Stefan Anton Reck ha vinto il primo concorso internazionale di direzione d’orchestra “Arturo Toscanini” nel 1985 e in seguito il primo premio del concorso internazionale “Gino Marinuzzi”. Nel 1987 et nel 1990 Reck ha ricevuto una borsa di studio dal Tanglewood Music Festival per seguire i corsi di Seiji Ozawa e Leonard Bernstein.Reck è stato direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Sanremo dal 1990 al 1994, direttore principale dell’ l’Orchestra Regionale del Lazio, Roma dal 1994 al 1998, e direttore musicale al Teatro Massimo di Palermo dal 1999 al 2003.
Dal 1997 al 2000 Reck è stato l’assistente di Claudio Abbado, iniziando la collaborazione con la produzione di Wozzeck al Festival di Salisburgo. Per Pierre Boulez Reck ha preparato la Gustav Mahler Jugendorchester per La Sagra della Primavera di Stravinsky, Notations di Boulez e Il castello del duca Barbablu di Bartók (tournée estiva 1997 e 1998). Gli anni a seguire sono costellati di importanti appuntamenti artistici e una costante ricerca intepretativa che hanno portato Reck a essere riconosciuto a livello internazionale come profondo conoscitore della musica di Gustav Mahler e della seconda Scuola di Vienna (Berg, Schoenberg, Webern). Attraverso le sue scelte di repertorio emergono l’eccentricità della sua arte, la sua intensità musicale e una forte propensione per la musica contemporanea. Attualmente è impegnato al Teatro San Carlo di Napoli nell‘Olandese Volante (ripresa della produzione del Comunale di Bologna).
L’interesse per la musica è nato in lei spontaneamente o per influenza della sua famiglia?
Io provengo da una famiglia di musicisti amatoriali. Anche mia madre e mio padre si sono conosciuti cantando, in un’operetta, il ruolo di due innamorati e così io sentivo queste melodie già da quando ero nella pancia di mia madre. Un nonno suonava il violino e l’altro nonno dirigeva una propria banda amatoriale. Ero veramente circondato dalla musica, e così quando ebbi raggiunto l’età giusta mi avviarono allo studio degli strumenti. Per primo il pianoforte, all’età di 6 anni. Non mi costringevano con insistenza, ma era un dovere. Fu mia madre che si prese quest’incarico; all’inizio quando ancora non avevo molto entusiasmo per il pianoforte, lei rimaneva accanto a me ogni pomeriggio per quarantacinque minuti, controllando se studiavo bene ciò che avevo imparato da un’insegnante. All’inizio non era facile da sopportare, ma vennero presto i risultati e pochi anni dopo ero in grado di suonare le sonate di Mozart. Poi divenne una passione e la mamma non doveva più controllare che io studiassi il pianoforte, doveva invece accertarsi che io portassi a termine i compiti per la scuola. La scuola era diventata un problema, perchè mi ero così appassionato alla musica che stavo sempre al pianoforte. Volli studiare anche il violino e fui così coinvolto dalla musica che con fatica terminai gli esami di maturità classica.
La sua carriera debutta dopo aver vinto due Concorsi internazionali per direttori d’orchestra….Cosa consiglierebbe ad un giovane che vuole intraprendere la carriera di direttore d’orchesta? E importatne partecipare ai concorsi…
E’ importatinssimo! Sicuramente consiglio a un giovane consiglierei di fare come ho fatto io: partecipare ai concorsi… e vincere!
Che ricordo ha del periodo in cui ha incontrato Leonard Bernstein?
Ho collaborato come assistente di Leonard Bernstein nel 1987 e poi 1990, l’anno della sua morte. Ho passato con lui al Tanglewood Music Center di Lenox nel Massachusetts USA tutto il mese di agosto e lavorare con lui è stato incredibile. Poi purtroppo a settembre è morto. Al Tanglewood Music Center feci un concorso dove tra cinquecento candidati ne vennero scelti due che potevano lavorare con Bernstein. Io ero uno dei due e così ebbi il privilegio di dirigere un concerto dove anche lui diresse “Leonora” n.3 di Beehetoven e il” concerto per pianoforte per la mano sinistra in re maggiore” di Maurice Ravel con il grande pianista Leon Fleicher. Poi Bernstein ha diretto la” Terza Sinfonia” di Aaron Copland…è fantastica. Il quarto movimento inizia con una fanfara che è famosissima in tutto il mondo. Durante tutto il mese di agosto Bernstein aveva continuamente dei problemi di salute, ed io che gli ero vicino come assistente lo accompagnavo spesso nel camerino dove faceva delle inalazioni. Sentendolo spesso tossire gli chiesi se avesse una brutta polmonite e così mi rispose :” Oh, Stefan…sono vicino alla fine”. Verso la fine di agosto ci lasciammo e dopo pochi giorni lessi nel giornale che Leonard Bernstein era morto. Io crollai dopo questa notizia. Mi dissi :”ma come, l’ho appena conosciuto, lui mi stima molto, abbiamo molti progetti per il futuro e …ora il maestro non c’è più”.
Lei ha conosciuto anche il Maestro Claudio Abbado. Com’è avvenuto questo incontro?
Il Maestro Abbado l’ho incontrato a Berlino nel ’94. Ammiravo enormemente il lavoro che aveva fatto con i “Berliner Philharmoniker”. Io avevo già trentacinque anni e quindi non avevo più l’età per fare l’assistente di un direttore. A trentacinque anni devi avere iniziato una tua propria carriera, ed io infatti ero direttore stabile dell’Orchestra Regionale del Lazio, ma ho avuto, e questo lo posso consigliare a tutti i giovani direttori, l’umiltà e la capacità di capire che dobbiamo sempre imparare, e di continuare a farlo. Quindi mi trovavo a Berlino per osservare il lavoro del Maestro Abbado e un giorno “mi sono preso il cuore in mano” come si dice in Italia, e mi sono permesso di andare nel suo camerino, che a Berlino non è un normale camerino , ma è un salone bellissimo, presentandomi così: ”Maestro, sono Stefan-Anton Reck, ho vinto alcuni concorsi di cui due in Italia e sono attualmente direttore stabile dell’Orchestra regionale del Lazio. Io vorrei poter fare qualsiasi cosa per lei: l’assistente o preparare l’orchestra per lei, per poter imparare da lei. ( “Recentemente il Maestro Abbado ha preparato l’Orchestra di Lucerna che, per me, è la migliore orchestra esistente al mondo!)
Sentivo in me il desiderio di ampliare la mia conoscenza con molta umiltà anche se avevo già trentacinque anni. Incontro spesso dei giovani di venticinque anni che sono degli assistenti i quali si chiedono come mai non fanno una grande carriera. Non si rendono conto che a venticinque anni ancora non sanno niente! Così, per tornare al mio incontro con Abbado, dopo aver ascoltato la mia richiesta, lui da uomo gentile com’è si presentò dandomi la mano e disse :”Io mi chiamo Claudio”, ed io con grande imbarazzo risposi: “Io Stefan”. Certamente impiegai diverso tempo prima di abituarmi ad una tale confidenza. Mi ero presentato durante la pausa di una prova. Il maestro mi ascoltò con molta attenzione, chiedendomi cosa avessi già diretto e formandosi un’opinione sulla mia persona. Poi la pausa finì e il maestro riprese la sua prova e la nostra conversazione finì così con un “grazie “. Non mi aspettavo nulla, ero già felice di aver conosciuto il Maestro Abbado, ma dopo due settimane, quando io ero al lavoro con la mia orchestra a Roma, mi arrivò un fax dal segretario di Abbado che diceva:” Caro Maestro Reck ho bisogno di un assistente per il Wozzeck a Salisburgo”. Era fantastico! Così ho iniziato a collaborare con lui. Il mio lavoro con il Wozzeck gli piacque molto e mi offrì l’occasione di lavorare con la “Gustav Mahler Jugendorchester”. Con questa favolosa occasione, oltre ad imparare tutti i segreti per far suonare ancora meglio un’orchestra, ho potuto prepararla per Sergej Ozawa e per Pierre Boulez. Incontrare questi musicisti così diversi tra loro mi ha permesso di apprendere molto.
E di Pierre Boulez che ricordo ha?
Che grande uomo!… Le racconto un fatto : dal 2000 a 2003 sono stato direttore stabile del teatro Massimo di Palermo. Avevamo fatto una programmazione rivoluzionaria che ebbe molto successo: Lulu di A.Berg e Moses und Aron di A.Schoenberg. Titoli mai eseguiti in Sicilia. Visto che era la prima volta che dovevo dirigere Lulu volli contattare il M°Boulez. Chiesi un appuntamento, anche solo di una mezz’ora per poter esaminare la partitura . Il suo segretario mi rispose che Boulez era disposto ad aiutarmi e mi proposero una data. Boulez che vive a Parigi ha anche una casa a Baden Baden, la città dove sono nato, e fu lì che lo incontrai. Mi diede un appuntamento alle dieci di mattina ed esaminammo pagina per pagina la partitura. Essendo egli un grande musicologo conosceva gli autografi originali di Alban Berg, mi fece quindi notare tutte le imprecisioni. Cos’ facendo si arrivo a sera ed io, a parte qualche caffè, ero distrutto e affamato. Boulez, che all’epoca aveva 75 anni, aveva più energia di me! Dopo aver avuto la bontà di dedicarmi sette ore di lavoro mi disse “E adesso signor Reck la invito ad un ottimo ristorante”. Mi ha invitato nel miglior ristorante di Baden Baden ! Dopo la Lulu ripetemmo lo stesso tipo di lavoro per il Moses und Aron. Sono andato a Parigi e mi ha dedicato un’intera giornata per studiare tutta la partitura dall’inizio alla fine. Un uomo, un artista straordinario…unico!
Lei dirige molte opere tedesche in Italia . Come affrontano la nostre orchestre questo repertorio?
Debbo dire che è un repertorio che si esegue spesso a Bologna. Da Wozzeck, a L’Olandese volante fino al Tannhauser di due anni fa, quindi le orchestre non hanno più problemi ad adeguarsi a questo repertorio.
In questo”Olandese volante”che ora, dopo Bologna, sta dirigendo a Napoli, qual è il suo obiettivo nella ricerca delle sonorità?
Certamente cerco una sonorità orchestrale tedesca, compatta come la ricercava Von Karajan, per nominare un grande direttore wagneriano. Ho lavorato su questo , sulla ricerca di un suono meno staccato, che invece è una caratteristica del repertorio italiano. In Wagner ogni strumentista deve entrare in questo mondo, dove ogni nota si riempie di suono e così si ottiene la compattezza di una grande orchestra Wagneriana. Certamente l’otterremo.
Lei è considerato un grande conoscitore di Mahler. E’ stato “amore a prima vista”?
Affatto. Le mie prime passioni sono state l‘Otello, il Falstaff di Verdi, il Parsifal e il Tristan und Isolde di Wagner. A 12 anni suonavo gli spartiti di queste opere che mi facevano impazzire. A 13 anni ho scoperto Bruckner e a 15 Mahler. La prima partitura che ho letto è stata la “Quinta sinfonia”.
Cosa trova di affascinante in Mahler?
Trovo che nella sua musica, in particolare negli “Adagio”(quello magnifico della Sinfonia nr.10), nel carattere gioioso dell’ultimo movimento della Sesta Sinfonia, la tragica premonizione della tragedia della seconda guerra mondiale. Secondo me è il solo che con i suoi “Scherzi”, “ urlanti”, disperati, ripetitivi, ha anticipato l’olocausto.
Riguardo la sua conoscenza della musica di Berg, Schoenberg e Webern, un giovane musicista come ci si può approcciare a questi autori?
Consiglierei di affrontare i “Cinque pezzi per pianoforte” di Schoenberg. Sono molto semplici da eseguire e non sono difficili tecnicamente. Suonando questi pezzi si entra in questa musica. Io da ragazzo frequentavo una scuola che non a caso si chiamava “ Richard Wagner Gymnasium”. Era un istituto dove la musica era presa in grande considerazione e durante una lezione ci parlarono del “Concerto per violino e orchestra” di Alban Berg. Avevo 15 anni e trovai facile l’ascolto di questo concerto, che si apre con quattro note a vuoto del violino e poi con la risposta dell’orchestra. Ricordo che acquistai subito una registrazione diretta dal maestro Pierre Boulez e con la partitura ho passato intere serate ad ascoltarlo e analizzarlo. E’ una pagina piuttosto breve, poco più di 20′. Per me è stato come una droga, lo ascoltavo e riascoltavo all’infinito. Certo, allora non avevo una reale capacità di comprensione, ma mi ha formato mentalmente nella capacità di affrontare partiture ancora più complesse.
La sua vita è fortemente è piena di musica… c’è spazio anche per altri interessi?
La pittura è l’altra mia passione. Ascolto grandi capolavori musicali che ispirano i miei quadri. Cerco cioè di tradurre in immagini pittoriche la musica. Ho già dipinto due cicli di 32 quadri ispirati alle “Variazioni Goldberg” di J.S. Bach eseguite da Glenn Gould. Mi interessa anche il movimento nell’esecuzione. Trovo ispirazione guardando i video in cui vengono eseguite le variazioni. Sto anche preparando alcune mostre.
La spiritualità è importante nel suo lavoro?
Quando lavoro con la musica o con tutto ciò che è bello, ho come punto di partenza la spiritualità. Per me è una sofferenza vedere che oggi, per certi musicisti, cantanti o direttori conta solo far carriera velocemente. La musica vissuta così è vuota e tutta uguale. Si cercano le strade facili. Quando si lavora seriamente con un’orchestra le prove possono essere faticose, ma anche affascinanti se si arriva a un grande coinvolgimento emotivo. Per me è un incubo lavorare con chi lavora solo razionalmente, riducendo tutto a dei numeri, escludendo la spiritualità. Senza una profonda coscienza di essa un’artista non ha niente da dare al pubblico.
Lei è spesso in Italia. Cosa le piace di più del “Bel Paese”?
Le risponderò con un esempio. Durante le prove dell’Olandese Volante ho vissuto a Bologna per sei settimane, ed ho affittato una casa non lontano dal teatro. Questa città è famosa anche per le sue torri ed è proprio in una di queste ho soggiornato. Ogni mattina aprivo la finestra ed era una meraviglia! Il mio sguardo correva su tutti i tetti dei palazzi! Quando ho diretto a Venezia…un tale fascino. Ricordo gli anni trascorsi a Roma dove in ogni momento di libertà potevo andare a visitare qualcosa: il Colosseo o i Fori. Quello che si può vedere a Roma è infinito.