“1890_Natura Morta” di Virgilio Sieni a Vie Festival Contemporanea Festival di Modena

Modena, Vie Scena Contemporanea Festival
“1890_NATURA MORTA”
Coreografia e regia Virgilio Sieni
Musica eseguita dal vivo dalla Corale G. Savani
Direttore Giampaolo Violi
Interpreti 42 cittadini e la Corale G.Savani
Assistenti al progetto Gaia Germanà, Daina Pignatti
Produzione: Compagnia Virgilio Sieni, Ert – Emilia Romagna Teatro Fondazione
Modena, 16 ottobre 2016
La scena è vuota. Una scatola nera accoglie, come tela nuda, i quasi cento protagonisti di “1890_Natura Morta”, esito dell’imponente progetto che Virgilio Sieni ha realizzato ispirandosi al pittore bolognese Giorgio Morandi (nato appunto nel 1890) e presentato in prima assoluta a Vie Scena Contemporanea Festival.  Il coro danzante dei 42 “cittadini” (giovani, anziani, professionisti e amatori) e quello cantante della Corale Savani diretta da Giampaolo Violi disegnano un paesaggio umano al tempo stesso lieve e monumentale, magma corporeo che ondeggia come se fosse un sol uomo, marea di membra mosse e scosse come da un alito di vento. Nel fare appello all’universo artistico di Giorgio Morandi, Virgilio Sieni ha concepito i corpi degli interpreti, diversi fra loro per età, conformazione fisica e famigliarità col movimento, come materia pittorica da orchestrare sullo sfondo oscuro della scena, sbalzandone semmai i contorni grazie alla luce che, ora pallida e ora piena, li colpisce e li riempie, non solo conferendo loro sostanza umana, ma anche trasportandoli in un luogo lontano e senza tempo.
La “natura morta”, allora, si manifesta attraverso i lacerti di gesti, atteggiamenti e posture che emergono dal fluire incessante della danza collettiva, tenacemente sostenuta, per tutti i cinquanta minuti dello spettacolo, dalle voci dei coristi, capaci di far vibrare l’atmosfera di una pulsazione emotiva costante e tesa fra l’ariosità e la concitazione, la delicatezza e la magniloquenza.
Mentre, schierati sullo sfondo, i coristi riempiono l’aria di emozione fatta suono, in proscenio il gruppo danzante agisce come percorso da un flusso dinamico incessante: gli interpreti si cercano, si sfiorano, si sostengono l’un l’altro dando vita così a un movimento compatto eppur polimorfo, fatto di gesti semplici e lievi (sostenere il capo dell’altro, sfiorargli il volto, accompagnarne la caduta al suolo o mettergli una mano sulla spalla), ma che raccontano di un’umanità intensa e gentile, un’umanità che ha scelto di conoscersi attraverso il gesto, la prossimità, l’ascolto reciproci.
Tenui e leggiadri come i colori e i tessuti degli abiti (solo semplici maglie e pantaloni) che ne rivestono il corpo, gli interpreti agiscono secondo una dinamica in cui singolo e moltitudine si perdono e si esaltano a vicenda: se il coro non smette di ricomporsi e riconfigurarsi ora sotto forma di ondata compatta, ora come articolata costellazione corporea, ora quasi fosse un gruppo scultoreo, il singolo reclama a più riprese la propria unicità, offrendosi allo sguardo del pubblico con tutte le sue fragilità, peculiarità e incrinature individuali.
Nel costante cedimento del corpo su se stesso, nel protendere le mani verso l’altro, nelle camminate all’unisono o, sullo splendido finale, nell’alitare ritmico del gruppo con le mani aperte che premono l’aria, si concretizzano i momenti di maggior impatto di questo spettacolo lieve e potente, arcano, magnetico, caldo d’affetto per un’umanità fragile ma coraggiosa, tremante eppure pronta ad accogliere l’Altro. (ph. Virgilio Sieni)