Francesca Dego e Daniele Rustioni: travolgente colpo di coda novecentesco della Stagione Sinfonica al Filarmonico

Verona, Teatro Filarmonico, Fondazione Arena. Stagione Sinfonica 2013-2014 
Orchestra dell’Arena di Verona
Direttore Daniele Rustioni
Violino Francesca Dego
Dmitrij Šostakovič: Concerto per violino e orchestra in la minore, nr.1 op.77
Ottolino Respighi: “Fontane di Roma”, poema sinfonico
Igor Stravinskij: “L’uccello di fuoco” (suite 1919)
Verona, 10 maggio 2014     

Successo strepitoso al Teatro Filarmonico di Verona per i due giovani protagonisti di questo decimo Concerto della Stagione Sinfonica: la violinista Francesca Dego e il direttore Daniele Rustioni, che da anni portano avanti un proficuo sodalizio professionale e sentimentale.   D’altra parte il programma prometteva davvero bene: ad aprire le danze troviamo il concerto per violino e orchestra op.77 n.1 di Dmitrij Šostakovič, una composizione dalla storia estremamente travagliata, consumatasi tra le censure e i violenti attacchi della critica filo-staliniana.
La Dego, splendida in abito lungo a sirena, debutta al Filarmonico incantando con le sonorità pastose del suo prezioso Francesco Ruggeri (Cremona 1697). La sua tecnica mostruosa non è mero funambolismo: le tessiture gravi in cui è dipinto il notturno sono rese con un suono caldo, intenso e dolente; il timbro fumoso e ipnotico rende perfettamente l’atmosfera struggente e angosciosa voluta da Šostakovič.
Il gesto del trentenne Daniele Rustioni, già apprezzato interprete della musica russa, è elegante e molto ispirato. Con lo scherzo si apre una delle pagine più esaltanti del repertorio violinistico. Rustioni si lancia fiducioso nella frenesia demoniaca data dallo sviluppo del tema DSCH, trasfigurazione musicale dello stesso Šostakovič. I tempi, rischiosissimi, sono retti magistralmente dalla Dego e dall’orchestra.
Lo struggente tema della celeberrima passacaglia, anticipato dai legni e ripreso dal violino, tra le mani di Francesca Dego (classe 1989) diventa sublime. La cadenza che porta al Burlesque finale è mozzafiato: anche gli orchestrali sembrano restare a bocca aperta di fronte alle allucinanti acrobazie della Dego, che si direbbe non abbia suonato altro per tutta la vita e che non appare nemmeno particolarmente affaticata (tanto è vero che alla fine concederà ben due bis, la Sonata n.3 per violino solo di Eugène Ysaÿe e la Sarabanda dalla Partita in Re minore di Bach). Dal pubblico non arriva un singolo colpo di tosse, sembra veramente che tutti stiano trattenendo il respiro. L’esplosione finale del Burlesque, in cui il tema della Passacaglia viene ripreso con i virtuosismi spericolati dello scherzo, chiama un lungo e meritatissimo applauso.
Non facciamo in tempo a riprenderci che un sorridente Rustioni ci offre una pregevole esecuzione delle Fontane di Roma di Respighi, capitolo della Trilogia romana dalle atmosfere fiabesche e rarefatte. Il poema sinfonico, la cui prima esecuzione risale al 1917, vuole descrivere le quattro principali fontane di Roma (Valle Giulia, Tritone, Trevi, Villa Medici) in vari momenti della giornata. Preciso negli attacchi, Rustioni ha la rara qualità di concedere grande libertà di manovra all’orchestra senza lasciare nessuno indietro. I suoi respiri sono ampî, il fraseggio sublime. L’immagine della città eterna e della sua caducità, il paradosso delle fontane eterne che muoiono ad ogni zampillo sono espressi con colori pastosi e solenni, dati dalla grandiosità nella scrittura degli ottoni (mirabile il trionfo del Nettuno nel terzo movimento). Una parentesi lirica profondamente italiana tra due russi dal peso specifico imponente.
A chiudere la serata, tutta novecentesca, troviamo infatti la partitura per balletto L’uccello di fuoco di Igor Stravinsky (versione del 1919). Anche in questo caso, come per le Fontane di Roma, assumono un rilievo importante i riferimenti extra-musicali: la trama del balletto, ispirata a una fiaba del folklore russo, si basa sull’eterno scontro tra bene (simboleggiato da un uccello di fuoco) e male (il mago immortale Kašej). Il gravissimo tema introduttivo è un inquietante brodo primordiale da cui guizzano brevi interventi carichi di angoscia. Rustioni è preciso ma non metronomico, molto attento alle dinamiche. Il momento dell’apparizione e danza dell’uccello di fuoco è reso con un’energia smaniosa, mentre con l’ingresso delle principesse prigioniere il fraseggio si apre a colori intensissimi: Rustioni, particolarmente ispirato, guida l’orchestra in cambi dinamici ben calibrati, confermandosi un talento ben più che emergente. La sala, purtroppo non pienissima, si profonde in un lunghissimo applauso. Appuntamento conclusivo della Stagione Sinfonica il prossimo 20 maggio con i giovani solisti del Conservatorio Dall’Abaco. Foto Ennevi per Fondazione Arena di Verona