Festival International d’Art Lyrique d’Aix-en-Provence 2013: “Elektra”

Aix-en-Provence, Grand Théâtre de Provence, Festival International d’Art Lyrique  2013
“ELEKTRA”
Tragedia in un atto su libretto di Hugo von Hofmannsthal, ispirato alla  tragedia di Sofocle
Musica di Richard Strauss
Elektra EVELYN HERLITZIUS
Klytämnestra WALTRAUD MEIER
Chrysothemis ADRIANNE PIECZONKA
Orest MIKHAIL PETRENKO
Aegisth TOM RANDLE
Der Pfleger des Orest FRANZ MAZURA
Ein junger Diener FLORIAN HOFFMANN
Ein alter Diener SIR DONALD MCINTYRE
Die Aufseherin / Die Vertraute RENATE BEHLE
Erste Magd BONITA HYMAN
Zweite Magd / Die Schleppträgerin  ANDREA HILL
Dritte Magd SILVIA HABLOWETZ
Vierte Magd MARIE-EVE MUNGER
Fünfte Magd ROBERTA ALEXANDER
Orchestre de Paris
Coro Gulbenkian
Direttore Esa-Pekka Salonen
Regia Patrice Chéreau
Scene Richard Peduzzi
Costumi Caroline de Vivaise
Luci Dominique Bruguière
Nuovo allestimento in coproduzione con Teatro alla Scala, Milano; Metropolitan Opera, New York; Opera Nazionale Finlandese, Helsinki; Gran Teatre del Liceu, Barcellona; Deutsche Staatsoper Berlin, Unter den Linden
Aix-en-Provence, 22 luglio 2013

Una serata nella quale il pubblico ha riservato più che un trionfo allo spettacolo più atteso del Festival di Aix-en-Provence: Elektra di Richard Strauss. Cantanti di prim’ordine, un direttore  considerato come uno dei migliore della sua generazione ed un regista che fa letteralmente scuola. Richard Strauss, tre anni dopo avere composto la sua Salome, si approccia ad Elektra altro mito dell’antichità. Questo personaggio, tutto furore, aveva ispirato già Eschilo, Sofocle ed Euripide, ma è sul libretto scritto da Hugo von Hofmannsthal tratto dalla tragedia di Sofocle che Richard Strauss costruisce la sua opera la cui prima ebbe luogo a Dresda nel 1909. Per lottare contro un’orchestra inizialmente composta da 110 musicisti (98 qui), questo lavoro necessita di grandi voci ed il ruolo di Elektra, scritto in una tessitura molto tesa, è così fisico da diventare quasi pericoloso cantarlo troppo spesso e a lungo.
Patrice Chéreau firma una regia che impone la propria interpretazione dei personaggi. Klytämnestra è una donna resa umana dai suoi dubbi, quasi troppo. Esterna al suo personaggio, gioca con distacco dalla donna abitata dai propri incubi, provando a comprendere la figlia e i suoi sentimenti. In un abito nero sobrio ed elegante rende quasi incomprensibile il furore che caratterizza Elektra. Chrisothemis ha delle reazioni troppo simili a quelle di sua sorella; anche Orest sembra essere senza nessuna passione e dà quasi l’impressione di essere estraneo al proprio personaggio. Il dramma è trattato qui come forse si poteva caratterizzare in un teatro antico con gli attori un poco statici e dai movimenti lenti. Lo scena è costituita di muri grigi che creano un luogo che potrebbe essere tanto una casa, un palazzo o una prigione. Gli abiti sono atemporali e le luci dolci si fanno più crude secondo l’intensità dell’azione. Lo shock viene da Elektra presenza, energia, totale comprensione del personaggio; senza di lei, l’Elektra di Patrice Chéreau non avrebbe sollevato certamente un entusiasmo simile da parte del pubblico. Dissotterrando l’ascia della vendetta fin dall’inizio, domina questo ruolo terribile, lo abita e ci fa vivere con lei questa tragedia fino all’ultima nota.
Evelyn Herlitzus, oltre al grande carisma, possiede una voce magnifica che proietta con generosità. Ogni acuto – di una precisione rifinita – suona rotondo, sonoro, potente, mai gridato; il suo vibrato fermo conferisce un timbro particolare alle sue note. Si potrebbe temere che la bellezza della sua voce possa indebolire il personaggio ma non è così. Potente, selvaggia, vendicatrice, lo resterà fino alla fine con una voce estesa ed una grande omogeneità in ogni registro. È un’Elektra che non si dimenticherà tanto presto. È quasi peccato diminuire questa tensione drammatica con la visione di un Klytämnestra un poco staccata, senza aggressività, senza forza di carattere; l’annuncio della morte di Oreste la lascia anche di una freddezza stupefacente. Waltraud Meier possiede indiscutibilmente una voce molto bella, ben emessa con acuti potenti e rotondi, di timbro caldo. Canta con una dizione perfetta: questa è una voce che si ascolta con molto piacere, di cui gli attacchi sicuri sono emessi senza durezza; dispiace tuttavia che qui non possa dare più forza al suo personaggio. Il confronto tra madre e figlia diventa piuttosto un duetto improntato alla tenerezza. Adrianne Pieczonka mette la sua bella voce al servizio di un Chrysothemis contraddistinta da un timbro caldo, e completa degnamente questo terzetto femminile d’eccezione. Una bella dizione, una buona proiezione, una voce larga con begli acuti ed un vibrato piacevole fanno di lei una Crhysothemis molto apprezzabile malgrado una mancanza di freschezza nel personaggio. Le domestiche partecipano al successo con voci omogenee e potenti. Cantano con una determinazione che lascia comprendere il testo con grande precisione. Una menzione speciale per Bonita Hyman la cui voce larga e profonda di mezzosoprano lascia vibrare ogni nota e Roberta Alexander di cui gli acuti e la linea musicale ci fanno apprezzare questa voce di soprano dalle tinte calde e dal bel vibrato.
Mikhail Petrenko, che canta Orest, ha una voce che come il suo personaggio, difetta di ampiezza mancando dell’impatto che si aspetterebbe. La voce è spesso coperta da un’orchestra molto sonora che non è più in rapporto con l’azione “al rallentatore” che si vede sulla scena. È Aegisth che dimostra qui più virilità, interpretato da un Tom Randle in grande forma la cui voce ben collocata sovrasta l’orchestra grazie ad una buona proiezione. Sir Donald Mcintyre e Franz Mazura hanno entrambi voci profonde, pur evidenziando una certa mancanza di volume. Malgrado un ruolo molto breve, si fa notare Florian Hoffmann (il Giovane servitore) per la presenza, la voce timbrata e le frasi molto ben ritmate.
Esa-Pekka Salonen dirige un’Orchestre de Paris al massimo della forma, facendo sentire sonorità splendide, larghe e attacchi netti senza durezza; tuttavia la discrasia tra la musica e la regia statica destabilizza un po’ la partitura, talvolta al limite dell’isteria. Dirigendo con autorità e maestria, Esa-Pekka Salonen ricerca sonorità che attraversano lo stato febbrile che agita tutta l’opera. È indiscutibilmente una rappresentazione di alto livello che ha segnato in modo indelebile quest’edizione del Festival di Aix-en-Provence. Foto di Pascal Victor/ArtComArt