Torino Milano – Festival Internazionale della Musica, VII Edizione – MITO Settembre Musica Torino, Conservatorio Giuseppe Verdi
Violoncello Natalia Gutman
Pianoforte Viacheslav Poprugin
Robert Schumann: Fantasiestücke per violoncello e pianoforte op. 73
Johannes Brahms: Sonata n. 2 in fa maggiore per violoncello e pianoforte op. 99
Claude Debussy: Sonata per violoncello e pianoforte
Benjamin Britten: Sonata per violoncello e pianoforte in do maggiore op. 65
Torino, 9 settembre 2013
In sostituzione del concerto del Trio di Gidon Kremer, che prevedeva musiche di Liszt e di Schubert, è tornata a Torino Natalia Gutman, grande virtuosa del violoncello, accompagnata al pianoforte dal giovane e fido collaboratore Viacheslav Poprugin. Era apparsa nella stagione dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI del 2010, per eseguire il Concerto di Schumann; idealmente gli si collega il programma dell’appuntamento inatteso (e tanto più gradito) di MITO, che nella prima parte prevede appunto tre suggestivi quadretti dello stesso Schumann.
Il primo movimento della sonata di Brahms (Allegro vivace) è vissuto all’insegna di una morbidezza debordante, con un suono vitale e carnoso del violoncello, capace di smuovere i precordi, soprattutto con le note basse. Nell’Adagio affettuoso la Gutman regala altre emozioni grazie a un pizzicato che di sequenza in sequenza assume timbro e ritmo sempre differenti. Nell’Allegro passionato il cromatismo del pianoforte risuona un po’ indistinto, mentre il violoncello porge ogni frase con nettissimo staccato, anche a costo di qualche acerbità nel suono. Quest’ultimo cambia radicalmente con gli Stücke schumanniani: scompaiono le bruniture che il violoncello riservava a Brahms, trasformate ora in una dolce chiarezza, come di una voce femminile che canta; e che a volte canta la disperazione, lo strazio, l’angoscia tipicamente romantici, in particolare nell’ultimo dei tre pezzi (Rasch und mit Feuer).
Con la Sonata di Debussy il pianoforte di Poprugin si fa più assertivo e convincente, mentre il suono del violoncello assume ulteriore metamorfosi, diventando terso, a tratti diafano. Sembrano un richiamo al Brahms d’esordio i convulsi pizzicati del II movimento (Sérénade: Modérément animé), anche se il momento più bello è certamente il finale (Animé, léger et nerveux), perché concentra in frasi positive e luminose tutto l’impressionismo musicale.
Tra le angosce novecentesche di Britten il pianoforte si trova ancor più a suo agio, mentre il violoncello della Gutman è semplicemente spettacolare nell’ennesimo pizzicato (a questo punto il Leitmotiv strutturale del concerto, sempre nel II movimento delle varie sonate). Nella Marcia che costituisce il IV tempo la solista intende condensare tutta la forza espressiva dei precedenti brani (ossia, in sintesi, la letteratura musicale per violoncello dal primo Romanticismo in poi), per applicarla alle soluzioni sperimentali di Britten. Il finale (Moto perpetuo) costituisce un ritorno alla tradizione, come per confermarne l’universale bontà; e l’esecuzione si adegua con totale naturalezza. Il bis tributato dal duo al festosissimo pubblico del Conservatorio è un omaggio alla storia personale dell’interprete: l’Allegro dalla Sonata di Dmitrij Šostakovič, ossia un’opera esaltata dalle esecuzioni del maestro, Mstislav Rostropovič, di cui la Gutman fu allieva prediletta. La figliolanza artistica è definitivamente palpabile nel calore del suono, in una professionalità eccezionale (tutti i brani – in programma e non – sono eseguiti a memoria) e in un afflato di umanità forgiato sia dallo strumento (un Guarneri del Gesù datato 1731) sia dal virtuosismo della strumentista nata a Kazan. Foto Roberto Alvares