Roma, Caracalla Festival 2012:”Norma”

Teatro Dell’Opera di Roma, Terme di Caracalla – Stagione Estiva 2012
“NORMA “
Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani.
Musica di Vincenzo Bellini
Pollione FABIO SARTORI
Oroveso  RICCARDO ZANELLATO
Norma JULIANNA DI GIACOMO
Adalgisa CARMELA REMIGIO
 Clotilde ALESSIA NARDIN
Flavio ENRICO COSSUTTA
Coro e Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma
Direttore Gabriele Ferro
Regia Andrea De Rosa
Impianto Scenico Andrea De Rosa e Carlo Savi
con interventi di Matthew Spender
Costumi Alessandro Ciammarughi
Luci Pasquale Mari
Nuovo allestimento
Roma, 27 luglio 2012
Non si può proporre ad un pubblico, per quanto composito come quello delle Terme di Caracalla, una Norma di Bellini senza “Norma”, come quella presentata in questi giorni per la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma. La protagonista, il giovane soprano californiano Julianna Di Giacomo, afflitta da una fastidiosa laringite (annunciata peraltro un po’ tardivamente all’inizio del secondo atto) non ha convinto nella sua interpretazione. Già dal recitativo d’entrata “Sediziose voci…”, il timbro è apparso poco gradevole così come poco nitida l’articolazione della frase. Dopo un “Casta diva” appena sufficiente, anche un po’ sostenuta dai tempi del direttore d’orchestra, sono emerse difficoltà nel registro acuto via via sempre più palesi con punte di disagio estremo nella cabaletta “Ah bello a me ritorna”. Nel prosieguo della recita la cantante ha alternato momenti accettabili nei recitativi e nei cantabili, a evidenti defaillances nei passaggi prettamente belcantistici, quali alcune sezioni dei duetti con Adalgisa fino al terribile “Adalgisa fia punita” nel duetto con Pollione. Nel complesso, pur con le attenuanti dovutele, la Di Giacomo è apparsa veramente inadeguata al ruolo.
Il tenore Fabio Sartori, dopo qualche incertezza iniziale in “Meco all’altar di Venere”, è cresciuto nel corso dell’opera, raffigurando un Pollione credibile, anche se con qualche accento stentoreo di troppo, con “effetto lacrima” incorporato. Carmela Remigio, nel ruolo di Adalgisa, è stata sicuramente la migliore della serata, sebbene la frequentazione di ruoli eccessivamente spinti le abbia opacizzato un po’ il timbro e l’emissione inizi a far avvertire un accenno di fastidioso vibrato. Particolarmente espressiva nel duetto con Pollione, è stata l’unica a trasmettere emozioni anche grazie alla sua fisicità. Funzionale l’Oroveso di Riccardo Zanellato, che ha cantato con correttezza le due grandi arie. Buoni gli interpreti minori.
L’Orchestra del Teatro dell’Opera, guidata da Gabriele Ferro, direttore di fama internazionale ed esperto di questo repertorio, ha mostrato in diversi passaggi evidenti sfasature con il palcoscenico. Accettabile la prestazione del Coro diretto da Roberto Gabbiani. Per quanto concerne la parte visiva dello spettacolo, è risultata deludente la messinscena di Andrea De Rosa.
Di impronta minimalista l’impianto scenico realizzato dallo stesso regista in collaborazione con Carlo Savi e Matthew Spender, con qualche suggestione come il disco lunare o la quercia intagliata che si solleva. Regia statica, quasi inesistente, con pochi movimenti stereotipati. Alcune scene appaiono di particolare ingenuità, quali ad esempio quel ruotare ossessivo attorno ad un cero di Norma e  poi di Adalgisa: quest’ultima poi spargendo continuamente grani di sabbia a terra durante la sua prima aria. Molto brutto quel paravento che assomiglia a una tenda di separazione tra degenti in un ospedale, che dovrebbe rappresentare l’abitazione di Norma, e dietro al quale si vengono a collocare, spesso anche con impaccio vocale, i protagonisti.
Infine eccessi di realismo, al limite del verismo in quel continuo agitare di pugnale da parte di Norma su Pollione, verso la fine dell’opera, molto più adatto a uno scontro tra Santuzza e Turiddu che non alla contrapposizione tra la druidica sacerdotessa e il proconsole romano. I costumi di Alessandro Ciammarughi, pur nella loro dignità, sono apparsi estranianti, in particolare quello di Pollione, di non chiara collocazione temporale. In definitiva uno spettacolo che complessivamente delude e in parte può essere accettabile per la forte suggestione visiva esercitata dal luogo dove si svolge. Foto Lelli & Masotti