Parma, Teatro Regio: “La Bohème”

Parma, Teatro Regio, Stagione lirica 2016-2017
“LA BOHÈME”
Scene liriche in quattro quadri su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger.
Musica di Giacomo Puccini
Mimì VALERIA SEPE
Musetta CINZIA FORTE
Rodolfo  STEFAN POP
Marcello SERGIO VITALE
Schaunard ANDREA VINCENZO BONSIGNORE
Colline DARIO RUSSO
Benoît / Alcindoro MARCO CAMASTRA
Parpignol ENRICO COSSUTTA
Sergente dei doganieri ROBERTO SCANDURA
Doganiere MATTEO MAZZOLI
Venditore GIOVANNI GREGNANIN
Orchestra dell’Opera Italiana
Coro del Teatro Regio di Parma
Coro di voci bianche e giovanili Ars Canto
Direttore Valerio Galli
Maestro del coro Martino Faggiani
Maestro del coro di voci bianche Gabriella Corsaro
Regia Francesca Zambello ripresa da Ugo Tessitore
Scene e costumi Nica Magnani
Luci Andrea Borelli
Allestimento del Teatro Regio di Parma
Venerdì 10 marzo 2017
Una prima nel complesso soddisfacente quella a cui abbiamo assistito venerdì scorso al Teatro Regio di Parma. Tanti limiti, soprattutto vocali, ma due notevoli performance dei protagonisti Valeria Sepe e Stefan Pop riequilibrano il tutto e ci fanno tornare a casa soddisfatti. Assolutamente efficaci e pertinenti le scene firmate valorizzate dalla regia attenta di Francesca Zambello ripresa da Ugo Tessitore. Un piano inclinato con pochi oggetti di scena – due materassi, come letti di fortuna, la stufa, lo scrittoio, qualche sedia e poco altro – e uno sfondo che riprende, dietro delle gradinate ferree, una chiesa parigina. Una botola che dà accesso alla soffitta dove si consuma gran parte della prima scena e tutta l’ultima. L’estrema povertà della condizione dei giovani è resa perfettamente, sensazione amplificata dal dispiegarsi, ai lati, delle facciate dei vecchi palazzi del quartiere latino che danno un certo senso di estraniamento. Il terzo atto invece si snoda sotto una romantica nevicata, su un manto di neve. Sullo sfondo l’ingresso in ferro a un parco con alberi spogli che si apre al passaggio delle lattivendole. Nella parte centrale a sinistra si impone invece una radice enorme con del muschio dietro la quale si nasconde Mimì durante il dialogo tra Rodolfo e Marcello in cui emerge la preoccupazione del primo rispetto la sempre più cagionevole salute dell’amata. A sinistra l’ingresso al cabaret dove lavorano Musetta e Marcello. Curata nei minimi particolari la regia a cui forse manca un’indagine profonda della psicologia dei personaggi. Infatti, forse l’eccessiva aderenza al verismo, depaupera l’allestimento della capacità di emozionare profondamente. Lo spazio è comunque ben orchestrato e grande attenzione è prestata alla relazione tra i protagonisti. La direzione di Valerio Galli è poco convincente, a volte trascinata. I temi appaiano spesso dilatati e le chiuse lentissime, estenuanti. Non aggiungono pathos, anzi fanno precipitare la tensione in un tedioso senso di inconcluso. Anche la gestione del rapporto tra buca e voci è deficiente. Spesso infatti l’Orchestra dell’Opera Italiana, non particolarmente brillante, compre  i cantanti, che tendono a volte a forzare.  Il Coro del Teatro Regio, ben istruito da Martino Faggiani, è, invece, stato sempre all’altezza del ruolo dimostrandosi compatto, forte e decisamente pertinente, capace di offrire un valido sostegno ai solisti e un buon contributo all’allestimento. Più problematico ci è parso invece il Coro di voci bianche e giovanili Ars Canto, diretto da Gabriella Corsaro. Passando ai solisti, il nostro plauso assoluto va, come annunciato, ai già citati  protagonisti Valeria Sepe (Mimì) e Stefan Pop (Rodolfo).  Valeria Sepe, nello specifico, è stata una Mimì intensa, di notevole spessore drammatico. Una vocalità omogenea e coloristicamente ricca, una solida tecnica, una bella linea di canto le consente di rendere con chiarezza l’essenza del personaggio pucciniano, la sua consapevole semplicità. È affiancata da uno Stefan Pop dotato da una voce solida e ben proiettata, un timbro chiaro e luminoso, caratterizzato da un calore intrinseco tutto particolare, una notevole tecnica, un buon fraseggio e una disinvolta presenza scenica. Sergio Vitale ha reso in modo adeguato il personaggio di Marcello. Una vocalità pulita, musicale, morbida e, dal terzo atto, con interessanti sfumature drammatiche. Cinzia Forte ha interpretato Musetta con una brillante presenza scenica, a volte forse un po’ sopra le righe. Complessivamente corretta sul piano vocale. Non hanno lasciato segno le  interpretazioni di Andrea Vincenzo Bonsignore (Schaunard)    e di Dario Russo (Colline). Brillante interprete Marco Camastra  (Benoît e di Alcindoro). Completano il cast Enrico Cossutta (Parpignol), Roberto Scandura (Sergente dei doganieri),  Matteo Mazzoli (Doganiere) e Giovanni Gregnanin (Venditore).

 

Lascia un commento