuranti (tutti rigorosamente in costume settecentesco trasfigurato da tessuti che ricordavano la superficie marmorea e da maschere calate sui volti) e la loro gestualità accesa di classicismo, avvolgeva tutto lo spettacolo e anche gli stessi spettatori: l’operazione, riuscitissima ancora una volta, ha messo in luce l’estro e la giustezza delle scelte di interpreti e co-interpreti muti sulla scena: i figuranti formavano nei momenti lirici una vera e propria scenografia umana composta di tableaux vivants e il grande livello della compagnia di canto e della direzione musicale coronava un evento artistico che rappresenta il vertice dell’opera seria pergolesiana. Giovanni Battista Pergolesi compose L’Olimpiade a Roma nel 1735, cimentandosi per la seconda volta con un libretto di Pietro Metastasio, allora Poeta cesareo alla corte di Vienna. Nonostante l’iniziale insuccesso sul palcoscenico del teatro romano di Tor di Nona, l’opera conobbe una straordinaria diffusione dopo la morte del suo autore, fino a diventare il paradigma dell’opera seria settecentesca.
Ottant’anni dopo Stendhal la celebrava come il vertice del melodramma del XVIII secolo. Spiega Italo Nunziata: “Nella vicinanza emotiva tra gli spettatori e il loro essere circondati dallo spazio scenico sul quale agiscono i cantanti, nella compresenza empatica di chi si esprime attraverso la musica e di chi la fruisce, vogliamo ridar vita oggi, come nove anni fa, al bellissimo meccanismo teatrale costruito da Pergolesi e Metastasio. Un congegno attraverso il quale la trama, gli affetti, la voce, il gesto e la musica assolvono una funzione catartica fondamentale del teatro, per molti versi simile al teatro di sempre come a quello contemporaneo”.
Se c’è un’opera che può essere indicata come simbolo di un festival, e tutti i festival di livello ne hanno, per il Pergolesi Spontini Festival questa è senz’altro l’Olimpiade, con la sua aura mitica che viene corroborata ancora una volta da interpreti che si mettono in luce nella palestra del belcanto pergolesiano: anche questa volta come nel 2002 abbiamo assistito all’esibizione di giovani e ben promettenti vocalità e non solo, a cominciare da Raul Gimenez in Clistene, raffinato tenore dalla solida vocalità riconoscibile in ogni stagione della carriera, quindi Sofia Soloviy in Megacle, che esordendo nell’aria Superbo di me stesso ha messo in campo una capacità di registro notevole, ma non ancora a fuoco la copertura degli acuti da rodare viepiù nel canto picchiettato come in quello di sbalzo e i ribattuti di Torbido in volto e nero non erano sempre scanditi; Jennifer Rivera in Licida, dalla vocalità leggera, sensibile nella zona medio grave, necessaria per interpretare un pezzo di bravura come Qual destrier che all’albergo è vicino dalla impetuosa orchestrazione; peraltro grande prova di legato e di mezze voci, fino ai suoni a bocca chiusa di insolita collocazione in cadenza nell’aria “di sonno” Mentre dormi amor fomenti; il suo virtuosismo si estendeva perfino al cantare distesa nell’aria Nella fatal mia sorte; la Aristea di Lyubov Petrova ha esibito maggior spessore e completezza vocale del cast ed è risultata la più applaudita a partire dalla prima aria Tu di saper procura, brano tanto rappresentativo della sensibilità neoclassica pergolesiana; a Yetzabel Arias Fernandez in Argene è sfuggita la chance di imbroccare alcuni picchiettati nell’aria di Più non si trovano, ma non il carattere semiserio del brano (che anticipa tra l’altro nel senso del testo le tirate della Despina mozartiana) restituito tutto con incisività e pregnanza. Freschezza di colore e di agilità quelle del tenore Antonio Lozano in Aminta con elegantissima presenza scenica e di gesto evidenti dal primo recitativo iniziale alla prima aria (l’esecuzione presentava diversi tagli nei tre atti) Siam navi all’onde algenti, Milena Storti in Alcandro ha dato il suo contributo di colore contraltile al personaggio facendo percepire il mancato impiego di un buon controtenore. Il rigore stilistico unito alla dovizia di colori degli strumenti originali, tra cui due tiorbe, arpa antica e due clavicembali al continuo, sono state le linee portanti della direzione di Alessandro De Marchi che ha già diretto, sempre con l’Academia Montis Regalis, la prima registrazione integrale de L’Olimpiade di Pergolesi durante le recite al Festival di Innsbruck e a Vienna al Theater an der Wien. In particolare la fermezza delle scelte di tempo e del gesto direttoriale è stata applicata con successo ed efficacia nei momenti dove gli stacchi imrovvisi, l’accelerando e il diminuendo rendono il ritmo così sfuggente e arduo da gestire: vedi la celebrata Se cerca, se dice in cui i valori del testo e delle sue pause retoriche sono stati tutti onorati e ricreati da una sovrana capacità di illuminare i suoni e di consegnarli al silenzio in modo espressivo e coerente. Foto Binci