Pavia, Teatro Fraschini, Stagione Lirica 2016-2017
“IL TURCO IN ITALIA”
Opera buffa in due atti. Libretto di Felice Romani.
Musica di Gioachino Rossini
Selim FABRIZIO BEGGI
Donna Fiorilla PAOLA LEOCI
Don Geronio MARCO BUSSI
Don Narciso RUZIL GATIN
Prosdocimo VITTORIO PRATO
Zaida MARTA LEUNG
Albazar STEFANO MARRA
Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali
Direttore Christopher Franklin
Maestro del coro Giuseppe Califano
Regia Alfonso Antoniozzi
Scene Monica Manganelli
Costumi Mariana Fracasso
Luci Nando Frigerio
Nuovo allestimento, coproduzione dei Teatri Opera Lombardia – Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Grande di Brescia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Como e Teatro Donizetti di Bergamo.
Pavia, 18 novembre 2016
Buona la prima! Si potrebbe così sintetizzare la premiere de “Il turco in Italia” al Teatro Fraschini, una nuova produzione dei Teatri Opera Lombardia. Gusto, raffinatezza, eleganza e leggerezza, gli ingredienti che hanno guidato Alfonso Antoniozzi nel dirigere questo allestimento per cui è notevole l’investimento sui video che hanno suggestivamente sorretto l’intenzione registica, immergendo il pubblico, fin dall’inizio, nei libri, in ciò che rappresentano, ovvero una fonte di riflessioni, storie, leggende, curiosità e punti di vista. Sono libri che si animano e diventano la metafora che regge tutta la pièce. E mentre i video di inchiostro si amalgamano in scritte, disegni più o meno definiti, macchie di colore, la scena è occupata dal poeta, Prosdocimo, che per il regista diventa l’anchorman della sua versione, adagiato comodamente su una collina di libri, intento a sfogliarne alcuni, strappare alcune pagine, prendere appunti, cercando l’idea capace di ispirarne la realizzazione di un’opera. “Ho da fare un dramma buffo e non trovo l’argomento!” si compone alle sue spalle. La volontà di disorientare i presenti è tanta giacché i passaggi tra realtà e finzione, tra la vita quotidiana dei protagonisti, fatta di equivoci, tradimenti, avidità, pettegolezzi, e la costruzione della trama di un’opera del poeta, sono repentini. Infatti, Prosdocimo è onnipresente, sempre in scena. Osserva come un testimone e attiva come un burattinaio i suoi personaggi in un continuum di verità e meraviglia letteraria. Prosdocimo è l’alter-ego del regista che si compiace del suo investimento in questo personaggio, in una versione che si muove tra avanspettacolo e musical, in un caos di prospettive che spiazzano. “Ma adesso in scena sarà proposta la realtà o il frutto dell’immaginazione del poeta?” spesso ci si domanda. E diversi sono i passaggi dei copioni da cui è ricavabile la specificità di quell’azione. Accanto alla pila di libri, pochissimi sono gli elementi scenici presenti, in quanto il potere delle immagini e dei video è veramente imperante. La maggior parte degli oggetti scenici entra trascinata su delle pedane per dare anche il senso del palco che è comunque su un livello diverso da quello reale. Una consolle con uno specchio e una sedia. Un divano. Sei giovani turchi a petto nudo. Un letto in ferro battuto. Un piccolo tavolino con dei cassetti con una base impastata per il pane. Un tavolo con due sedie e un fiasco di vino. Tre tavoli con sedie. Ben tratteggiati tutti i personaggi, soprattutto Prosdocimo, un brillante poeta che a tratti sembra un filosofo, poi un regista e ancora un giornalista. Donna Fiorilla, una “femme fatale” che, in alcuni momenti, rasenta una vocazione sadica, da vera maîtresse anni Cinquanta, ritratta per due volte in mezzo ai sei maschioni turchi, e una volta, addirittura, ne calpesta con foga uno a dimostrare il potere del gentil sesso. Don Geronio che, in una scena, sembra il cagnolino di Selim, totalmente arreso al facoltoso macho esotico. Molto macchiettistica la scena della zuffa tra le due donne che diventano oggetto di scommessa da parte degli uomini in scena. Interessante il giornale che viene scambiato volutamente con il copione. E poi ancora originale la partita a carte tra Don Geronio e Selim che poi diventa un braccio di ferro, ripreso dallo stesso turco e da Donna Fiorilla, con la vittoria di quest’ultima. Il contenitore roteante dei numeri della tombola, mosso dal Poeta, a sottolineare il fatalismo del destino e uno che grida: “Terno! Terno!” Un balletto bizzarro. E il finale intenso con un inchino, con i sei turchi di spalle, tre a destra e tre a sinistra del palco, a facilitare l’immedesimazione del pubblico, a dimostrazione del fatto che era tutto finzione. Anche nei saluti al centro la figura di Prosdocimo che richiama i suoi attori, il direttore d’orchestra e il regista, accompagnato dal suo staff, per ricevere il plauso degli spettatori. Da quanto detto, la costruzione scenica risulta sempre coerente con i video che precisano, puntualizzano, riportano i brani più significativi e ambientano quanto si sta consumando sul placo. Il continuo ricorso a questi però limita la gestione delle luci che, a volte, appare un po’ monotona. La direzione dell’orchestra di Christopher Franklin è stata precisa, in tono con la visione registica di Antoniozzi con cui ben si amalgama. L’Orchestra I Pomeriggi Musicali ha risposto con attenzione alle indicazioni del maestro americano che “accarezzava” le melodie rossiniane con delicatezza e partecipazione e che ha creato una buona comunicazione tra la buca e i solisti. La prova del Coro di OperaLombardia, istruito da Giuseppe Califano, se pur con qualche disomogeneità vocale, ha gestito la scena con grande disinvoltura. Passando ai solisti, Paola Leoci padroneggia bene la coloratura rossiniana, ma soprattutto emerge nella caratterizzazione di Fiorilla, che rende svenevole, civetta e viperina. Fabrizio Beggi (Selim) ha un fraseggio vario, morbido, arguto, mai caricaturale e una vocalizzazione molto corretta. Marco Bussi è un brillante Don Geronio. Bussi presenta un bel colore timbrico, una tecnica sufficientemente sicura e un’abile gestione del canto sillabato uniti a un naturale senso del teatro. A proprio agio anche Vittorio Prato (Prosdocimo) in una tessitura che gestisce agilmente anche grazie a un uso eloquente eloquente del fraseggio. Sempre brillante e di rilievo la sua presenza attoriale. Buona la prova del tenore Ruzil Gatin che ha saputo rendere, in modo elegante, il personaggio di Don Narciso. Completano con correttezza il cast: Stefano Marra (Albazar) e Marta Leung (Zaida). Foto Alessia Santambrogio
Mi sono molto divertito e ho apprezzato tutto il gruppo di cantanti di orchestrali e delle comparse,( mio figlio Enrico spiccava su tutti). La scenografia con i video era originalissima, Complimenti a tutti