Arturo Toscanini ( 25 marzo 1867 – 16 gennaio 1957) a 150 dalla nascita

Tutti sapevano che conoscevo le opere a memoria: quando passavamo le parti li accompagnavo al piano senza guardare lo spartito. Io non volevo venir fuori, ma una corista, una certa signora Leoni di Parma, brutta come il diavolo, mi supplicò di andare. Volevano che mi mettessi in frac – ho detto no, no..”
Così lo stesso Arturo Toscanini ricordò le circostanze del suo debutto sul podio il 30 giugno 1886 a Rio de Janeiro nell’Aida di Verdi. Nato a Parma il 25 marzo 1867, Toscanini, che si era diplomato nel 1886 in violoncello e composizione alla Regia Scuola di Musica di Parma (oggi Conservatorio) con il massimo dei voti e la lode, ottenendo anche il premio Barbacini di 137,50 lire, era stato scritturato come primo violoncello e maestro sostituto del coro da una compagnia operistica che sarebbe partita per il Brasile nella primavera dell’anno seguente. Giunti a San Paolo, il direttore locale, non particolarmente gradito dagli orchestrali italiani e apertamente contestato, dopo una sfortunata rappresentazione della Favorita di Donizetti e le disastrose recite del Faust di Gounod ed Aida a Rio de Janeiro, dove la compagnia si era spostata, fu costretto alle dimissioni e miglior fortuna non ebbe il suo sostituto. Fu, allora, che gli orchestrali, i quali avevano apprezzato le doti del giovane maestro durante la traversata nei momenti in cui li accompagnava al pianoforte per ripassare le parti, quasi trascinarono sul podio Toscanini che, vestito da orchestrale, debuttò dirigendo a memoria. Nonostante non avesse la meccanica del gesto, come egli stesso ricordò, fu un trionfo che segnò l’inizio della carriera di un mito della direzione d’orchestra che avrebbe debuttato in Italia, a Torino il 4 novembre dello stesso anno, dirigendo l’Edmea di Alfredo Catalani. In Italia, però, il giovane Toscanini non si dedicò immediatamente alla direzione d’orchestra ma continuò a suonare  io violoncello; fu scritturato l’anno successivo come secondo violoncello alla Scala per la stagione dicembre-aprile e in quell’occasione ebbe modo di suonare in una storica prima: quella dell’Otello di Verdi il 5 febbraio sotto la direzione di Franco Faccio. Durante le prove della parte introduttiva del duetto d’amore tra Otello e Desdemona del primo atto, come raccontato centinaia di volte dallo stesso Toscanini, sembra che Verdi gli abbia intimato:
“Secondo violoncello! Lei suona troppo piano, la prossima volta suoni più forte”.
Negli anni successivi il giovane maestro si affermò come direttore tenendo a battesimo importanti opere del repertorio della Giovane Scuola come I Pagliacci di Leoncavallo (Milano, Teatro Dal Verme, 21 maggio 1892) e La Bohème di Puccini (Teatro Regio di Torino, 1° febbraio 1896), compositore con il quale stabilì un rapporto di amicizia che durò per tutta la vita tra alti e bassi. Fu proprio in questo periodo che incominciò a costruirsi quel mito della direzione d’orchestra testimoniato dalla sua straordinaria carriera che lo avrebbe visto sul podio dei teatri di tutto il mondo in occasione di importanti prime: Zazà di Ruggero Leoncavallo (Milano, 10 novembre 1900), Le maschere di Pietro Mascagni (Milano, 17 gennaio 1901), Cassandra di Vittorio Gnecchi (Bologna, 5 dicembre 1905), La fanciulla del West di Puccini (New York, 10 dicembre 1915); Debora e Jaele di Ildebrando Pizzetti (Milano, 16 dicembre 1922), Nerone di Arrigo Boito che completò insieme con Vincenzo Tommasini (Milano, 1° maggio 1924) e Turandot (La Scala, 25 aprile 1926).
Negli Stati Uniti dove Toscanini si era trasferito in seguito all’aperta rottura con il fascismo, fu per lui creata, inoltre, la NBC Symphony Orchestra, che raccolse i più grandi musicisti americani dell’epoca e che fu da lui diretta dal 1937 al 1954. Proprio con questa orchestra egli incise i maggiori capolavori della musica sinfonica e operistica e registrò i 10 famosi concerti per la televisione che ci permettono ancora oggi di conoscere ed apprezzare non solo la straordinaria capacità di concertazione ma anche il gesto che, certamente lontano per alcuni aspetti dalla tecnica della moderna direzione d’orchestra, si segnala per la sua forza comunicativa. Come non ricordare la mano sinistra sul cuore per ricordare all’orchestra di cantare nel terzo movimento della Nona di Beethoven!
Toscanini ha lasciato un’importante eredità sia attraverso le incisioni e i video delle sue esecuzioni di capolavori del repertorio sinfonico e operistico sia attraverso la sua riforma delle modalità di fruizione della musica nei teatri. Le incisioni e i video ci permettono di apprezzare la straordinaria cura dei dettagli e una ricerca maniacale della perfezione e della bellezza del suono come si può notare  nella bella incisione della Traviata (1946) con Licia Albanese e Jan Peerce nella quale la scelta di tempi troppo rapidi al nostro orecchio moderno può, però, apparire un po’ penalizzante soprattutto per la linea vocale. Proprio questa Traviata fu, infatti, protagonista di un caso memorabile in quanto il grande direttore impose alla Albanese dei tempi vertiginosi soprattutto nella festa del primo atto nonostante le lamentale del soprano che in un’intervista ricordò:
Toscanini mi disse: dovrebbe essere come lo champagne. Io mi lagnai e lui disse: lei può farlo. Prima di cantare la parte andai in un ospedale a studiare il comportamento dei malati di tubercolosi ed imparai quanto qualche volta possono essere isterici”.
Per quanto attiene alle modalità di fruizione della musica Toscanini, ancora giovanissimo ai tempi della sua prima collaborazione con la Scala, della quale era vicedirettore Arrigo Boito, ottenne per il teatro un moderno impianto di illuminazione, la costruzione delle buca per l’orchestra e che fossero abbassate le luci durante le rappresentazioni.