Parigi, Opéra Bastille:”Pikovaja Dama” (La dama di picche)

Parigi, Opéra Bastille, Stagione Lirica 2011/2012
“PIKOVAJA DAMA”  (La dama di Picche)
Opera in tre atti e sette quadri su libretto di Modest Il’c Cajkovskij dal racconto omonimo di Alexander Pushkin
Musica di  di Pëtr Il’ic Cajkovskij 
Hermann VLADIMIR  GALOUZINE
Conte Tomsky EVGENY NIKITIN
Principe Eletsky LUDOVIC TEZIER
Tchekalitsky MARTINE MUHLE
Sourine BALINT SZABO
La Contessa LARISSA DIADKOVA
Lisa OLGA GURYAKOVA
Pauline VARDUHI ABRAHAMAYAN
Macha NONA JAVAKHIDZE
Orchestra e Coro dell’Opéra National de Paris
Voci bianche, Maîtrise des Hauts-de-Seine
Direttore Dmitri Jurowski
Maestro del Coro Alessandro di Stefano
Regia Lev Dodin
Scene David Borovsky
Costumi Chloé Oborensky
Luci Jean Kalman
Coreografie Yuri Vasilkov
Coproduzione con la  Nederlandse Opera Amsterdam e  Teatro Comunale di Firenze
Parigi, 26 gennaio 2012 
In questa magnifica produzione de La Dama di Picche, il regista Lev Dodin ha cercato di essere fedele all’originale di Pushkin. Egli crea deliberatamente certe situazioni che, nonostante la loro apparente incoerenza, conferiscono grande tensione all’intreccio. Per esempio, la prima parte dell’opera inizia con un flash-back: Hermann è già impazzito ed è internato in un ospedale psichiatrico. Si vedono tutti i personaggi passare dalla sua stanza d’ospedale, come dei fantasmi della sua mente. Hermann rimane un paziente per tutto lo svolgimento dell’opera.Se per apparentemente assurda, questa soluazione ha creato un clima di grande tensione drammatica anche grazie alle ottime capacità attoriali di tutto il cast.
L’incredibile impianto visivo di David Borovsky ancora più amplifica il senso di solitudine scenica di  Hermann. Questa scelta chiaramente registica è ben realizzata dalle scene. La scenografia è inframezzata da una grande parete che successivamente si apre per rivelare i vari ambienti. Ad esempio,  il palazzo della Contessa è realizzato da una serie di staue greche ed una una grande scalinata laterale. Al suo apparire l’effetto è veramente stupefacente.
Il direttore d’orchestra Dmitri Jurowski ha concertato in modo straordinario. La sua visione della magnifica partitura di Cajkovskij è stata sempre fluida, appassionata, ricca di colori. In molti momenti, i suoi crescendo e diminuendo avevano del miracoloso. Davvero un grande direttore d’orchestra al quale, alla fine il pubblico ha tributato un’autentica ovazione.
Il tenore Vladimir Galouzine è stato un Hermann straordinario. La sua voce è uno strumento perfetto per questa musica, massiccia, ampia e dotata di tutto il pathos delle sonorità russe. Sa essere tenero e selvaggio. Nel duetto con Lisa ha dimostrato di come sia capace di sfumature di pianissimo senza indebolire l’intensità della frase. Larissa Diadkova (La Contessa) è in possesso di un magnetismo scenico incredibile. Riesce perfettamente quel polo d’attrazione per Hermann, minato dalla dipendenza per il gioco d’azzardo è più forte che gli impedisce di amare veramente Lisa, che rappresenta solo un mezzo per arrivare a carpire il segreto delle tre carte. Emblematica, in tal senso la scena in cui Hermann si reca di notte negli appartamenti della Contessa, dopo la celebre pagina  “Je sens mon coeur qui bat…”, i due intrecciano una lenta danza tra le statue greche.
Il mezzosoprano Varduhi Abrahamyan (Pauline) ha cantato la sua ballata con un bel controllo della voce, con tono uniforme senza ricorrere a facili effetti di voce di petto, puntando a generare un senso di climax a cui è seguito un anti-climax  alla fine del brano, e sfoggiando straordinarie mezze tinte nelle note centrali della voce. Di grande effetto la successiva “danza russa” che  Pauline ha cantato con  ritmo serrato.
Il baritono Ludovic Tézier (Principe Eletski) ha cantato dimostrando di aver intelligentemente compreso il suo ruolo e con un ricco uso del canto legato: ad esempio, Tezier ha affrontato la chiusura della sua aria con un magnifico effetto che dal piano si rinforza con una messa di voce senza distorsioni di tono o timbro.  Non ha del tutto convinto invece il soprano Olga Guryakova (Lisa). Attrice ammirevole, sul piano vocale ha mostrato qualche limite nell’intonazione. Mentre cantava dei suoi sogni adolescenziali, la voce della Guryakove è sembrata cedere al contenuto emotivo di ciò che stava cantando, ossia un po’ troppo singhiozzante. Nel cantare Cajkovskij, per “tener testa” all’orchestra, avrebbe dovuto far maggior ricorso al rubato nell’affrontare certi versi, anticipando alcune note e cantando più liberamente ma  la sua linea di canto mancava di un vero controllo.
Il basso-baritono Evgeny Nikitin (Conte Tomski) è sembrato pericolosamente vicino ai propri limiti vocali, spesso perdendo il controllo del registro acuto. Prove convincenti per Martin Mühle (Tchekalinski), Balint Szabo (Sourine).  Il Coro dell’Opéra di Parigi, con le voci bianche le Maîtrise des Hauts-de-Seine, è stato eccezionale in quest’opera, senza dubbio grazie al lavoro del direttore Alessandro di Stefano. Il loro canto si è distinto per le grandi omogeneità e chiarezza e per il fraseggio sempre ben curato. Grande successo di pubblico, in particolare per il direttore Jurovski e Galouzine. Foto Opéra national de Paris/ Elisa Haberer