Teatro Fraschini – Stagione d’Opera 2014/2015
“LES CONTES D’HOFFMANN”
Opera fantastica in un prologo, tre atti ed un epilogo su libretto di Julies Barbier
Musica di Jacques Offenbach
Olympia, Giulietta, Antonia, Stella LARISSA ALICE WISSEL
Lindorf, Coppelius, Dapertutto, Miracle LAURENT KUBLA
Hoffmann MICKAEL SPADACCINI
Nicklausse ALESSIA NADIN
La mère d’Antonia NADIYA PETRENKO
Spalanzani, Nathanael STEFANO CONSOLINI
Luther, Crespel MARIANO BUCCINO
Andres, Cochenille, Frantz, Pittichinaccio MATTEO FALCIER
Hermann, Schlemil VINCENZO NIZZARDO
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Coro del Circuito Lirico Lombardo
Direttore Christian Capocaccia
Maestro del Coro Diego Maccagnola
Regia Frédéric Roels
Scene Bruno de Lavenère
Costumi Lionel Lesire
Light design Laurent Castaingt
Coreografie Sergio Simòn
Nuovo allestimento
Pavia, 23 novembre 2014
Quest’ultima produzione As.Li.Co. assolve peraltro al compito di mettere in luce il talento dei vincitori del “65° Concorso per giovani cantanti lirici d’Europa”: l’argomento piacevolmente fantastico dei Contes bene si presta ad un tale scopo ed il lavoro fatto dai ragazzi del cast si inserisce fluidamente nella messinscena firmata dal belga Frédéric Roel. Il regista – che ricopre attualmente il ruolo di direttore artistico e generale dell’Opéra de Rouen – sfronda l’apparato di qualsiasi orpello tipico dell’ “opéra comique”, genere teatrale cui i Contes in realtà apparterrebbero, per ricondurli ad una dimensione più intima, come di un racconto segreto tra adolescenti. L’elemento centrale della scena è costituito da un grande cubo: una vera e propria scatola che ruotando rivela prima la bambola Olympia e poi la stanza di Antonia, salvo scomparire del tutto nella scena di Giulietta per fare spazio ad uno scintillante boudoir di specchi. Lo spettacolo trova così la sua principale ragione d’essere nell’eleganza delle linee scenografiche, nel sapiente gioco che governa il dualismo buio/luce e nei costumi spiccatamente glamour ideati da Lionel Lesire. Sotto questo aspetto, l’atto della bambola è probabilmente il più appariscente dal punto di vista visivo: qui Roels ammanta un palco essenzialmente nero e vuoto con una moltitudine di lampadine e lo popola di automi (gli stessi artisti del coro) i cui movimenti rigidi ed inconcludenti creano un forte contrasto con la sinuosa perfezione raggiunta dalla silhouette di Olympia, fasciata in un impalpabile abito di chiffon rosato. Altrove, il salone veneziano della cortigiana Giulietta pullula di uomini camuffati, avventori di un piacere proibito che nascondono il volto dietro occhiali scuri e sotto improbabili parrucche che li rendono totalmente indistinguibili l’uno dall’altro; mentre nella terza parte, Antonia trascorre la propria esistenza segregata nel ricordo della madre defunta, accanto ad un pianoforte coperto a lutto da un velo nero.
Musicalmente, i Contes rappresentano una sfida notevole, per via di una partitura corposa (qui purtroppo eseguita nella vecchia edizione, tronca e pasticciata, Choudens) ed estremamente eterogenea nello stile compositivo, partitura che esige altresì cantanti dotati di una particolare resistenza sul piano vocale.
Il direttore Christian Capocaccia si muove con destrezza, dimostrandosi quasi sempre all’altezza della situazione: sa, in più di un’occasione, ripigliare i lievi sfasamenti tra la buca ed il palco; appare sensibile alle esigenze delle voci, senza però risultare troppo accondiscendente nello smussare sonorità e dinamiche. I Pomeriggi Musicali sciorinano le proprie abilità in modo sempre lodevole, pur con qualche sbavatura degli strumenti a fiato, mentre il Coro del Circuito Lirico Lombardo, stavolta preparato da Diego Maccagnola, si distingue ancora una volta per l’ottima tenuta e per la bella ricerca di colori, come traspare soprattutto dagli interventi che aprono sia il prologo che l’epilogo.
Olympia, Giulietta, Antonia e Stella sono tutte affidate alla stessa cantante: la 25enne Larissa Alice Wissel.
La Wissel – che nella formazione alternativa del cast ricopre unicamente il ruolo di Antonia – possiede una fresca voce di soprano ricca di armonici e molto estesa, qualità quest’ultima che permette alla cantante tedesca di affrontare l’aria della bambola nella tonalità originale, dipanandone la coloratura senza grandi difficoltà e concludendola con un mi bemolle che, sebbene risulti evidentemente spinto, si risolve in una nota piena e rotonda. Nella parte di Giulietta, scomoda perché giocata su di una tessitura relativamente grave, la Wissel non impressiona, ma tende piuttosto a barcamenarsi, per riprendersi invece con risultati sorprendenti nel terzo atto: indossando i panni di Antonia, infatti, il soprano può sfoggiare compiutamente le perlacee iridescenze del timbro e svolgere l’impegnativo duetto con Hoffman – nonché il seguente estenuante terzetto che sospinge la voce fino ad un do diesis acuto di grande potenza drammatica – con apprezzabile slancio e discreta sicurezza. È poi impossibile tacere degli affascinanti tratti e della bellissima figura, alta e slanciata, che aggiungono un valore non indifferente alla mera performance vocale, nonostante la cantante, data la giovane età, non possa ancora esibire una padronanza scenica del tutto soddisfacente.
Alessia Nadin compone un ritratto assai convincente della Musa/Nicklausse: al di là del sapiente trucco che virilizza con efficacia il volto del mezzosoprano friulano, la Nadin si muove con credibilità sul palco, cantando nel contempo in maniera raffinata ed evidenziando una musicalità eccellente, come dimostra la buona riuscita dell’aria “Vois sous l’archet frémissant”.
Sul versante maschile, Mickael Spadaccini è un Hoffmann scenicamente ipercinetico e vocalmente vigoroso, cui soltanto nuoce la costante tendenza a saturare il registro acuto con suoni a volte grossolani e sovente ingolfati. Date le origini belghe del tenore, questo protagonista si esprime con un francese sapido e carezzevole, mentre l’interprete riesce nell’intento di trasmettere l’evoluzione del poeta da ragazzotto inconsapevole a uomo disincantato. Un altro belga, il bassobaritono Laurent Kubla, si cimenta nella personificazione del Male attraverso i quattro cattivi della storia: Lindorf, Coppélius, Dapertutto e Miracle. Le proprietà linguistiche e la generale correttezza di Kubla non bastano purtroppo a compensare una vocalità che nella realtà dei fatti manca un po’ dell’ampiezza desiderabile in un ruolo da villain come questo, scarseggiando anche in risonanza, limiti ancor più evidenti se rapportati alla generosità di mezzi dei coprotagonisti. Inoltre, il cantante non viene aiutato dal look, vagamente buffo e dinoccolato, che lo tramuta di fatto in una copia appena luciferina del Signor Bonaventura. Le numerose parti di fianco – Nadiya Petrenko (la madre di Antonia), Stefano Consolini (Spalanzani e Nathanael), Mariano Buccino (Luther e Crespel), Vincenzo Nizzardo (Hermann e Schlemil) tutti a fuoco nei rispettivi ruoli – vedono emergere il tenore Matteo Falcier, capace di ritagliarsi un momento di gloria personale durante l’esecuzione davvero da manuale della simpatica arietta di Frantz. Foto di Alessia Santambrogio