Milano, Teatro alla Scala: “Falstaff”

Milano, Teatro alla Scala – Stagione d’Opera e Balletto 2012/2013
“FALSTAFF”
Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito, dalla commedia “The merry Wives of Windsor” e dal dramma “The History of Henry the Fourth” di William Shakespeare.
Musica di Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff AMBROGIO MAESTRI
Ford MASSIMO CAVALLETTI
Fenton FRANCESCO DEMURO
Dott. Cajus CARLO BOSI
Bardolfo RICCARDO BOTTA
Pistola ALESSANDRO GUERZONI
Mrs. Alice Ford CARMEN GIANNATTASIO
Nannetta IRINA LUNGU
Mrs. Quickly DANIELA BARCELLONA
Mrs. Meg Page LAURA POLVERELLI
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala
Direttore Daniel Harding
Maestro del Coro Bruno Casoni
Regia Robert Carsen
Scene Paul Steinberg
Costumi Brigitte Reiffenstuel
Luci Robert Carsen e Peter Van Praet
Nuova produzione Teatro alla Scala
In coproduzione con Royal Opera House, Covent Garden, Londra;
Canadian Opera Company, Toronto
Milano, 20 Gennaio 2013

Le celebrazioni scaligere per il bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi, si aprono con il “Falstaff”, immenso capolavoro di teatro in musica, nonché sorprendente testamento artistico del compositore italiano più rappresentato e, forse, più amato nel mondo. Per l’occasione, la Scala si avvale della regia di Robert Carsen, il quale realizza uno spettacolo eccellente sotto tutti i punti di vista, in grado di rendere giustizia alla vicenda di matrice shakespeariana, permeando il tutto con una spolverata di originalità visiva.
Carsen ambienta la storia nell’Inghilterra del 1950, in un ampio set che riproduce gli ambienti frequentati dall’alta borghesia del tempo. Il primo atto e parte del secondo si riassumono interamente nelle varie sale di un grand hotel. Il colpo d’occhio alla prima apertura del sipario è spettacolare: Sir John giace spaparanzato su di un enorme letto, indossando un intimo integrale oscenamente lercio, circondato da almeno una dozzina di carrelli per il servizio in camera sommersi di avanzi di cibo di ogni sorta; ovunque, macchie di vino, bottiglie vuote e disordine assoluto. Il secondo quadro mostra le protagoniste femminili (che indossano gli splendidi costumi “fifities” firmati da Brigitte Reiffenstuel) allegramente riunite per un brunch presso il ristorante dell’albergo; a questo proposito, risulta particolarmente riuscita l’idea di far vestire a Fenton i panni di un cameriere piuttosto distratto nel servizio, ma dotato di tale abilità da riuscire ad amoreggiare con Nannetta tra una portata e l’altra, sotto lo sguardo incuriosito (e chiaramente favorevole) delle altre comari. Brillantissima la collocazione scenica escogitata per la prima visita di Quickly a Falstaff: la buffa messaggera s’introduce senza tanti scrupoli in una di quelle riservatissime sale di ricreazione destinate ai soli gentlemen, turbando, con modi sbarazzini e civettuoli, i signori ospiti intenti ora nella lettura, ora nell’assaporare un bicchiere di buon whisky, oppure concentrati in un match di scacchi. Subito dopo, a terminare l’azione di disturbo iniziata da comare Quickly, l’apparizione di Ford, agghindato come un super-ricco texano con tanto di completo pacchianamente dorato e cappello da rodeo, suscita l’ilarità del pubblico e si dimostra intuizione vincente. L’appuntamento a casa di Alice, poi, si svolge in una coloratissima maxi-cucina, fornita di ogni elettrodomestico in voga all’epoca (un plauso allo scenografo Paul Steinberg), mentre il momento clou della “seduzione” prende forma attorno ad un tavolo imbandito (la centralità del piacere del cibo è ampiamente sottolineata) quando Sir John affetta voluttuosamente un enorme tacchino al forno (vero), riservando per se stesso una gigantesca porzione che scatena le risate degli spettatori. Il terzo atto rivela un Falstaff fradicio ed intirizzito che, all’interno di una scuderia, cerca il tepore ed, invano, la comprensione di un cavallo in carne ed ossa, al quale confida le proprie amare riflessioni esistenziali. L’ultimo quadro dell’opera perde appeal, soprattutto a causa dell’assenza di qualsivoglia elemento che richiami alla foresta stregata, a parte il solo fondale stellato, ma, anche qui, Carsen gioca una delle sue carte migliori, trasformando, nell’arco di poche battute, l’esterno notturno e desolato in una festosa e luminosissima sala da pranzo apparecchiata che fa da sfondo al finale dell’opera “Tutto nel mondo è burla”.
Sul versante musicale, la direzione di Daniel Harding non ha destato l’entusiasmo che ci si auspicava: metronomica, pressoché priva di fantasia e tocco personale, tutta improntata al turgore sonoro, decisamente avara di colori e nemmeno riscattata da un virtuosismo sinfonico degno di nota (l’introduzione all’atto terzo avrebbe potuto essere molto più rutilante). L’orchestra di Harding non sorride, non scherza, non gioca con la musica, così come si vorrebbe sentire. In definitiva, sembra che il giovane direttore (forse preoccupato di “far bene” in un’opera di difficile esecuzione) abbia scordato lo spirito con cui Verdi (ottuagenario, ma capace di comporre, con maestria somma, una musica fresca, frizzante e viva come non mai) si sia dedicato alla stesura di un simile capolavoro.
Il cast di voci ha offerto una prova molto buona, con punte di eccellenza nel Falstaff di Ambrogio Maestri. Il baritono pavese frequenta il ruolo del protagonista sui maggiori palcoscenici da oltre dieci anni e ne viene a capo con grande bravura. Dal punto di vista vocale, il suo strumento è possente in tutta la gamma, il timbro risulta sempre gradevole e l’emissione si mantiene ovunque morbida. Nei momenti sinfonici più densi, il canto di Maestri, caratterizzato da un’ottima dizione, svetta senza alcun problema ed appaga anche l’ascoltatore più esigente in materia di volume. Il fraseggio e l’interpretazione in generale non paiono né estremamente miniati e rifiniti, né tantomeno gretti o villani, ma rimangono lodevolmente sul filo dell’equilibrio e della correttezza. Manco a dirlo, il cantante sa ispirare simpatia ed affetto, anche grazie all’evidente fusione fisica con il ruolo del maldestro seduttore. Il Ford di Massimo Cavalletti (subentrato in extremis all’indisposto Capitanucci) è ruvido al punto giusto, così come si conviene al personaggio. Ruvida è anche la vocalità del giovane baritono, sebbene di buona ampiezza e discretamente estesa in alto (del resto, il monologo sulla gelosia richiede un registro acuto molto solido). Francesco Demuro (Fenton) possiede un timbro forse poco seducente ed un’emissione che tende a chiudersi in corrispondenza del passaggio in acuto, con effetto piuttosto alienante, ma si dimostra attore sufficientemente disinvolto.
Il quartetto delle comari è capitanato dall’Alice brillante e sexy di Carmen Giannattasio, la cui vocalità, rotonda e di bel colore, sa farsi valere al pari del notevole décolleté, orgogliosamente esibito. La palma della migliore interpretazione va comunque a Daniela Barcellona la quale, pur mancando della risonanza sfoggiata da interpreti passate, compone un ritratto di Quickly molto divertente, calcando sul pedale della mimica e sull’uso di un linguaggio del corpo che richiama alla mente le scoordinate scorribande di Jerry Lewis. Irina Lungu dona a Nannetta la nota elegiaca che contraddistingue il suo timbro, adatta all’atmosfera lunare del “soffio etesio”, piuttosto che agli interventi nei concertati, rivelando nel contempo una spiacevole tendenza a cantarsi un po’ in bocca quando la voce gravita nei centri, oltre ad una scarsa articolazione della parola. Nella parte invero ingrata di Meg, Laura Polverelli fa il possibile per ritagliarsi il suo spazio, anche se, occorre sottolinearlo, fatica ad emergere a causa di un’emissione piuttosto discontinua.
In qualità di “spalle”, Carlo Bosi (Cajus), Riccardo Botta (Bardolfo) ed Alessandro Guerzoni (Pistola) assolvono il proprio compito, chi con onore (Bosi e Botta, pure ottimi attori), chi senza particolare lode (Guerzoni).  Foto Rudy Amisano © Teatro alla Scala

2 Comments

  1. mariagloria colnago

    buongiorno,ho assistito alla rappresentazione di ieri sera 23 gennaio e ne sono rimasta entusiasta; l’ambientazione, le scene ed i costumi sono semplicemente fastastici.
    Vorrei cortesemente conoscere:
    -il nome del cantante che nella rappresentazione di ieri sera ha sostituito Ambrogio Maestri;
    – sempre ieri sera il sig, Fox è stato interpretato da Capitanucci?

    grazie per l’aiuto e un cordiale saluto

  2. Giorgio Bagnoli

    Il 23 Ambrogio Maestri è stato sostituito dal suo cover, Elia Fabbian…
    Nel ruolo di Ford c’era Capitanucci…

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