Festival Verdi 2013: “Falstaff”

Busseto, Teatro Verdi, Festival Verdi 2013
“FALSTAFF”
Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito, dalla commedia The merry Wives of Windsor e dal dramma The History of Henry the Fourth di William Shakespeare
Musica di Giuseppe Verdi
Sir John Falstaff RENATO BRUSON
Ford VINCENZO TAORMINA
Fenton LEONARDO CORTELLAZZI
Dott. Cajus JIHAN SHIN
Bardolfo MARCO VOLERI
Pistola EUGENIY STANIMIROV
Mrs. Alice Ford ALICE QUINTAVALLA
Nannetta LINDA JUNG
Mrs. Quickly FRANCESCA ASCIOTI
Mrs. Meg Page VALERIA TORNATORE
Filarmonica del Teatro Regio Di Parma
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Sebastiano Rolli
Maestro del coro Martino Faggiani
Regia Renato Bruson
Regista collaboratore Marina Bianchi
Costumi Massimo Carlotto
Luci Andrea Borelli
Allestimento del Teatro alla Scala di Milano
(Allestimento storico del Teatro Verdi di Busseto – 1913)
Progetto artistico in collaborazione con Accademia del Teatro alla Scala di Milano
Busseto, 17 ottobre 2013

Già prima delle otto di sera, la piazza antistante il piccolo Teatro di Busseto si va affollando di turisti: chi appena uscito dai ristoranti del corso, chi in attesa di farsi fotografare davanti al monumento di Giuseppe Verdi, chi in cerca di qualche souvenir in odore di… bicentenario. All’interno delle celebrazioni del Festival Verdi, quella del Falstaff è in effetti una produzione che ha riscosso da subito molti consensi, pur essendo l’ultimo titolo ad essere annunciato. Si potrà obbiettare che non è poi una gran fatica riempire il Teatro Verdi; come però ci ha dimostrato l’esecuzione in forma di concerto del Trovatore di un paio di anni fa, è difficile riempire anche una sala di dimensioni ridotte senza i giusti richiami. Indubbiamente, l’elemento catalizzante di questo Falstaff è la presenza di Renato Bruson impiegato sia nel rôle-titre che come regista mentre il resto del cast è formato da artisti afferenti all’Accademia del Teatro alla Scala: nomi fra loro molto diversi per carriere e notorietà, un po’ come accade oggi per gli spettacoli che il Massimo milanese presenta come “produzioni dell’Accademia”.
La regia di Bruson si muove sullo storico allestimento del 1913, rispolverato a Busseto già nel 2001 allorché venne Riccardo Muti a capo dei complessi scaligeri a dirigere la partitura. I fondali dipinti si limitano a riprodurre gli ambienti suggeriti dal libretto: pur nella ristrettezza del Teatro che inevitabilmente falsa qualsiasi gioco prospettico, la messinscena risulta nell’insieme godibile. Gradevoli e in armonia con il “folklore” della scena i costumi di Massimo Carlotto. L’impianto registico si limita ad una disciplinata gestione di entrate ed uscite, con qualche gag ben piazzata e d’effetto, efficace nell’enfatizzare la figura grottesca di Falstaff soprattutto quando, forte della propria «estate di san Martino» e del costume a dir poco sgargiante, si appresta a sedurre Alice.
Rispetto alla Liù di qualche anno fa, ascoltata nella produzione di Turandot dei Teatri di Carpi e Fidenza, la bella voce lirica di Alice Quintavalla ha acquisito un centro più sonoro e sicuro: è un’Alice nel complesso ben cantata, schietta e disinvolta, brava nel rendere sia la tenerezza della madre quanto l’aspetto intrigante della comare pronta a farsi beffe di Falstaff e del proprio marito. Molto piacevole anche la Meg di Valeria Tornatore, elegante musicalmente e sulla scena. Della Quickly di Francesca Ascioti si può apprezzare il fare “trafficone”, la nonchalance con cui si cala nei panni di «Mercurio-femina» ma la voce ha ben poco di contraltile (ma anche di mezzosopranile, a ben vedere…), evidenziando una marcata disomogeneità fra i registri. Poco convincente la Nannetta di Linda Jung, del quartetto femminile la più tesa e impacciata scenicamente; voce molto piccola e vetrosa, resta impressa per qualche filato ben emesso e la noia con cui cantilena la canzone delle fate.
Vincenzo Taormina e Leonardo Cortellazzi, rispettivamente Ford e Fenton, dominano il comparto maschile. Il primo possiede spigliata vis comica e bella voce, sonora e sufficientemente estesa in acuto così da ben risolvere il monologo dell’atto secondo. Il secondo si fa valere nel ruolo dell’amoroso grazie all’emissione morbida e alla gradevolezza del fraseggio. Nei ruoli di fianco troviamo Marco Voleri (Bardolfo), Eugeniy Stanimirov (Pistola), Jihan Shin (Dottor Cajus), validi come attori meno come cantanti. Rimarrebbe da riferire del Falstaff di Renato Bruson… che dire? Semplicemente che è meglio ricordarlo per esibizione trascorse. Resta però il grande interrogativo di cosa si voglia festeggiare o omaggiare in questo anno di bicentenario. A dare un senso a questa grande disparità di voci ed esperienze viene chiamato Sebastiano Rolli a capo della Filarmonica del Teatro Regio di Parma, la cui direzione va lodata sotto ogni aspetto: non solo perché in grado di venire incontro alle difficoltà sceniche e musicali del protagonista ma soprattutto per non dimenticare il resto della compagnia con un accompagnamento sempre accorto e amorevole: un Falstaff che con difficoltà avrebbe retto sotto un’altra bacchetta. Sufficiente la prova del Coro del Teatro Regio di Parma qui a ranghi ridotti, numericamente e qualitativamente.
Moltissime le presenze giapponesi in sala (la quasi totalità della platea) e successo per tutti. Foto Annalisa Andolina – Teatro Regio di Parma