“Salome” al Teatro Carlo Felice di Genova

Teatro Carlo Felice, Stagione d’Opera 2015-2016
“SALOME”
Dramma musicale in un atto di Oscar Wilde. Traduzione tedesca di Hedwig Lachmann
Musica di Richard Strauss 
Salome LISE LINDSTROM
Jochanaan MARK DELAVAN
Narraboth PATRICK VOGEL
Herodias JANE HENSCHEL
Herodes HERWIG PECORARO
Erster Jude MARCELLO NARDIS
Zweiter Jude ALESSANDRO FANTONI
Dritter Jude NAOYUKI OKADA
Vierter Jude JASON KIM
Funfter Jude ALESSANDRO BUSI
Erster Sodat ROBERTO MAIETTA
Zweiter Soldat LUCA GALLO
Erster Nazarener FRANO LUFI
Zweiter Nazarener MANUEL PIERATTELLI
Ein Cappadocian ALESSANDRO BUSI
Ein Page MARINA OGII
Ein Sklave PATRICK VOGEL
Orchestra del Teatro Carlo Felice
Direttore Fabio Luisi
Regia Rosetta Cucchi
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Luci Luciano Novelli da un’idea di D. M. Wood
Nuovo Allestimento del Teatro Carlo Felice
Genova, 21 maggio 2016    
Una Salome, quella proposta dal Teatro Carlo Felice, che ci ha lasciato perplessi per diverse ragioni. In primis, la regia di Rosetta Cucchi è apparsa pretenziosa, quasi alla ricerca del modo per stupire, ma che alla fine si risolve con artefici e scelte già visti, alcuni dei quali da noi poco graditi. Fra tutti il ricorrere quasi ossessivo alla maschera funebre di Agamennone che vagamente può rimandare all’Elettra, ma che è assolutamente aliena alla tragedia di Salome. La motivazione offerta dalla regista che vede il celarsi del potere perverso non ci convince proprio. Inoltre ciò si ripete anche nell’offerta del boia della testa di Jochanaan resa attraverso una maschera d’oro, piena di sangue, poco funzionale alla drammaticità del fatto. Già conosciuta ma comunque gradevole la presentazione dei personaggi che avviene al di là del tulle illuminato dalle luci e anche la disposizione orizzontale su più piani che permette, per esempio nella scena della decapitazione, di avere due spazi diversi visibili in contemporanea. Inoltre sempre ben misurata la disposizione degli attori in scena mentre a volte deficiente la loro capacità di interagire. Interessante la presenza dell’Ein Page a incarnare, probabilmente, lo sguardo di un pubblico che gode del valore catartico di quanto viene rappresentato. Forse inutile il sipario per il cambio di scena dopo il duetto tra Salome e Jochanaan: sembrava qualcosa di irrisolto. Decorose le scene firmate da Tiziano Santi che puntano sulla profondità sia orizzontale sia vertile, e creano un movimento che va verso l’interno, come se si volesse rendere l’idea dell’essenza che sta dietro tutte le cose e la bellezza e la purezza nascoste che vanno rivitalizzate anche attraverso la fede. Molto pertinenti le luci realizzate da Luciano Novelli, da un’idea di D. M. Wood, che contribuiscono a questo senso di ricerca interiore e molto belli i costumi di Claudia Pernigotti, a eccezion fatta per quello di Herodias che non si allinea con gli altri e che, soprattutto, non valorizza per nulla l’interprete, rendendole anche più difficoltoso il movimento. Abbiamo apprezzato il cambio di abito di Salome prima e dopo la danza dei sette veli. Da un sensuale rosso a un bianco quasi matrimoniale, in contrapposizione col dramma che invece pretendeva fosse consumato. Quel bianco indica probabilmente la purezza profonda del personaggio, reso torbido dall’influsso malefico della madre, quella purezza che solo la fede avrebbe potuto risvegliare.
Veramente elegante e ben realizzata la danza dei sette veli, appunto, dove la ballerina e non la cantante, in fine, si offre al pubblico interamente nuda. Rende la carnalità, la sensualità e la perversione del personaggio di Salome con grazia e precisione. Il suo sguardo o il suo tocco riescono a ammaliare gli uomini che le cadono ai piedi, totalmente in sua balia. La realizzazione di questa scena è quasi cinematografica, in quanto è su un piano rialzato lontano da Herodes e Herodias che, come gli spettatori in sala, assistono interessati. Buona la direzione musicale di Fabio Luisi che colora con cura le parti più drammatiche del capolavoro lirico di Richard Strauss e che interpreta con ritmo e partecipazione la partitura. Non sempre invece precisa l’Orchestra del Carlo Felice che a volte manca di compattezza. Rispetto al cast, più che dignitosa l’interpretazione vocale di Lise Lindstrom nel ruolo della protagonista. Affronta con personalità l’impervia partitura, anche se incorre in forzature di suono e lascia a desiderare nella gestione della linea di canto. Apprezzabile invece la sua presenza scenica e il suo indubbio magnetismo. I suoi movimenti  sono precisi, ben studiati e la sua bellezza e la sua energia le permettono di rendere con vigore e sensualità la parte. È affiancata da Herwig Pecoraro che ben interpreta vocalmente il ruolo di Herodes. Forse risulta troppo concentrato su stesso, sulla perfetta esecuzione, e qualche volta perde di vista il suo personaggio che a tratti è debole. La sua voce luminosa e ben proiettata però gli consentono una buona performance, nonostante delle piccole imprecisioni in termini di tempo. Invece risulta modesta e totalmente immobile l’Herodias di Jane Henschel, la cui interpretazione non va oltre una certa anonima”routine”.  Da segnalare inoltra la buona prova di Patrick Vogel nei panni Narraboth e in quelli di Ein Sklave. Anello debole del cast Mark Delavan nel ruolo di Jochanaan. La voce appare opaca, si avverte un certo logorio e il registro acuto suona, come suol dirsi, indietro. Nel complesso valido l’apporto delle parti di fianco che hanno ben svolto il proprio compito: Marcello Nardis (Erster Jude), Alessandro Fantoni (Zweiter Jude), Naoyuki Okada (Dritter Jude),  Jason Kim (Vierter Jude), Alessandro Busi (Funfter Jude), Roberto Maietta (Erster Sodat), Luca Gallo (Zweiter Soldat),  Frano Lufi (Erster Nazarener), Manuel Pierattelli (Zweiter Nazarener), Alessandro Busi (Ein Cappadocian) e Marina Ogii (Ein Page). Foto Marcello Orselli

 

 

 

 

 

 

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