Un “lago dei cigni” evocato e intimista quello di Wheeldon al Teatro dell’Opera di Roma

Roma, Teatro dell’Opera di Roma, stagione di balletto  2015-2016
“IL LAGO DEI CIGNI”
Balletto in quattro atti
Musica Pëtr Il’ič Čajkovskij
Direttore Nir Kabaretti
Coreografia Christopher Wheeldon da Marius Petipa eLevIvanov ripresa da Jason Fowler e Nicolas Blanc
Scene Adrianne Lobel
Costumi Jean-Marc Puissant
Orchestra, Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma
Odette/Odile LAUREN CUTHBERTSON
Principe Siegfried FEDERICO BONELLI
Mecenate/Von Rothbart MANUEL PARUCCINI
Roma, 1 ottobre 2016
Il Lago dei cigni è senz’altro il più celebre titolo del repertorio classico. Commissionato dai Teatri Imperiali di Mosca a Čajkovskij nel 1875, il balletto ebbe la sua prima infelice messa in scena due anni dopo al Bolshoi, con la coreografia del poco noto Wenzel Reisinger, finché non conobbe la sua consacrazione nel 1895, oramai morto il suo compositore, con la ben più fortunata coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov.Insomma, Il lago era il primo balletto della famosa trilogia a essere composto da Čajkovskij (La bella addormentata e Lo schiaccianoci furono rappresentati rispettivamente nel 1890 e 1892), ma la sua realizzazione scenica nella versione oggi più conosciuta e passata alla storia è arrivata dopo quasi vent’anni. Disavventure di palcoscenico che ci fanno capire come non basti una musica tanto straordinaria per rendere altrettanto straordinario il balletto.
C’è da chiedersi cosa rimane di un classico come questo nella rivisitazione di Christopher Wheeldon, in scena in prima nazionale dal 27 settembre al 5 novembre al Teatro dell’Opera di Roma. Commissionato dal Pennsylvania Ballet di Philadelphia nel 2004, Il lago dei cigni è tutto sommato un’opera giovanile del coreografo inglese cresciuto in seno a due delle compagnie più prestigiose del mondo – il Royal Ballet e il New York City Ballet – e precede di qualche anno i due balletti “rivelazione”del coreografo, Alice’s Adventures in Wonderland (2011) e The Winter’s Tale (2014), che mostrano il vero talento di Wheeldon per il balletto di marca squisitamente narrativa.
Negli anni si sono avvicendate diverse e interessanti riletture del Lago, fra cui quelle di John Neumeier (1976), MatsEk (1987) e Matthew Bourne (1995), e lo stesso Teatro Costanzi ha visto succedersia partire dagli anni cinquanta le versioni di Balanchine e quella british di Ninette de Valois, poi quella di Grigorovitch, e le più recenti di Galina Samsovae Patrice Bart. Tuttavia, il titolo rimanda inevitabilmente al capolavoro di Petipa/Ivanov e a tutto ciò che vi è racchiuso, un immaginario e un soggetto specifici sulla leggenda e la figura della fascinosa donna-cigno, a cui si erano ispirati i librettisti Vladimir Beghiscev e Vasily Ghelzer, e quindi Čajkovskij per la partitura.
La struttura narrativa, benché modificata rispetto al primo libretto da Petipa, che era intervenuto anche sulle parti musicali, ruota fondamentalmente intorno ad alcuni personaggi principali: il principe Siegfried, la fanciulla-cigno Odette e il genio del male Rothbart con sua figlia Odile. L’azione, costituita da quattro atti in un alternarsi di realtà (atto I e III) e sogno (II e IV), inizia con gli allegri festeggiamenti della maggiore età del principe interrotti dall’arrivo della regina madre che comunica al figlio il suo dovere di scegliere al più presto una sposa. Il giovane, in compagnia degli amici, e un po’ malinconico, si dilegua nel bosco notturno per andare a caccia, si imbatte così in uno stormo di cigni che improvvisamente assumono sembianza umana. Egli è subito attratto dalla bellezza di una di loro, Odette, la quale gli racconta della triste condizione di sottomissione a Rothbart, artefice di un incantesimo che ha trasformato le fanciulle in cigno restituendo loro l’aspetto umano durante la notte; solo l’amore di un uomo, ancora non promesso sposo ad alcuna, potrà liberarla dal sortilegio a patto che questo amore non venga mai tradito. Siegfried le giura fedeltà e Odette, anche se timorosa per una possibile interferenza malefica di Rothbart, si lascia andare nelle sue braccia. Questo secondo atto “bianco”, creato da Ivanov, costituisce insieme al quarto l’essenza del balletto stesso, ma è anche la premessa per la catastrofe del terzo atto: durante il ballo a corte per la scelta della sposa, Siegfried viene conquistato da Odile, incredibilmente simile a Odette, ma frutto dell’inganno di von Rothbartche alla fine  trionfa sulla figura della fanciulla-cigno per sempre sua prigioniera. Nell’atto quarto Siegfried giunge presso il lago per chiedere perdono a Odette, è l’ultimo incontro prima del tragico finale che vede i due protagonisti eroi gettarsi nel lago per non accettare l’infausto destino che li avrebbe visti separati nella vita.
L’operazione drammaturgica di Wheeldonva a modificare notevolmente questa struttura narrativa e quel che resta di più autentico del Lago è il suo lato onirico, rappresentato dal coro di fanciulle-cigno e dalla principessa-cigno Odette, elementico stitutivi della narrazione come il titolo suggerisce.
Il coreografo è stato ispirato dai famosi quadri a soggetto coreutico di Edgar Degas, da cui nasce la cornice “metalinguistica” che contraddistingue questa rilettura. Il protagonista, interpretato dal principal dancer del Royal Ballet Federico Bonelli, è il primo ballerino di una compagnia di danza che deve mettere in scena Il lago dei cigni; il primo atto inizia infatti in una sala prove con i danzatori, il maître de ballet e il mecenate, figure che Wheeldon inserisce nel tessuto narrativo e che rimandano ai dipinti dell’artista francese. Mentre il maestro di ballo è rappresentato in un modo piuttosto convenzionale, il mecenate assume una funzione drammaturgica importante – forse non d’immediata comprensione per lo spettatore – poiché è associato nella mente del primo ballerino al cattivo Rothbart: il distinto signore in nero con il cappello a cilindro ammicca a una delle ballerine soliste, le bacia la mano, provocando dei turbamenti nel protagonista. Entrambi i ruoli sono interpretati dal bravo Manuel Paruccini, primo ballerino del Teatro.
In questo atto la realtà diegetica si mescola alla messinscena del primo atto del Lago dei cigni, i danzatori entrano nei rispettivi ruoli e segue quindi un valzer. Da segnalare l’ottima esecuzione del corpo maschile e il grazioso e brioso pas de trois composto dalla prima ballerina Rebecca Bianchi e dai solisti Susanna Salvie Alessio Rezza, particolarmente applauditi.
L’idea del balletto nel balletto non funziona del tutto e in alcuni momenti per chiarire l’azione è necessario consultare la sinossi nel programma di sala, dove i due piani narrativi sono ben distinti con due diversi tipi di carattere. L’alternanza dei due piani, certamente più complessa da rendere in scena, risulta confusa in alcuni punti e la narrazione si complica ancor di più quando con il secondo atto subentra il piano onirico. Finite le prove, la sala si svuota e le luci si abbassano, il grande specchio si sposta verso il centro del palco e poi sparisce dalla quinta opposta, un lago e uno stormo di cigni compaiono sotto forma di proiezionisulle pareti. La metamorfosi dello spazio corrisponde al cambio del punto di vista, da qui vedremo con gli occhi del primo ballerino, rimasto solo, che rivive il ruolo del Principe Siegfried. Questo cambio di scena a vista è il segnale di cesura fra il primo e il secondo atto, che quindi appaiono accorpati per dare una continuità all’azione e renderla plausibile. Una soluzione che però rende pesante e lunga la prima parte del balletto, fortunatamente in forte ripresa drammatica con la comparsa di Odette, il cigno trasformato in fanciulla, interpretata splendidamente da Lauren Cuthbertson. La variazione di Odette, intrisa di paura e distacco, conquista immediatamente Siegfried e anche noi. Le danze del coro delle fanciulle-cigno con le braccia incrociate a indicare la prigionia, che Wheeldon ha dovuto adattare nelle disposizioni per il minor numero di ballerine per il primo cast, sono toccanti, così come è resa bene la relazione di potere fra esse e von Rothbart. Il pas de quatre dei cigni piccoli, eseguito da Marta Marigliani, Giovanna Pisani, Giorgia Calenda e Sara Loro, tiene col fiato sospeso, e siamo rapiti dal bellissimo pas de deux di Siegfried e Odette, di cui ricordiamo la linea perfetta delle gambe nelle arabesques e la densa espressività delle braccia, mentre il coro di cigni in posa incornicia la scena. Giunta l’alba, il momento magico è interrotto da von Rothbart che porta via Odette e le sue compagne di sventura. Il sogno così svanisce e siamo di nuovo nella sala prove su cui il sipario si chiude.
Nel terzo atto si omaggia la nuova produzione del Lago dei cigni con una cena a cui prendono parte la compagnia e diversi gentiluomini; l’ambientazione rimanda ai locali parigini di fine Ottocento eil riferimento a Degas è qui esplicitato attraverso l’esposizione di un suo quadro a lato della scena. Gli invitati prendono posto a tavola, mentre alcune coppie iniziano a danzare. Il mecenate offre uno spettacolo di cabaret che termina con un can can sui tavoli, quando improvvisamente entra in scena una seducente donna vestita di nero. La trama del Lago si inserisce ancora una volta nel tessuto narrativo per dare vita al passo a due di grande intesa fra il primo ballerino/Siegfried e Odile, i due piani narrativi ora coincidono perfettamente. È straordinario Bonelli nella sua variazione, brillante la Cuthbertson nell’esecuzione dei 32 fouettés. Le sue gambe alte e forti emanano tanta energia da conquistare irrimediabilmente Siegfried, che con questo tradimento segna il destino della dolce Odette, la cui immagine appare nello specchio fra le fiamme, svelando al giovane la terribile conseguenza del suo gesto.
Con il quarto atto, il meno lungo ma il più riuscito dal punto di vista narrativo e coreografico, siamo nuovamente nella fantasia del protagonista: Siegfried è alla ricerca disperata della sua amatae si dimena fra le fanciulle cigno finché non appare Odette, sballottata fra il Principe e Rothbart, intervenuto presto per distaccare la coppia ma ostacolato dal corpo di ballo che lo accerchia. Odette ha infatti perdonato Siegfried ma resterà comunque un cigno per sempre, si dissolve quindi insieme alle altre lasciando ancora una volta il giovane in una desolata sala prove che si ricompone dei suoi elementi, fra cui lo specchio rivelatore dell’inganno. (ph. Jean-Charles Verchère)

 

 

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