Lucca, Teatro del Giglio, Stagione lirica 2016/2017
“DIE ZAUBERFLÖTE” (Il flauto magico)
Opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder
musica di Wolfgang Amadeus Mozart
Editore Bärenreiter. Rappresentante per l’Italia Casa Musicale Sonzogno di Piero Ostali, Milano opera in lingua originale, sovratitoli in italiano realizzati dalla Fondazione Teatro Goldoni
Sarastro MANRICO SIGNORINI
Tamino BLAGOJ NACOSKI
Regina della Notte MARIA LAURA MARTORANA
Pamina YUKIKO ARAGAKI
Papageno WILLIAM HERNANDEZ
Papagena SILVIA LEE
Monostatos ANTONIO PANNUNZIO
Prima Dama ROXANA HERRERA DIAZ
Seconda Dama SARA PAONE
Terza Dama CARLOTTA VICHI
Oratore degli Iniziati, Primo Sacerdote, Secondo Armigero EUGENIO DI LIETO
Secondo Sacerdote, Primo Armigero GIUSEPPE RAIMONDO
Tre Geni – Fanciulli CHIARA DELFINO, FRANCESCA SPILLER, AGNESE CASAROSA – MARGHERITA CARNICELLI, MARTINA NICCOLINI, ALICE SCHIASSELLONI (elementi provenienti dal Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni diretto da Marisol Carballo)
Orchestra della Toscana
CLT Coro Lirico Toscano
Coro Voci Bianche della Fondazione Teatro Goldoni
Direttore Dejan Savić
Maestro del coro Marco Bargagna
Regia, scene e costumi Lindsay Kemp
Coreografia e aiuto regia Daniela Maccari
Illuminazione e aiuto regia David Haughton
Progetto scenografico Sergio Seghettini
Nuovo allestimento del Teatro Goldoni di Livorno
coproduzione Teatro Goldoni di Livorno, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro di Pisa
in collaborazione con Luglio Musicale Trapanese
Lucca, 21 gennaio 2017
Dopo diciassette anni di assenza dal palcoscenico lucchese, torna al Teatro del Giglio Il flauto magico (Die Zauberflöte) di Wolfgang Amadeus Mozart, titolo-cardine del grande repertorio operistico.
La regia dell’allestimento è affidata a Lindsay Kemp che firma anche scene e costumi dell’opera mozartiana molto affine alla sua natura artistica sia per la singolare commistione di linguaggi musicali nella partitura sia per come il soggetto trascende le categorie ortodosse, miscelando sacro e profano, serietà e comicità, fantastico e quotidiano.
Lindsay Kemp accompagna per mano gli spettatori nel gioco musicale e teatrale di quella delicata fabbrica di incanti che è il Flauto magico, dove felicità e ottimismo sono tenacemente perseguiti e raggiunti dai protagonisti dell’opera dopo tante peripezie e difficili prove.
Un allestimento colorato, un’ambientazione surreale, ben lontana dalla cornice egiziana, propria dell’opera. Dei costumi meravigliosi con tinte diverse, ma tutto perfettamente coerenti con l’idea registica che da questi e dalla suggestiva gestione delle luci di David Haughton si trova sostenuta e rinvigorita.
Per quanto riguarda le scene, si tratta di una struttura statica a due piani, con le tre porte rese con grate di ferro: pare dover fare i conti con un palco di dimensioni non propriamente idonee a supportarla. Anche gli stessi cantanti sembrano costretti a limitare la loro espressività corporea. Ci colpiscono la scena in cui vengono rapiti Papageno e Pamina e lo sketch ballato con cui interpretano la loro fuga; i provocatori servitori in slip rossi; alcune stucchevoli gestualità richieste a Tamino; i tre geni in bicicletta e con l’archetto che ne amplifica i volumi; il finale con i petali di rosa e la benedizione dall’alto di Sarastro. Aspetti caratteristici di una storia, il cui spessore esoterico sbiadisce dietro una volontà popolare di strappare un sorriso e di raggiungere tutti.
Sul podio dell’Orchestra della Toscana e CLT Coro Lirico Toscano, istruito da Marco Bargagna, il direttore Dejan Savić, grande conoscitore della partitura che rende con raffinatezza e grazia. L’Orchestra lo segue quasi ipnotizzata dalla sua bacchetta, riuscendo a rendere con precisione ed eleganza tutte le sfaccettature del celeberrimo dramma eroicomico in due atti. Buona anche la comunicazione tra la buca e il palco, e i volumi sono sempre equilibrati.
Passando al cast, riscontriamo un primo atto un po’ sottotono per tutti. Riprendere un allestimento dopo più di due mesi (Livorno 11-13 novembre 2016, nonostante la tappa pisana) e un teatro diverso, il Giglio, da quello in cui si è provato per circa tre settimane (il Goldoni) hanno reso necessario per i protagonisti del tempo per ritrovare la giusta sinergia.
Nel secondo atto invece i colori e le intensità cambiano e tutti si caratterizzano per una buona presenza scenica. Come accade frequentemente a spiccare è la figura di Papageno qui brillantemente interpretata dal baritono William Hernandez che veste con freschezza e grande verve attoriale i panni dell’Uccellatiore. Una voce rotonda, chiara, una buona linea di canto e una emissione notevole miste a una sua naturale simpatia e una mimica ineccepibile, lo rendono assolutamente idoneo al ruolo dell’uccellatore. Bella la vocalità e decisamente interessante il timbro del basso Manrico Signorini (Sarastro) se pur con qualche disomogeneità nel controllo del registro acuto che risulta un po’ schiacciato. Blagoj Nacoski, musicale, sensibile nel fraseggio, una vocalità solida e duttile, unita a una presenza scenica elegante e signorile, rendono in modo convincente l’evoluzione psicologica di Tamino. Aggraziata la Pamina di Yukiko Aragaki. Il timbro è luminoso, la linea di canto non privo di interesse, si percepisce però una certa tensione nella gestione del registro acuto.
Il soprano Maria Laura Martorana (Regina della Notte) è valida più sul piano drammatico interpretativo che su quello tecnico vocale a causa di certe asperità e forzature di registro che poco si addicono alla resa del personaggio. Corretti Giuseppe Raimondo (Secondo sacerdote e armigero) e le tre dame (Roxana Herrera Diaz, Sara Paone e in particolare Carlotta Vichi).
Mostrano invece dei limiti le prestazioni di Antonio Pannunzio (Monostratos), di Silvia Lee (Papagena), delle interpreti dei Tre Geni-Fanciulli, e di Eugenio Di Lieto (Primo sacerdote e Oratore).
