Ravello: Eleonora Abbagnato Classic/Rock Dance: Da Mahler a Vasco Rossi

Ravello, Belvedere di Villa Rufolo, Ravello Festival 2012
ELEONORA ABBAGNATO CLASSIC/ROCK DANCE: DA MAHLER A VASCO ROSSI
a cura di Daniele Cipriani
Danzatori
Eleonora Abbagnato, Opéra di Parigi
Silvia Azzoni, Balletto di Amburgo
Jean-Sébastien Coleau, Etoile internazionale
Giuseppe Inga, Balletto Teatro di Torino
Manuela Maugeri, Belletto Teatro di Torino
Vito Pansini, Balletto Teatro di Torino
Benjamin Pech, Opéra di Parigi
Oleksandr Ryabko, Balletto di Amburgo
Antonio Sisca, Balletto Teatro di Torino
Coreografie  Davide Bombana, Matteo Levaggi, John Neumeier, Roland Petit 
Musiche  Georges Bizet, Fryderyk Chopin, Léo Delibes, Hildur Gudnadóttir, Jimi Hendrix, Gustav Mahler,
Queen, Vasco Rossi, Camille Saint-Saëns, Rolling Stones, Piotr Il’IliĉTchajkovskij
Ravello, 4 agosto 2012
Un palcoscenico sospeso nell’azzurro del mare, i giardini variopinti di Villa Rufolo, il chiaro di luna, una brezza leggera. Non si potrebbe chiedere di meglio come cornice per una serata di balletto e tutto questo è possibile al Ravello Festival, che, come ogni anno, ospita danzatori e coreografi di altissima levatura artistica. Così è stato anche questa volta, in uno spettacolo di gala dal programma decisamente innovativo, mirato a conquistare il plauso di una vasta platea, attraverso il connubio di classici (in vero sarebbe meglio dire “neoclassici”) e rock. Come scrive Roger Salas, «Il balletto, nel corso della storia, è sempre stato legato alla nuova musica. La musica e la danza sono cresciute e si sono evolute di pari passo, come un tutt’uno indivisibile che si adatta ai tempi, alla ricerca di un nuovo linguaggio sia fisico sia sonoro comune ad entrambe le forme d’arte. Rock e danza si intrecciano perché entrambi vivi». Ebbene, è da ammettere – indipendentemente dai gusti personali –  la palese riuscita di un accostamento che ha permesso di gustare una riuscitissima serata di balletto. Un piccolo appunto iniziale, per dovere di precisione, va fatto alla scelta del titolo della serata: «Classic/Rock Dance: da Mahler a Vasco Rossi». Sarebbe stato più corretto citare l’intero arco cronologico musicale utilizzato, partendo dal compositore più remoto, e quindi «…da Chopin a Vasco Rossi», per dare l’idea dell’effettiva estensione cronologica delle composizioni scelte e comprendendo, di conseguenza, tutti gli autori che hanno attraversato l’arco di tempo intercorrente fra i due estremi.
La forte alternanza di quadri neoclassici e moderni ha mantenuto viva l’attenzione fino alla fine, sollevando applausi sonori. Di indiscutibile valore i tre brani di John Neumeier, interpretati da Silvia Azzoni e Oleksandr Riabko. A loro due sono affidati  i passi a due tratti dal balletto Sylvia e Third Symphony of Gustav Mahler, il primo rivisitazione di un grande classico del repertorio tradizionale, il secondo difficilissimo Passo a due “astratto”, infarcito di virtuosismi. Ma il brano certamente più impegnativo (e più acclamato) della serata, è stato lo splendido Pas de deux (noir Pas de deux) tratto da La Dama delle Camelie. La versione coreografica di Neumeier, creata nl 1978 per Marcia Haydée e il Balletto di Stoccarda, è un capolavoro di dance drama. Un balletto  narrativo, tratto dal romanzo di Alexandr Dumas figlio (1848), entrato nel repertorio del Ballet de l’Opéra National di Parigi. Marguerite, ormai consunta dalla malattia, si reca dal giovane Armand per chiedergli di non umiliarla e, in uno straziante vis à vis, i due sembrano ritrovare l’intesa perduta. La Ballata in Sol minore op. 23 di Chopin si presta magnificamente alla descrizione del contrasto emotivo che si genera dall’incontro. L’esordio, quasi un preludio, dà voce alle paure che i due amanti provano nel ritrovarsi. Il crescendo centrale porta all’esplosione di un tema che diventa “d’amore”, mentre la passione ritrovata ondeggia sul rapido susseguirsi delle scale e degli arpeggi. Ottima l’interpretazione della Azzoni, che alla tecnica raffinata sa associare lirismo e intensità drammatica, e del suo partner Riabko.
La novità assoluta per il pubblico è stata, però, la messa in scena delle coreografie di Matteo Levaggi, coreografo stabile del Balletto Teatro di Torino, in prima assoluta. Another One Bites The Dust, su musica di Hildur Gudnadóttir e dei Queen, è un quadro per una danzatrice e tre danzatori (Manuela Maugeri, Giuseppe Inga, Vito Pansini, Antonio Sisca). A parte alcuni momenti, il lavoro non appare particolarmente interessante dal punto di vista strettamente coreografico. Molto bravi tecnicamente tutti e quattro i giovani danzatori, qualcuno forse un po’ troppo “palestrato” e privo di carisma scenico, troppo narcisisticamente assorbito dall’esposizione della propria fisicità. Ma, si sa, questi sono peccati di gioventù, così come l’insistenza sulle sinuosità dei corpi maschili e l’eccessiva elevazione delle gambe – che sarà anche di gran moda in questo momento storico, ma di sicuro involgarisce la figura e la avvicina al contorsionismo ginnico, distogliendo l’attenzione dalla danza vera e propria. Decisamente più interessanti le altre creazioni di Levaggi, Foxy Lady su musica di Jimi Hendrix, Le Vergini (Pas de Deux) su l’Adagio del primo atto de La bella addormentata di Tchjajkovskij, Angie dei Rolling Stones, in cui le doti tecniche degli interpreti vengono messe in risalto da una elaborazione coreografica di notevole interesse.
In ultimo, la  protagonista della serata, Eleonora Abbagnato, ha scelto per sé un repertorio non proprio brillante. Fatta eccezione per la tenera poesia del Pas de deux tratto da L’Arlesienne, di Roland Petit, su musica di Bizet, brano per lo più scelto per esaltare la figura maschile, la Abbagnato ha danzato in un’altra coreografia del Maestro, Proust ou les Intermittences du coeur – La prisoniérre (pas de deux), musica di Saint-Saës, accompagnata da un anonimo Jean-Sébastien Colau, in cui il pubblico ha potuto apprezzare i volteggi leggiadri della tanto attesa danzatrice. L’a solo finale, sulle note di Ad ogni costo di Vasco Rossi, su coreografia di Davide Bombana, vede la danzatrice palermitana alle prese con uno stile molto diverso da quello cui è avvezza, ma in cui sembra molto a proprio agio. A parte il punto di vista personale del recensore, anche gli applausi del pubblico sono sembrati meno calorosi di quanto ci si aspettasse, per il nome di punta del cartellone. La Azzoni ha conquistato il pubblico di Ravello danzando brani molto “forti”, sia dal punto di vista  tecnico sia emozionale. La Abbagnato, talvolta sopravvalutata dalla critica nostrana anche per affetto verso chi ha, a dispetto dei francesi così nazionalisti, raggiunto (con nostra gioia e lodi infinite) le vette dell’Opéra di Parigi, non ha evidentemente dato il meglio si sé. Questo non vuol dire certo che abbia danzato male, ma forse dovremmo riflettere sull’effetto che, a volte, la televisione opera sulla massa e sulla realtà che, al contrario, ridimensiona sovente i miti mediatici. Con buona pace dei fans innamorati della bionda Eleonora. Il sipario di stelle è calato sulla simpatia dei ringraziamenti poco sincronizzati con i tecnici delle luci, per cui il povero Benjamin Pech si è ritrovato solo, nell’ultima chiamata di applausi non avvertita dagli altri danzatori, a concludere con una piroettante e divertente alzata di spalle una serata di grande Danza, nella notte di Ravello. Foto Pierfrancesco Cioffi