Teatro Regio di Parma, Stagione Lirica 2016
“LUCIA DI LAMMERMOOR”
Dramma tragico in tre atti. Libretto di Salvatore Cammarano, da The Bride of Lammermoor di Walter Scott.
Musica di Gaetano Donizetti
Revisione sull’autografo di Jesús López Cobos. Editore Casa Ricordi, Milano
Lord Enrico Ashton MARIO CASSI
Miss Lucia, sua sorella EKATERINA BAKANOVA
Sir Edgardo di Ravenswood GIUSEPPE GIPALI
Lord Arturo Bucklaw MATTEO DESOLE
Raimondo Bidebent, educatore e confidente di Lucia LUCA DALL’AMICO
Alisa, damigella di Lucia ELENA TRAVERSI
Normanno, capo degli armigeri di Ravenswood ROBERTO CARLI
Orchestra regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Stefano Ranzani
Maestro del Coro Martino Faggiani
Regia Henning Borckhaus ripresa da Valentina Escobar
Scene Benito Leonori da un’idea di Josef Svoboda
Costumi Patricia Toffolutti
Luci Henning Brockhaus
Coreografie Valentina Escobar
Allestimento Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, in coproduzione con Fondazione Teatro Comunale di Modena, Fondazione Teatri di Piacenza, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Teatro dell’Opera Giocosa di Savona.
Parma, 13 marzo 2016
È sicuramente il verso di Lucia di Lammermoor, E l’onda, pria sì limpida, di sangue rosseggiò!, la fonte di ispirazione di Henning Brockhaus per l’introduzione dell’elemento acquatico all’interno dell’allestimento da lui diretto che prevede ancora due recite – il 30 marzo e l’1 aprile – al Teatro Regio di Parma. Abbiamo riconosciuto ben tre i leitmotiv scenici di questa versione dell’opera di Donizetti che le conferiscono ricorsività, circolarità e armonia. Il primo è, infatti, il moto ondoso, carico di tutte le valenze simboliche junghiane e della dinamicità dell’acqua stessa: una volta è rosso come il sangue versato durante le battaglie o durante l’omicidio di Arturo per mano di Lucia e il dramma di lei, e durante il suicidio di Edgardo; un’altra è di un azzurro rasserenante a rappresentare la spensieratezza adolescenziale e i moti emozionali della prima giovinezza e del primo grande amore; e l’ultima volta è un mare notturno che esprime mistero, perfettamente in linea col libretto Alta la notte e bruna … Colpia la fonte un pallido Raggio di tetra luna … Il secondo leitmotiv è legato alla disposizione militaresca dei soldati che riprendono oltre che la classica falange, anche la famosa “testa di porco”, formando una figura triangolare. I loro scudi infatti diventeranno le lapidi caratteristici del cimitero dei Ravenswood. Il terzo è lo stesso telone che si compone e si scompone, creando pareti di pietra, mura di mattoni rigate di sangue, location di murales di composizione espressioniste o caverne, lastre di ghiaccio, elemento che definisce la trasformazione degli eventi e, di riflesso, la plasticità della vita. Tale telone è relazionato al tulle che funge da secondo sipario e che viene sempre sollevato dal centro, a mezza altezza, a creare un effetto “discoprimento”, atto a evidenziare la dicotomia “verità vs apparenza”, e la necessità di usare una lente particolare per comprendere la realtà ontologica delle cose. Oltre a questi tre dispositivi, è doveroso citare la scalinata che occupa il palco e che impone ai pochi elementi scenici su di essa collocati una certa diagonalità, generatrice di movimento ed espressione dell’idea della processualità che caratterizza gli avvenimenti dell’opera. E bisogna ricordare il ricorso ai video che rendono l’allestimento una bella fusione tra tradizione e innovazione e che sono funzionali alla dinamicità che il regista vuole evidenziare dell’opera tutta. Nulla è fermo nella vita e tutto un pantha rei come Eraclito ricordava. Sicuramente l’attento lavoro del regista ben si amalgama con le scene che “sfrutta” e valorizza. Ben costruiti i combattimenti con le spade. Suggestivo il cambio d’abito forzato in scena di Lucia. Ben congegnato l’utilizzo del forziere pieno di gioielli con cui fa l’ingresso Arturo che diventa scrivania dove firmare il contratto di matrimonio: in tal modo si avvalora il sacrificio politico di Lucia e si evidenzia la contrapposizione dell’etica e del volere personali che devono piegarsi alla morale e alle strategie della politica. Inoltre, nel finale, Henning Brockhaus farà cadere Edgardo, ormai esanime, proprio sopra il tulle che sarà raccolto a terra in quanto ormai tutto era chiaro ed evidente. In quel momento si stabilisce una fusione del personaggio con le scene, della regia con la scenografia. Convincente ed emotivamente pregnante, la presenza in scena dell’arpa che esprime la centralità della musica, ribadita dal flauto traverso che, nel duetto con Lucia, prenderà il posto del direttore d’orchestra. Buona la performance dell’Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna che ben si muove sotto la direzione attenta di Stefano Ranzani, capace di interpretare con cura la partitura donizettiana, rendendo con grazia le diverse atmosfere e tratteggiando con precisione i colori dei diversi personaggi. Altrettanto ben sortito il Coro del Teatro Regio di Parma, istruito da Martino Faggiani e Fabrizio Cassi, che ha saputo sostenere con professionalità e precisione i solisti. Rispetto ai protagonisti, Ekaterina Bakanova ha dato prova di eccellente tecnica e ha dimostrato sinuose linee di canto e plasticità vocale che le hanno permesso di ben interpretare la complessa partitura di Lucia. Forse a volte è parsa poco precisa negli acuti e nelle agilità, ma la sua energia e la sua bellezze sceniche hanno sopperito a tali imprecisioni. Molto buona la prova di Mario Cassi nei panni Lord Enrico Ashton. La sua vocalità rotonda e potente, e la sua ricchezza timbrica gli hanno permesso di rendere efficacemente il personaggio. All’inizio Giuseppe Gipali (Sir Edgardo di Ravenswood) è apparso, invece, vocalmente non totalmente nel ruolo. Infatti la voce sembrava poco proiettata, ma nel corso della recita, ha acquisito sempre più corpo e vigore. Dal duetto con Enrico del terzo atto in avanti, Gipali ha espresso accenti vibranti e drammatici e un lirismo intenso, totalmente in linea con la partitura. Fra gli altri ruoli, segnaliamo la vocalità piena e potente di Roberto Carli che ha interpretato in modo istrionico Normanno; Elena Traversi che ha vestito con precisione i panni di Alisa; e il timbro luminoso di Matteo Desole (Lord Arturo Bucklaw). Dal punto di vista vocale, a Luca Dall’Amico (Raimondo Bidebent) è mancata la solenne corposità che il ruolo richiede. Nel complesso dunque proprio un bello spettacolo.