Cremona, Teatro Ponchielli – Stagione 2016-2017
“TURANDOT”
Dramma lirico in tre atti su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni.
Musica di Giacomo Puccini
Turandot, principessa TERESA ROMANO
Altoum, suo padre, imperatore della Cina MARCO VOLERI
Timur, re tartaro spodestato ALESSANDRO SPINA
Calaf, il Principe Ignoto, suo figlio RUBENS PELIZZARI
Liù, giovane schiava, guida di Timur MARIA TERESA LEVA
Ping, Gran Cancelliere LEO AN
Pang, Gran Provveditore SAVERIO PUGLIESE
Pong, Gran Cuciniere EDOARDO MILLETTI
Un Mandarino OMAR KAMATA
Coro di OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Banda di palcoscenico ‘Isidoro Capitanio’ di Brescia
Coro di voci bianche Mousike’ Smim Vida di Cremona
Direttore Carlo Goldstein
Maestro del coro Diego Maccagnola
Maestro del coro voci bianche Raul Dominguez
Regia, scene e luci Giuseppe Frigeni
Costumi Amelie Hass
Allestimento della Fondazione del Teatro Comunale di Modena. Coproduzione dei Teatri di OperaLombardia
Cremona, 11 novembre 2016
Una scena spoglia con una struttura di legno con un cerchio col diametro spezzato in due al centro: una non troppo stilizzata rappresentazione del Gong. Tre samurai con lance eseguono forme e taka ben definiti. Il Principe di Persia giace morto a destra nel palco. Piano piano il Gong lascia il posto alla fossa con i decapitati. Il coro ai lati come un pubblico assiste alla scena. E così ha inizio la versione di Turandot del duo in scena Goldstein e Frigeni. Nessun riferimento specifico alla Cina, ma era chiara l’atmosfera che riconduceva tutti all’Estremo Oriente. Una regia, quella di Giuseppe Frigeni, complessivamente tradizionale, ma con dei personalismi che non dispiacciono e con una forte caratterizzazione di alcuni personaggi. Curando anche le scene, Frigeni valorizza le sue scelte con più semplicità e lo spettacolo arriva al pubblico dotato di una certa coerenza in un’esaltazione del misticismo proprio come voluto dallo stesso Puccini. La gestione delle luci, curata dallo stesso regista, è altalenante. Sono capaci di contribuire alla creazione di un’atmosfera suggestiva, come nella celeberrima aria di Liù che anticipa il suo suicidio, ma nei particolari alcune scelte risultano incomprensibili. Turandot, ad esempio, è sempre al buio opponendosi all’imperatore che è sempre illuminato. Belli i costumi, firmati da Amelie Hass, anche se sicuramente il mantello di Turandot poco valorizza la cantante, rendendole scomodi i movimenti. Cambia completamente quando, cedendo all’amore di Calaf, lo lascia cadere rimanendo con un lineare abito cinereo. La direzione di Carlo Goldstein invece è partecipata, appassionata, attenta e l’Orchestra I Pomeriggi Musicali si muove con precisione seguendo la bacchetta del maestro. Il direttore affronta la scrittura pucciniana con tecnica ineccepibile raggiungendo in particolari momenti una perfetta simbiosi tra la buca e gli interpreti e puntando sulla solennità liturgica, allineandosi perfettamente all’intenzione mistica del regista. Abbiamo apprezzato la resa del leitmotiv del terrore che incute la principessa molto ben accentato dallo stesso Goldstein. Il Coro di OperaLombardia, istruito dal Maestro Diego Maccagnola, nonostante la lateralità scenica che non garantiva una compattezza del suono, si distinto per una buona performance, ben integrandosi con i solisti. Il Coro di voci bianche Mousike’ Smim Vida di Cremona diretto da Raul Dominguez, tecnicamente non sempre preciso, ha occupato i palchi di proscenio degli ordini più alti, risultando poco visibile, ma sicuramente molto udibile. Passando al cast, ha spiccato Maria Teresa Leva. La sua Liù è la perfetta alter ego di Turandot. Una vocalità duttile e omogenea: nel primo atto abbiamo goduto dei suoi filati eterei, e nel proseguo invece abbiamo seguito la sua progressione drammatica culminante in una commovente “Tu che di gel sei cinta”. Buona la prova di Teresa Romano. Una vocalità robusta, tecnicamente sicura, le consentono di rappresentare una Turandot dalle sfumature più umane e meno di “gelida” principessa. Più alterno il Calaf del tenore Rubens Pelizzari, dal registro acuto faticoso e non sempre a fuoco. Pelizzari gestisce meglio la dimensione più lirica del personaggio (“Non piangere Liù) mentre si mostra più teso e affaticato nella tanto attesa “Nessun dorma” che passa senza lasciare particolari emozioni. Ottimo Alessandro Spina nei panni di Timur. Il basso è dotato di voce corposa, potente specialmente nel registro grave e finemente espressiva, e di un buon fraseggio. Assolutamente all’altezza del loro ruolo Leo An (Ping), Saverio Pugliese (Pang) e Edoardo Milletti (Pong). Buone le loro vocalità fra cui spicca per colore, timbro quella di An, e interessante la resa attoriale dei personaggi, in particolare nella scena del secondo atto. Completano il cast Omar Kamata (Mandarino) e Marco Voleri (Altoum).