“La Scala di Seta” alla …Scala

Milano, Teatro alla Scala, stagione lirica 2012/2013
“LA SCALA DI SETA”
Farsa comica in un atto su libretto di Giuseppe Maria Foppa
Musica di Gioachino Rossini
Dormont, tutore JAEYOON JUNG
Giulia, pupilla LUDMILLA  BAUERFELDT
Lucilla, sua cugina VALERIA TORNATORE
Dorvil MAXIM MIRONOV
Blansac MIKHEIL KIRIA
Germano PAOLO BORDOGNA
Orchestra del Teatro alla Scala di Milano
Direttore Christophe Rousset
Regia Damiano Michieletto
Scene e costumi Paolo Fantin
Luci Alessandro Carletti
In collaborazione con Accademia Teatro alla Scala.
Allestimento del Rossini Opera Festival di Pesaro
Milano, 25 settembre 2013
La Scala di seta” puo’ essere considerato un esempio del perfetto ingranaggio ad orologeria che teatro e musica, a volte, costituiscono. Prendiamo ad esempio la costruzione del Quartetto “Ah la testa in confusione traballar or qui mi fa”: la fonte della comicità deriva da una forma di meccanizzazione del linguaggio musicale basato sulla ripetizione quasi ossessiva. Il senso del libretto viene frantumato nei valori minimi delle sillabe e quasi del tutto annullato, con esiti estranianti, in un completo bilanciamento fra sviluppo dell’azione e vortice astratto della musica. Questo contrasto fa scattare automatismi che rappresentano il cuore della comicità rossiniana. Il compositore in questi casi non è assolutamente interessato alla riflessione etica. La rivoluzionaria sintassi musicale, scarna di richiami psicologici significativi si adatta perfettamente all’astrazione di un gioco umoristico pervaso a tratti da ironica follia. Premesso questo, si capisce perchè  il capolavoro rossiniano accetti anche le trasposizioni sceniche in cui predomina la cifra surreale, dove elementi estranei alla storia stessa non contaminano di per sè la trama. La scelta registica di Damiano Michieletto di un Germano di origine filippine non reca disturbo allo spettatore anzi ci fa capire quanto sia malleabile e plasmabile la farsa comica di Rossini. Il regista veneziano ha ben capito questo tipo di libertà interpretativa decidendo quindi di utilizzare abiti e ambientazione dei tempi odierni. Stando alle dichiarazioni dello stesso Michieletto questo tipo di modernità aiuta lo spettatore a coinvolgersi maggiormente nella comicità perchè  si sente piu’ vicino ai personaggi. La produzione, firmata da Paolo Fantin per scene e costumi e da Alessandro Carletti per l’illuminazione si è rivelata una delle carte vincenti di questa stagione scaligera. Michieletto ha deciso di svolgere l’azione all’interno di un miniappartamento contemporaneo in cui Giulia, la protagonista, vive. Le varie stanze in realtà  sono divise non da muri o da porte ma da una planimetria tracciata sul palcoscenico. Per rendere leggibile questo gioco scenico, lo spettatore vede la reppresentazione riflessa in uno specchio posto in alto. Questa doppia prospettiva visiva ci permette di scorgere anche la famosa “scala di seta” che di solito ci si immagina dietro la scena. La chiave di lettura di Michieletto e dello scenografo Fantin è fresca ed innovativa e non cozza con lo scorrere della farsa di Rossini.
Paolo Bordogna (già interprete di questa produzione a Pesaro), valente attore ed esperto vocalista, è stato il mattatore della serata. Le mille sfumature, il gioco istrionico condotto con aglità e il suo buon gusto di canto, hanno conquistato il pubblico milanese che, per altro, lo vede per la prima volta sul palcoscenico scaligero. Parte tutt’altro che facile quella di Germano e, Bordogna con questo ruolo, si riconferma il rossiniano di classe che ben conosciamo. Un esempio su tutti la sezione musicale “Della vostra bella sorte mi consolo in verita’” resa magnificamente grazie al piglio comico e al travolgente uso del canto “sillabato”. Debutto scaligero anche per il tenore russo Maxim Mironov, un ottimo Dorvil: Bella voce, fluente e ben impostata. Mironov ha cantato con grazia e con consumata esperienza attoriale. Ha saputo egregiamente superare il difficile scoglio dell’aria “Vedrò qual sommo incanto”. Questo numero musicale, dopo un ampio andante cantabile,  sfocia in una virtuosistica cabaletta che il tenore ha saputo brillantemente eseguire. Interessante la Giulia del giovane soprano Ludmilla Bauerfeldt dotata di una vocalità  fresca e piacevole. Nella famosa aria “Il mio ben sospiro e chiamo” ha mostrato sicurezza di emissione ed eccellente musicalità. Molto spassoso il Blansac di Mikheil Kiria: il basso, che possiede una indubbia vis interpretativa, ha saputo far dimenticare  qualche cedimento ritmico (“Occhietti miei vezzosi”, aria da baule tratta da” L’equivoco stravagante”). Il mezzosoprano Valeria Tornatore è stata una fiammeggiante Lucilla assai sensibile alle attenzioni di Blansac. Poco incisivo, anche se complessivamente corretto, il Dormont di Jaeyoon Jung che spesso faceva percepire il suo accento coreano. L’orchestra della Scala sotto la direzione di Christophe Rousset  ci ha offerto un Rossini trasparente, vario nei colori e ricco di slancio. Rousset  ha tenuto saldamente controllato il delicato equilibrio tra orchestra e palcoscenico. Foto Brescia/Amisano © Teatro alla Scala