Bergamo Musica Festival 2014: “Torquato Tasso”

Teatro Donizetti – Bergamo Musica Festival 2014
“TORQUATO TASSO”
Melodramma in tre atti di Jacopo Ferretti
Musica di Gaetano Donizetti
Revisione sulle fonti di Alberto Sonzogni
Fondazione Donizetti
Torquato Tasso LEO AN
Eleonora D’Este GILDA FIUME
Roberto Geraldini GIORGIO MISSERI
Don Gherardo MARZIO GIOSSI
Alfonso II GABRIELE SAGONA
La Contessa di Scandiano ANNUNZIATA VESTRI
Ambrogio ALESSANDRO VIOLA
Orchestra e Coro del Bergamo Musica Festival
Direttore Sebastiano Rolli
Maestro del coro Fabio Tartari
Regia Federico Bertolani
Scene Angelo Sala
Costumi Alfredo Corno
Luci Claudio Schmid
Nuova produzione Fondazione Donizetti
Bergamo, 7 novembre 2014

Torquato Tasso BG novembre 2014-1Il revival donizettiano del Bergamo Musica Festival 2014 (BMF) si conclude con la messinscena del Torquato Tasso, opera rarissima, non soltanto per l’esiguo numero di rappresentazioni che ne hanno caratterizzato le apparizioni teatrali nella nostra epoca, ma pure per la relativa sparuta discografia, limitata di fatto a due sole edizioni dal vivo, di cui una mai riversata su cd.
Questo titolo – che ai tempi dei suoi natali, nel 1833, conobbe grande successo – costò a Donizetti qualche grattacapo. Il canovaccio iniziale dell’opera prese forma con notevole rapidità, ma fu poi rivisto dal compositore alla luce delle esigenze dei cantanti che crearono i ruoli sulla scena. Inizialmente, Donizetti aveva pensato ad un Tasso tenore, la cui scrittura traesse ispirazione dalle straordinarie qualità vocali di Giovanni Rubini, ma durante il processo compositivo la figura del tormentato poeta mutò in modo da sposarsi con le caratteristiche del baritono Giorgio Ronconi il quale, pochi mesi prima, aveva interpretato proficuamente il protagonista de Il furioso all’isola di San Domingo. Il librettista Jacopo Ferretti si trovò poi a dover forzatamente inserire un elemento comico all’interno della storia, quel Don Gherardo per cui il compositore scrisse pagine di certa impronta rossiniana. Donizetti e Ferretti diedero infine alla luce un’opera d’impianto grandioso, dove i personaggi si muovono nella narrazione scrutandosi l’un l’altro attraverso la lente deformante delle proprie pulsioni. Il protagonista – quella figura di poeta idealista che Donizetti da tempo desiderava trasportare in musica – appare e scompare dalla scena con totale distacco rispetto alle vicende che lo coinvolgono suo malgrado, in una sorta di stralunato detachment che le note del compositoreTorquato Tasso BG novembre 2014-5 sanno esprimere con efficacia.
La proposta di un Torquato Tasso oggi costituiva sulla carta una sfida per la Fondazione Donizetti: l’esecuzione integrale della revisione sulle fonti approntata da Alberto Sonzogni comportava la scelta di un cast e, soprattutto, di un direttore in grado di gestire un materiale ampio, in cui si alternano momenti più ispirati ad altri prolissi e perciò meno incisivi. Sebastiano Rolli, di casa al BMF, realizza di anno in anno e di prova in prova un Donizetti la cui identità stilistica si delinea sempre più compiutamente, grazie all’evidentissimo studio musicologico che sottende ogni singolo accostamento del giovane direttore al compositore orobico. Rolli sospinge orchestra e cantanti nel cuore del tessuto musicale con sapienza e perizia, optando per quella che mi piace definire come la “dinamica delle pause”, laddove l’utilizzo di una pausa congela in modo quasi estatico il momento che precede un’aria, una cabaletta, un concertato, un qualsivoglia cambio di tempo all’interno della narrazione. Il maestro ci racconta le vicissitudini dei protagonisti attraverso scelte agogiche che pur privilegiando tempi dilatati, risultano mobilissime e costantemente sostenute. L’orchestra del BMF mette in pratica la concezione del direttore con un suono ovattato, dal colore elegiaco, evidente nella sezioni degli archi, mentre risulta meno a fuoco quello scaturito dagli ottoni, la cui performance risente dell’intervento di corni cui andrebbe fatta una bella lavata di capo.
Le pagine, lunghe ed articolate, affidate ai quattro personaggi principali trovano nei cantanti di questa produzione un buon esito. Il baritono coreano Leo An fa esprimere Torquato con un vocalità duttile che si sdoppia a seconda dei momenti: dolce e chiara, quasi tenorile, durante i solitari vagheggiamenti con cui il poeta dà sfogo al proprio animo toTorquato Tasso BG novembre 2014-6rmentato, più sonora e robusta nei passaggi maggiormente concitati, così come emerge nelle scene di confronto con gli altri protagonisti. Se il timbro di per sé non presenta particolari attrattive, né l’interprete è capace di un fraseggio rifinito, il cantante sopperisce esibendo una notevole resistenza, come si evince dalla tenuta nella massacrante scena conclusiva. Il tenore Giorgio Misseri esordisce nel miglior modo possibile e il suo Roberto Geraldini sprizza faville sia nel recitativo sia nell’aria di presentazione. La voce non è voluminosa, ma ben timbrata; la tecnica permette al tenore di “agganciare” i suoni acuti con sicurezza, come si ravvisa nella sezione finale della cabaletta, in cui solo il da capo denuncia qualche lievissima nota di stanchezza. Nel prosieguo dell’opera, la prestazione di Misseri si attesta su livelli senz’altro dignitosi, anche se meno impressionanti rispetto alla sortita, con la conseguente sensazione che il cantante abbia sparato tutte le cartucce subito. Personalmente, ho molto apprezzato il Don Gherardo di Marzio Giossi. Il baritono bergamasco si è presentato in gran forma all’appuntamento con l’ostico ruolo, evidenziandone – sotto la guida di Rolli – gli aspetti di persona schiva e brontolona, insoddisfatta e frustrata e per questo poco “buffa” nel senso più tradizionale del termine. Anche il canto, andando di pari passo con l’atteggiamento nevrotico e corrucciato tenuto sulla scena, ha spazzato via certe incrostazioni rossiniane per dare più spazio ad un sillabato paradossalmente legato e borbottante, magari non infallibile quanto a comTorquato Tasso BG novembre 2014-7prensibilità del testo, ma comunque godibile e divertente. Gilda Fiume è un soprano leggero dotato di una voce il cui medium possiede una rotondità ed una morbidezza sufficienti ad esprimere il dolente patetismo che si confà ad Eleonora D’Este. La Fiume canta bene, accarezzando ogni singola nota della parte ed accompagnando la linea vocale con un’interpretazione che, anche a livello attoriale, si rivela davvero espressiva.
La Contessa di Scandiano di Annunziata Vestri, seconda donna dell’opera, pena un poco della scrittura sottodimensionata riservata al personaggio che non permette alla cantante di sfruttare tutta la propria notevole estensione (nella fattispecie, il registro grave) come invece da me ascoltato in altre e precedenti prove di questo interessante mezzosoprano.
Il basso Gabriele Sagona (Alfonso II) si distingue per il consueto portamento, impersonando un duca assai convincente anche dal punto di vista vocale.
Gradevole e simpatico Alessandro Viola nei panni del servitore Ambrogio.
Il Coro del BMF, preparato da Fabio Tartari e qui nella sua formazione esclusivamente maschile, funziona alla grande nel sostanzioso intervento durante il terzo ed ultimo atto.
Torquato Tasso BG novembre 2014-2L’allestimento curato nella regia da Federico Bertolani, si segnala principalmente per le scene squadrate, in lacca nera a firma di Angelo Sala e per i costumi di Alfredo Corno. Il regista sembra voler ricollegare formalmente questo spettacolo alla Maria Stuarda del 2012, di cui ritroviamo alcuni aspetti. Se in quell’occasione, l’allestimento mi parve alquanto superficiale, l’attuale produzione, pur mantenendo inalterata l’eleganza visiva di molte soluzioni, si arricchisce di elementi che si fondono con la vicenda. La contrapposizione dei colori, il rosso contro il nero, il pieno contro il vuoto, il piacere contro il dovere, la passione contro la ragione, l’ideale contro il reale rappresentano la dicotomia che lacera il protagonista dall’interno. I fogli di carta che riempiono lo spazio scenico – pensieri che, se sfiorati dai movimenti dei personaggi, sibilano emettendo il caratteristico fruscìo – assumono una valenza poetica prorompente. Bellissima è poi la scena finale, dominata dalle altissime sbarre scarlatte di una prigione che, prima di tutto, è una prigione del cuore e della mente, mentre sullo sfondo, le sagome dei cortigiani venuti a liberare Torquato – proiettate a mo’ di ombre cinesi dal light design di Claudio Schmid – sortiscono un effetto suggestivo. Foto per gentile concessione del Bergamo Musica Festival

Sabato 8 novembre – nella cornice del Teatro Sociale in Città Alta, insignito del prestigioso premio dell’Unione Europea e di Europa Nostra per la conservazione del patrimonio culturale – ha avuto luogo la prima assoluta di un’aria per basso scritta da Gaetano Donizetti e finora sconosciuta, “O donne, e perché siete, sì care e sì vezzose” il cui manoscritto è stato generosamente donato da un privato alla Fondazione Donizetti.
L’esecuzione dell’aria è stata affidata a Gabriele Sagona, accompagnato dalla bacchetta di Giovanni Battista Rigon. Il basso, messo alla prova su una tipologia di scrittura mutuata direttamente dallo stile napoletano del Settecento, si è messo in luce grazie al dominio delle agilità, realizzate con suoni precisi, dall’effetto sgranato, tipico della migliore coloratura rossiniana. Sagona si è altresì distinto per un’emissione compatta ed un timbro vibrante.
A seguito di questa “chicca”, si è tenuta la ripresa dell’opera Betly che ritornava al Sociale dopo il debutto nel cartellone dello scorso settembre. La recita, salutata calorosamente dal pubblico, ha visto brillare, come e più ancora che nella passata rappresentazione, l’incantevole Betly di Linda Campanella.

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